Inchieste

Per la produzione il Made in Italy non basta più

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di Paola Guidi

Francesco Casoli, presidente di Elica Spa (a settembre ricavi per 419 milioni di euro, +3%), guida uno dei numeri 1 mondiali delle cappe e della cottura che fabbrica anche motori. Aveva chiuso nel 2018 un accordo con i sindacati che ha salvato l’occupazione di 400 dipendenti dei siti produttivi italiani. Gli azionisti avevano infatti deciso di delocalizzare la produzione in Polonia ma ora le cappe e i piani di cottura ad aspirazione a forte valore aggiunto, grazie a innovazioni di tecnologia e di design vengono di nuovo fabbricati nel sito di Mergo, nelle Marche. E proprio la serie NikolaTesla (i più avanzati piani a induzione con aspirazione incorporata), sta premiando questa scelta (supportata da un 3,5% del fatturato in R&S) con vendite in forte accelerazione.

Casoli però ritiene che sia solo un primo passo e che i problemi che hanno reso e rendono sempre molto complicata e difficile l’attività di imprenditore in Italia e nella sua regione, restano intatti. «

Questa regione e l’area industriale in particolare è da sempre fortemente penalizzata per la logistica. Le ferrovie dello Stato non hanno sviluppato un sistema di trasporti adeguato ai tempi e alle nostre necessità e anche l’aeroporto di Falconara, l’unico, è inadeguato. Non basta la nostra innovazione perché da troppi anni ormai siamo tutti penalizzati da trasporti insufficienti. I nostri talenti se ne vanno via verso zone più favorite. E se il made in Italy in altri settori, come la moda e l’arredamento, funziona molto bene come vantaggio competitivo, nel nostro non è così». Nonostante che una delle componenti del successo di Elica e delle sue novità sia il design made in Italy? «Bisogna smettere di affermare che i vantaggi delle delocalizzazioni in Polonia o in Turchia siano legati ai bassi costi del lavoro. Offrono anche altre condizioni favorevoli, perché in questi anni i loro governi e le aziende hanno investito in formazione, e oggi possono contare su ottime scuole tecniche, quello che a noi manca». Quanto al design e alla creatività dei designer italiani, Casoli è ancora più drastico. «Ripeto che è difficile lavorare qui nelle Marche e i talenti che lavorano con noi, tendono comprensibilmente ad andarsene. E poi anche le aziende straniere ce li portano via. Non basta per competere e restare in Italia il “made Italy”, perché è vero che noi siamo rimasti, potendo contare su maestranze e competenze eccellenti. Ma questo non basta più».