Inchieste

Fiere: vetrine a basso costo per Pmi sui mercati esteri

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di Alessandro Luongo

L’industria fieristica è un grande moltiplicatore di business per le Pmi, che genera un impatto sui territori di 22,5 miliardi di euro l’anno di produzione, per un valore aggiunto stimato in 10,6 miliardi di euro, pari allo 0,7% del Pil.

Un quadro più che roseo quello presentato nei giorni scorsi a Roma da Aefi, Associazione esposizioni fiere italiane.

«I numeri emersi dallo studio Prometeia – ha detto il presidente di Aefi, Maurizio Danese – confermano come la 4a industria fieristica al mondo sia un incubatore naturale di business per i distretti industriali italiani e una leva di indotto ad alto valore aggiunto in favore dei territori». Un B2B fieristico che ogni anno impegna decine di migliaia di imprese del made in Italy in grado di performare 7 volte meglio rispetto al totale dell’economia italiana (+2% contro +0,3% la crescita media annua del fatturato dal 2012 al 2019). Una performance a cui il sistema fieristico ha contribuito in modo distintivo. Per la prima volta, è stato infatti possibile stimare – grazie a un’analisi d’impatto condotta su un campione di oltre 25mila imprese espositrici (responsabili del 13% della produzione nazionale) confrontate con un panel di realtà simili che non partecipano a manifestazioni fieristiche – il vantaggio ottenuto dalle aziende che, fra il 2012 e il 2019, hanno creduto nelle fiere: 12,6 punti di crescita cumulata in più delle vendite e 0,7 punti di marginalità lorda (Ebitda) in più, rispetto a chi non ha partecipato.

Secondo Francesco Calvi Parisetti, partner Roland Berger Italia, «quello fieristico è un sistema che garantisce alle aziende italiane uno strumento a basso costo in grado di fornire un’elevata esposizione verso l’estero grazie agli eventi internazionali leader organizzati in Italia. Le fiere devono divenire sempre più una leva di politica industriale per il Paese. Per questo è fondamentale provare a colmare il gap sull’estero con un’azione coordinata di sistema». In 40 anni, Aefi ha avuto anche il merito di accompagnare l’evoluzione industriale del settore e di accreditarlo presso le istituzioni e la politica. Ne è un esempio lampante il Patto per l’export del 2020, con l’industria fieristica annoverata fra i sei pilastri per lo sviluppo e l’internazionalizzazione del made in Italy. Aggiunge Dainese: «Da quasi 20 anni le fiere italiane hanno intensificato le proprie attività all’estero per assecondare la crescente propensione all’export delle aziende del made in Italy. Un’attività fondamentale realizzata attraverso l’organizzazione, diretta o in partnership con piattaforme locali, di manifestazioni rappresentative delle principali filiere tricolori. Si tratta di una missione, quella dell’internazionalizzazione del made in Italy, che costituisce il Dna fieristico e che le istituzioni riconoscono come centrale».

Il rapporto-analisi dei settori industriali di Intesa Sanpaolo-Prometeia del 23 maggio ha evidenziato, infine, la crescita della propensione all’export delle aziende italiane che quest’anno, per la prima volta, supererà la soglia del 50% sul totale.