Inchieste

Immobiliare: meno vendite e prezzi elevati

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di Alessandro Luongo

Tempi duri per chi sogna di comprare casa quest’anno. Il rialzo dei tassi d’interesse condizionerà decisamente quella parte consistente di domanda che si auto-escluderà dal mercato immobiliare residenziale per i costi maggiori del mutuo e l’irrigidimento dei requisiti di accesso al prestito dalle banche, scottate dalla crisi del 2008. «Dall’estate scorsa, esse hanno difatti inasprito i criteri di selezione – spiega Elena Molignoni, responsabile Immobiliare della società di ricerca Nomisma – chiedendo stipendi più alti, contratto di lavoro a tempo indeterminato e garanzie più stringenti. Di fatto, in Italia, il 57 per cento delle compravendite è assistito da mutuo».

Eppure il 2022 era andato al di là delle aspettative, facendo registrare, sempre secondo Nomisma, una variazione annua dei valori immobiliari del 2,7 per cento e del 2,5 del numero delle transazioni. «Tutti si aspettavano fosse l’anno della flessione – riprende l’esperta – invece il mercato immobiliare italiano ha reagito, come è sua consuetudine, agli shock esterni, con tempi più lunghi per diversi motivi: l’attenta selezione dell’immobile, il clima di fiducia e di aspettativa dell’acquirente, che tende a vedere il bicchiere mezzo pieno. Fino al terzo trimestre del 2022, infatti, sia i valori che il numero delle compravendite erano crescenti, infine, il rallentamento».

Il nostro Paese, poi, ha un’oscillazione dei valori piuttosto rigida: «Difficile che scendano o salgano molto, le variazioni sono sempre minime» precisa Molignoni. «In questa fase di economia incerta, dunque, assistiamo a un mercato a due velocità. Da un lato, una fascia alta, in grandi città come Milano, Bologna, Firenze, dove c’è una disponibilità di liquidità in grado di comprare casa dai 4mila euro al metro in su; dall’altra, nelle stesse città è presente una domanda di fascia bassa con una capacità di spesa di 2mila euro al metro quadro. In mezzo, si colloca la fascia di potenziali acquirenti in attesa di capire come andrà il mercato alla luce dell’incertezza economica globale e del rialzo dei tassi d’interesse». Nomisma prevede infine una variazione annua dei prezzi pari a +0,7 per cento e un calo delle compravendite del 13 per cento, che dovrebbero passare da 767mila (preconsuntivo 2022) a 665mila nel 2023.

Secondo Fabiana Megliola, responsabile Ufficio studi del gruppo Tecnocasa, «nel 2023 potrebbero soffrire le zone più popolari, dove si riversano coloro che hanno budget più contenuti, giovani e famiglie monoreddito. La riduzione della disponibilità di spesa potrebbe spostare gli acquisti verso le periferie e l’hinterland delle grandi città, soprattutto se in cerca di soluzioni nuove e indipendenti. Non si potrà escludere un ridimensionamento delle metrature ricercate». Per Tecnocasa, inoltre, «la prudenza dei potenziali acquirenti determinerà l’allungamento dei tempi di vendita; e si punterà sul nuovo, anche se si dovranno fare i conti con gli aumenti dei costi di costruzione e un rallentamento dei cantieri».

C’è poi l’incognita della normativa europea che prevede l’adeguamento energetico degli immobili entro il 2030. «Se entrasse in vigore, potrebbe comportare nel nostro Paese, dove la proprietà immobiliare è diffusa, e le case sono vetuste, un deprezzamento del valore» commenta la Megliola. «Senza dimenticare che i costi di adeguamento inciderebbero sui bilanci della proprietà se non fossero previste agevolazioni ad hoc. Ci si potrebbe aspettare poi, che in caso di compravendita di una soluzione usata da adeguare, i prezzi possano scendere perché il potenziale acquirente dovrà metterne in conto i costi di adeguamento; aumenterebbe ancor più l’appeal delle soluzioni nuove».

Guerra in Ucraina, aumento dei tassi, prima ancora il Covid-19 che ha favorito la ricerca di maggiori dimensioni, spazi esterni e più servizi: «tutti fattori impattanti sul mercato immobiliare e sulle decisioni di investimento e abitudini dei clienti finali» dichiara Gabriele Cerminara, direttore generale di Aedes Siiq, società di investimento immobiliare quotata alla Borsa di Milano, all’indice FTSE Italia Small Cap.

«Fattori che hanno modificato le abitudini di spesa, incrementando l’utilizzo di piattaforme di e-commerce a beneficio di nuove piattaforme logistiche e a scapito dei negozi e dei centri commerciali non supportati da un bacino di utenza adeguato, a differenza di quelli ben posizionati che hanno mostrato ottima resilienza e ripresa a seguito delle riaperture».

Chi scende e chi sale, dunque? «Riprende soprattutto l’interesse in ambito alberghiero – spiega Cerminara – grazie alla forte ripresa del turismo e all’attrattività del Belpaese, e a uno stock di asset che necessita di notevole rinnovamento. L’incremento dei costi, anche finanziari, rallenta invece gli sviluppi logistici a causa della loro ridotta marginalità. Lo spettro recessivo e il ridotto potere d’acquisto dei consumatori porta a minori consumi e affievolisce l’interesse sugli uffici, sebbene rimangano, specie nelle prime location, un investimento interessante».