La Settimana Internazionale

Green Deal, giusti gli obiettivi ma le norme sono sbagliate

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di Lorenzo Consoli

«Non c’è nessun disegno politico» contro il Green Deal; c’è invece «un malessere forte di tutto il sistema produttivo europeo, a partire da quello agricolo, che si trova oggi sotto attacco a causa di almeno quattro-cinque provvedimenti che sono stati fatti male, sbagliati; non negli obiettivi, che sono ampiamente condivisibili da tutti noi, ma nel modo in cui si vuole che questi obiettivi siano raggiunti».

Ad affermarlo è Paolo De Castro, ex ministro delle Politiche agricole ed europarlamentare del Pd di lungo corso, tra i più rispettati e influenti co-legislatori europei nell’agricoltura. Lo abbiamo intervistato sull’offensiva contro il Green Deal lanciata nelle ultime settimane dai partiti del centro-destra, Popolari e Conservatori, con l’appoggio esterno del gruppo dell’estrema destra ID. Un attacco che ha individuato il principale avversario nel vicepresidente della Commissione Ue responsabile per il Green Deal, il socialista Frans Timmermans.

De Castro non nega che ci sia questo attacco politico, ma lo considera come un tentativo strumentale del fronte conservatore di cavalcare un malessere delle imprese e degli agricoltori, che in realtà era già esistente e ormai diffuso, causato da diverse proposte legislative della Commissione che fissano obiettivi per la transizione verde da raggiungere troppo rapidamente e tutti insieme.

Secondo De Castro, «il ‘problema Timmermans’ nasce in realtà dal disagio di tutte le forze del settore produttivo, dagli agricoltori alle Pmi e agli industriali; perché il packaging interessa tutti, le emissioni interessano tutti, e c’è il problema della casa, delle caldaie, dell’auto. Come si fa a vedere in questo una manovra politica? Semmai c’è il tentativo del Ppe di cavalcare il malcontento per andare all’incasso, giocando sul fatto che il responsabile europeo del Green Deal è un socialdemocratico».

«Partiamo dalla direttiva emissioni: esiste da moltissimi anni, e non si capisce perché questa volta si voglia estenderne il campo di applicazione anche agli allevamenti bovini, oltre a quelli suini e  avicoli che sono sempre stati dentro la direttiva. Perché anche i bovini, che hanno effetti positivi sull’ambiente e sulla fertilità dei suoli, e non solo negativi?». E poi – continua l’europarlamentare – «come si fa a paragonare le emissioni dei bovini con le emissioni industriali? Le emissioni di metano delle vacche si dissolvono nell’atmosfera in 10-12 anni; quelle delle auto e di industrie come l’Ilva durano migliaia di anni». In più, «le riduzioni delle emissioni le stiamo già facendo con la riforma della Pac, la Politica agricola comune, attraverso  gli ‘ecoschemi’».

Secondo De Castro, «un impatto molto forte è anche quello del regolamento sulla riduzione dei fitofarmaci. Completamente sbagliato nel metodo. Non nell’obiettivo. Ma come si fa a non considerare che l’Italia, che dovrebbe ridurre l’uso della chimica del 62% entro il 2030, è il principale Paese europeo che ha ridotto significativamente l’utilizzo dei fitofarmaci in termini quantitativi?». Inoltre, «è una proposta che non dice nulla sulle alternative all’uso della chimica. Bisognerebbe avere un progetto europeo, come hanno fatto gli Stati Uniti con l’’Inflation Reduction Act’. Noi abbiamo solo dato dei target».

Anche il packaging – avverte De Castro – è una cosa allucinante: l’Italia ha raggiunto l’80% del riciclo grazie alle norme europee, abbiamo dato soldi, abbiamo investito, abbiamo fatto tanto, abbiamo portato il livello del riciclo a livelli altissimi. E ora arriva la Commissione che dice: basta, adesso riuso. Come lo spieghiamo agli imprenditori che hanno fatto la filiera del riciclo più potente d’Europa?».