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Aliquote, società, uscita: le regole per gli artigiani

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La pensione dei lavoratori artigiani, storicamente, non dà grandi soddisfazioni. In pratica, per essere a pieno titolo nel meccanismo previdenziale occorre esercitare abitualmente e professionalmente l’impresa con piena responsabilità, svolgere in misura prevalente il proprio lavoro nel processo produttivo (questo requisito non è richiesto quando l’interessato è contemporaneamente obbligato ad iscriversi alla gestione separata in quanto lavoratore autonomo o amministratore della società); inoltre, deve esercitare un’attività diretta alla produzione di beni o servizi che però non sia agricola o commerciale (perché queste hanno una previdenza a parte).

I familiari

Tra i soggetti che rientrano nell’obbligo assicurativo INPS ci sono anche i familiari del titolare purché abbiano compiuto 15 anni e collaborino con lavoro prevalente e professionale. Sono considerati familiari i parenti entro il terzo grado (genitori, figli, nonni, nipoti) e gli affini entro il secondo grado (fratelli e zii).

Le società

L’impresa artigiana può svolgersi anche sotto forma di società commerciale tranne che non sia una Spa o una accomandita per azioni, a condizione che:

  • a) la maggioranza dei soci (oppure uno nel caso di società con due soci) svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo;
  • b) nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale;
  • c) i soci siano in possesso dei requisiti di cui sopra, per l’esercizio dell’impresa artigiana;
  • d) la società abbia un numero di dipendenti al di sotto dei limiti indicati in tabella.

Le Sas artigiane devono avere i soci accomandatari (i soli obbligati alla previdenza) in possesso dei requisiti di artigiano che non devono essere soci unici di altra Srl o Sas. È anche possibile costituire Srl artigiane con un solo socio.

Quanto si paga

Le aliquote contributive che devono versare i lavoratori autonomi artigiani sono del 24% sul minimale (22,80% per i collaboratori fino a 21 anni) e del 25% sulla quota di reddito superiore a € 48.279,00 e fino al massimale di € 80.465,00 (23,80% per i collaboratori fino a 21 anni). In ogni caso si presume un reddito minimo, che nel 2020 era di circa 16mila euro.

L’importo dei contributi da versare si calcola sulla totalità dei redditi d’impresa, compresi quelli percepiti per attività che non danno titolo all’iscrizione, denunciati ai fini Irpef nell’anno considerato. Inoltre, si possono sommare i contributi volontari, quelli figurativi per servizio militare, malattia, congedo parentale e tubercolosi, quelli derivanti dal riscatto della laurea e da ricongiunzione o totalizzazione.

Quando si va in pensione

Chi ha già dei contributi accreditati prima del 1996 ha diritto ad andare in pensione di vecchiaia con 67 anni di età (più speranza di vita dal 2023) e almeno 20 anni anzianità contributiva; la pensione anticipata spetta con almeno 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (donne) oppure 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (uomini), più speranza di vita dal 2027. I requisiti di età devono essere aggiornati ogni 3 anni in funzione dell’incremento della speranza di vita accertato dall’ISTAT.

Per chi invece ha versato contributi solo dopo il 1996 il diritto alla pensione di vecchiaia scatta  con 67 anni di età (più speranza di vita dal 2023) e almeno 20 anni anzianità contributiva e una pensione minima pari a 1,5 volte l’assegno sociale, oppure, in alternativa con almeno 71 anni di età (più speranza di vita dal 2023) e almeno 5 anni di contribuzione effettiva versata: si ha diritto alla pensione anticipata con almeno 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (donne) oppure 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva (uomini), più speranza di vita dal 2027 oppure, in alternativa con un età minima di 64 anni (più speranza di vita dal 2023), almeno 20 anni di contribuzione effettiva nonché una pensione minima pari a 2,8 volte l’assegno sociale.