La Settimana Internazionale

Crociata Ue contro gli sprechi: nel mirino alimentare e tessile

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di Lorenzo Consoli

La Commissione Europea ha presentato il 5 luglio scorso una proposta di modifica della Direttiva quadro Ue sui rifiuti (2008/98/EC) che mira a stabilire un nuovo regime sulla circolarità dei prodotti tessili (e quindi sulla gestione, trasporto, il riuso e il riciclo dei rifiuti in questo settore), e nuovi obiettivi per ridurre gli sprechi alimentari.

I rifiuti del settore del tessile (compresi l’abbigliamento e le calzature) generati nell’Ue ogni anno ammontano a 12,6 milioni di tonnellate, di cui solo il 22% è sottoposto a raccolta differenziata per essere destinato al riuso o al riciclo. Solo per l’abbigliamento e le calzature, i rifiuti ammontano a 5,2 milioni di tonnellate (12 kg per persona all’anno). Il settore tessile è fra i primi tre più rilevanti per l’impatto sulle risorse idriche e sui suoli, e fra i primi cinque per il consumo di materie prime e per le emissioni a effetto serra, nella grande maggioranza dei casi al di fuori dell’Ue.

La Commissione propone un nuovo sistema, obbligatorio e armonizzato, di responsabilità estesa dei produttori (simile a quanto già esiste per gli imballaggi, le batterie e gli apparecchi elettrici ed elettronici) riguardo alla gestione dei rifiuti, con la raccolta differenziata che gli Stati membri dovranno applicare a partire dal 2025. La proposta non contiene, comunque, un obiettivo obbligatorio riguardo alla percentuale di raccolta differenziata (l’esecutivo comunitario aveva ipotizzato inizialmente di fissarlo al 50%, ma poi vi ha rinunciato).

Sono previsti, inoltre, incentivi per una maggiore circolarità del settore e una definizione più precisa di “rifiuti” in quest’area, con l’obiettivo di impedire l’attuale pratica dell’esportazione fuori dall’Ue di prodotti tessili, ufficialmente destinati al riuso o riciclo, e che finiscono invece in discariche illegali, sulle spiagge e nei mari nei paesi in via di sviluppo. Su quest’ultimo punto, e con lo stesso obiettivo, la Commissione aveva già proposto nel novembre 2021 nuove norme in materia di spedizione dei rifiuti, che verranno così completate.

Secondo l’Esecutivo Ue, oltre agli evidenti danni che l’esportazione dei rifiuti tessili causa all’ambiente e alla qualità della vita nei paesi terzi, questa pratica impedisce la transizione all’economia circolare nel settore e la creazione di posti di lavoro e di valore aggiunto nell’Ue.

Sul versante alimentare, la Commissione ricorda l’impegno preso dai Paesi Ue nel 2015 di realizzare l’obiettivo 12.3 dell’Agenda Onu per lo Sviluppo Sostenibile di dimezzare gli sprechi di cibo entro il 2030, ma nella proposta dell’Esecutivo Ue gli obiettivi obbligatori di riduzione che gli Stati membri dovranno applicare non arrivano ancora a questo traguardo. Gli Stati membri dovranno “adottare le misure necessarie e appropriate” per conseguire due obiettivi entro il 31 dicembre 2030:

  1. ridurre del 10% la generazione di rifiuti alimentari durante la trasformazione e la produzione rispetto alla quantità generata nel 2020;
  2. ridurre del 30% la generazione di rifiuti alimentari pro capite, sia nella vendita al dettaglio sia in altre attività della distribuzione alimentare, nei ristoranti e servizi di ristorazione, e nelle famiglie, sempre rispetto al 2020.

La Commissione, chiaramente influenzata dalle reazioni negative crescenti del mondo rurale contro gli obiettivi del Green Deal in agricoltura, ha scelto di non fissare, almeno per ora, degli obiettivi per il settore primario della produzione, che pure è responsabile dell’11% degli sprechi alimentari nell’Ue (mentre le famiglie sono responsabili del 53%, l’industria della trasformazione del 20%, la ristorazione del 9%, la distribuzione del 7%). Alla fine del 2027 ci sarà comunque una revisione che potrebbe correggere il tiro per conseguire l’obiettivo del 2030.

Gli sprechi alimentari nell’Ue ammontano oggi a 131 Kg per persona all’anno. Sono 58,5 milioni di tonnellate in totale, per un valore di 132 miliardi di euro, a cui bisogna aggiungere 9,3 miliardi per la raccolta e il trattamento dei rifiuti prodotti da questi sprechi. Un paradosso, quando si pensa che 32,6 milioni di cittadini europei non possono permettersi pasti decenti e completi tutti i giorni. Questo cibo sprecato, inoltre, è responsabile del consumo di 342 miliardi di metri cubi di acqua, il 12% del totale usato nella produzione alimentare, del 16% delle emissioni a effetto serra, del 16% dell’impatto sui suoli, e del 15% della eutrofizzazione causata dalle attività agricole.