La Settimana Internazionale

Green Deal: frenata Ue sul piano per i suoli

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di Lorenzo Consoli

La Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva sulla salute dei suoli nell’Ue che risulta molto al di sotto delle aspettative che lo stesso Esecutivo comunitario aveva generato quando, il 17 novembre 2021, aveva annunciato questa iniziativa in una comunicazione intitolata “Strategia dell’Ue per il suolo per il 2030”.

La proposta, pur partendo dall’obiettivo strategico già fissato dalla Commissione di ripristinare buone condizioni dei suoli in tutta l’Unione entro il 2050, non fissa obiettivi intermedi vincolanti, ma si limita a chiedere agli Stati membri di individuare e registrare tutti i siti con terreni contaminati entro quattro anni dall’entrata in vigore della legislazione.

Questo quadro di sorveglianza sarà basato su una serie di indicatori, come ad esempio la presenza di dispositivi chimici, il livello di erosione o di salinizzazione.

Gli Stati dovranno quindi procedere a indagini e verifiche sulla presenza e l’entità delle contaminazioni e sui rischi che comportano per la salute umana, ma avranno ampio margine di flessibilità riguardo ai tempi e alla gestione di queste indagini.

Sempre entro quattro anni, le amministrazioni nazionali dovranno definire delle pratiche di gestione sostenibile dei suoli. Anche in questo caso non vi sono, comunque, obiettivi vincolanti, così come solo indicativo appare l’obiettivo di impegnarsi per ridurre “l’artificializzazione” dei suoli entro il 2030. Secondo i dati della Commissione, 50 anni fa le terre arabili in Europa erano pari a 0,36 ettari per persona; oggi questo rapporto si è dimezzato, a 0,18 ettari per persona. Si calcola che l’83% dei suoli nell’Ue contenga residui di pesticidi, e l’1% residui di cadmio. Complessivamente, non è in buone condizioni circa il 67% dei terreni dell’Unione.

Il suolo è una risorsa vitale, non rinnovabile e non sostituibile, ma è sottoposto a molti diversi tipi di degradazione fisica, chimica e biologica. La lista è molto lunga: tra gli altri, salinizzazione, erosione, desertificazione, perdita del carbonio organico (che ha impatto sul clima e sulla fertilità), compattazione (dovuta tra l’altro all’uso di macchinari pesanti), impermeabilizzazione (che riduce la capacità del suolo di ridurre l’impatto di eventi climatici estremi come inondazioni e siccità), contaminazione, soprattutto con metalli pesanti, ma anche con composti organici e pesticidi, sfruttamento eccessivo.

L’approccio molto cauto che la Commissione ha adottato con questa proposta è sicuramente condizionato dall’attuale clima politico, che vede reazioni durissime di una parte del mondo agricolo e dell’industria contro diverse normative del Green Deal, e in particolare il regolamento sul ripristino della natura e la direttiva sulla riduzione dell’uso dei pesticidi (testi collegati e complementari alle misure contro la degradazione dei suoli). I gruppi politici del centrodestra del Parlamento europeo stanno cercando di cavalcare questa reazione per costruire una nuova alleanza contro la cosiddetta “maggioranza Ursula” che ha sostenuto la Commissione von der Leyen, soprattutto in vista delle prossime elezioni europee.

Resta il fatto che l’Ue dispone ormai da molto tempo di una legislazione organica, completa e piuttosto efficace contro l’inquinamento delle acque e dell’aria, e contro le emissioni di gas serra, ma ha una vistosa lacuna normativa riguardo alla protezione dei suoli.