Inchieste

Fondi immobiliari: gli hotel cambiano volto

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di Alessandro Luongo

Secondo l’Organizzazione mondiale del turismo, l’Italia occupa la quinta posizione fra i Paesi più visitati del pianeta, con 65 milioni di arrivi internazionali. Prima è la Francia con 89 milioni, al quarto posto la Cina con 66. Eppure negli anni Settanta detenevamo stabilmente il primato.

«Non vedo questa perdita di posizioni in base ai numeri» ribatte subito Magda Antonioli, presidente dell’Osservatorio turistico nazionale (Ont) e docente al master di turismo della Bocconi di Milano. «Nella graduatoria sono inseriti Paesi che sono interi continenti, come la Cina, e nelle trascrizioni statistiche della Francia, sono rilevate anche le presenze dei viaggiatori anche dai parenti. Dobbiamo invece parlare di capacità di spesa, e in questo siamo molto più avanti di altri, grazie alla presenza degli americani».

Altro punto da chiarire è la frammentazione del nostro comparto. È vero che non abbiamo catene alberghiere con 400-500 camere come in Spagna, o con 2.500 posti letto come negli States, ma ancora realtà ricettive familiari di piccole dimensioni, negli ultimi tre anni però il quadro nazionale è mutato.

Come? «Grandi fondi immobiliari stranieri hanno comprato i ‘muri’ anche in aree meno decentrate rispetto alle principali città italiane – a differenza di quanto avvenuto in altre parti d’Europa – perché il nostro Paese garantisce una redditività interessante ed è molto ambito» continua Antonioli. «Fondi che hanno dato in gestione gli alberghi più importanti a brand internazionali, come Belmond o Melia, per fare due esempi, che sono entrati sul mercato con delle loro collection. E questo è accaduto nei borghi italiani, nelle località enogastronomiche più appetibili, in quelle termali, persino in posti sperduti della Sicilia dove Rocco Forte Hotels (il maggiore operatore di hotel ultra-lusso in Europa con 12 proprietà a 5 stelle) è approdato con un golf resort. Smettiamola, poi, di dire che siamo colonizzati dagli stranieri, sono arrivati perché sono interessati al nostro mercato, ma anche le catene italiane si stanno allargando all’estero, come Starhotel che si è sviluppata nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America».

Scontiamo dunque la presenza di strutture ricettive vetuste sul nostro territorio, perché siamo partiti tanti anni fa, «ma le categorie più basse stanno scomparendo, e la frammentazione alberghiera, se ben guardiamo al fenomeno in atto, riguarda tutte le categorie. Nella fascia più alta, dai 4 stelle in su, sono subentrate le collection, appunto, mentre in quella medio-bassa si sono affacciate altre realtà straniere». Ad esempio, Oyo, catena indiana 2 stelle, negli ultimi tre anni ha acquisito residenze alberghiere e ville sul lago di Como e in tutta Italia. Sono nati gli studentati, che agiscono come strutture alberghiere quando gli studenti finiscono il corso di studi annuale. Wyndham Hotels & Resorts (il più grande franchisor di hotel al mondo, con 9.280 sedi) è entrato in Italia con i condo-hotel, la formula metà residenziale (condo, da condominio) che permette di avere i servizi di un albergo. «Insomma, ci stiamo differenziando» riprende l’esperta. «Il cambiamento più rilevante è che a gestire un albergo prima era lo stesso proprietario, ora con i fondi sono entrate, appunto, le grandi catene alberghiere internazionali, stringendo con essi in prevalenza accordi di contract management (i guadagni sono suddivisi fra proprietà e gestore). L’Italia, insomma, è al centro degli interessi dei fondi d’investimento mondiali per attrattività turistica e alti rendimenti».

Si discute spesso, infine, dei prezzi troppo alti del nostro comparto turistico, soprattutto sul prodotto mare. «Certo – risponde Antonioli – non possiamo paragonare i prezzi degli hotel di Taormina con quelli di un albergo di lusso in Turchia o Grecia dove i costi del lavoro sono molto inferiori ai nostri, ma il prezzo di una camera a Milano è più basso rispetto a quello di Parigi e Londra». Insomma, il quadro è abbastanza roseo, e in grande fermento. «Avevamo 33mila strutture, spesso inadeguate, ma presto sparirà dal mercato almeno il 15% di hotel 1 o 2 stelle».

Lincognita dei disservizi aerei dopo lestate nera del 2022

Ryanair assicura: personale al completo e più scali serviti. LEnac pronto a sanzionare cancellazioni e mancate informazioni

Dopo un’estate 2022 di cancellazioni voli e ritardi, cosa si prevede per il 2023? I maggiori disservizi aerei su scala europea arrivano per ora solo dalla Francia, a causa dei continui scioperi dei controllori di volo. «Solo per il primo trimestre del nuovo anno abbiam dovuto annullare oltre 3mila voli, ben 1.100 nel solo mese di marzo» spiega Mauro Bolla, country manager per l’Italia di Ryanair. Eh sì, perché, le rotte che sorvolano il Paese di Macron, dirette nel Regno Unito, Spagna, Grecia, per fare un esempio, non sono state praticabili a causa dei 25 giorni di astensione continua degli uomini radar transalpini. Scioperi che han creato disagi a un milione di passeggeri su scala continentale, con effetto a cascata. «Noi abbiamo mantenuto il nostro personale ‘current’ – riprende Bolla – e siamo pronti ad affrontare l’estate, con un aumento della nostra capacità del 7 per cento. Copriamo difatti 98 scali in Italia (92 nel 2022), e oltre 730 rotte a livello globale rispetto alle 700 dell’anno scorso. Abbiamo anche ordinato altri 210 aeromobili in più. Speriamo si arrivi al più presto a una soluzione in Francia. Paese le cui leggi proteggono solo i voli nazionali». Il referente dell’Italia della low cost irlandese tiene a precisare che non ha nulla contro i sindacati francesi, che hanno tutto il diritto di scioperare, ma spiega che «non esiste un regolamento europeo unico che tuteli il viaggiatore durante le astensioni di volo del personale di terra in un solo Paese. Ecco perché stiamo raccogliendo un milione di firme per una petizione per i passeggeri dell’Ue, chiedendo a Ursula von der Leyen di mantenere aperti i cieli europei durante gli scioperi dei controllori di volo francesi».

Nessun taglio di personale nemmeno per il colosso dei cieli delta Airlines, come annunciato da Frederic Schenk, regional sales manager Southern Europe: «Per rispondere all’aumento della domanda, Delta ha siglato un nuovo accordo di lavoro con i suoi 15mila piloti e ha assunto un numero record di 4.300 nuovi assistenti di volo dal quarto trimestre 2021. Inoltre, nel 2023 ne assumerà altri 4.000-6.000».

L’Enac, Ente nazionale per l’aviazione civile, dichiara che «le carenze di personale qualificato riscontrate l’estate scorsa per il trasporto aereo europeo potrebbero ripresentarsi, ma in misura minore, dato che in previsione della stagione estiva gli aeroporti del nostro continente dovrebbero avere già preso le adeguate contromisure per limitare eventuali disagi ai passeggeri». Nel caso avvenissero, come interverrà? «In merito a eventuali disservizi, l’Enac è organismo responsabile dell’applicazione negli aeroporti nazionali dei regolamenti a tutela dei passeggeri e ha il potere di irrogare sanzioni amministrative nei confronti degli operatori che, a seguito degli accertamenti, risultino inadempienti. I diritti dei passeggeri sono tutelati dal Regolamento EU 261/2004 e riguardano: negato imbarco, cancellazione del volo, ritardo prolungato e mancata informativa».