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Green Deal UE: nuove regole su Emissioni e dazi climatici

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A cura di Lorenzo Consoli

Il Parlamento europeo, la Commissione e il Consiglio Ue il 18 dicembre hanno raggiunto un accordo sulla nuova legislazione per rafforzare ed espandere il sistema di scambio di quote di emissione (Ets), che sarà applicato dal 2027 a due nuovi settori, l’edilizia e il trasporto su strada, e per istituire il nuovo Fondo sociale per il clima.

Le nuove norme sono cruciali per rispettare l’impegno dell’Ue di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030, e per garantire che la transizione energetica sia socialmente equa, con sostegni finanziari per le famiglie e le piccole imprese vulnerabili. L’accordo richiede, tra l’altro, che gli Stati membri impieghino la totalità dei proventi dello scambio di quote di emissione (ogni quota equivale a una tonnellata di CO2) per progetti relativi al clima e all’energia, e per la gestione degli aspetti sociali della transizione.

Settori ETS

La nuova legislazione, che dovrà essere ora adottata formalmente dalla plenaria del Parlamento europeo e dal Consiglio, prevede che il livello di emissioni consentito sia ridotto ogni anno nei settori coperti dal sistema Ets, come la produzione di energia elettrica e termica, le industrie ad alta intensità energetica e il trasporto aereo commerciale. Complessivamente, le emissioni dei settori interessati dall’Ets dovranno diminuire del 62% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005, ovvero 19 punti percentuali in più rispetto alla riduzione del 43% prevista dalle norme  attuali. Dovrà anche aumentare la velocità delle riduzioni annuali delle emissioni, passando dal 2,2% all’anno con il sistema attuale al 4,3% dal 2024 al 2027, e al 4,4% dal 2028 al 2030.

Dall’introduzione del sistema Ets nel 2005, le emissioni sono state già ridotte del 42,8% nei settori coperti (che nel 2021 rappresentavano circa il 40% delle emissioni totali dell’Ue), in particolare la produzione di energia elettrica e termica e gli impianti industriali ad alta intensità energetica. Secondo l’accordo verranno eliminate gradualmente le quote di emissione gratuite concesse oggi a determinate industrie ad alta intensità energetica e a rischio di delocalizzazione (ceramica, chimica, coke, cemento, vetro, ferro e acciaio, oli minerali, metalli non ferrosi, carta e cellulosa) e introdurrà progressivamente in parallelo, tra il 2026 e il 2034, il Meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam) per le importazioni di cemento, ferro, acciaio e alluminio, concimi, energia elettrica, idrogeno.

Dazi climatici

La legislazione sul Cbam, che in sostanza è un sistema di “dazi climatici” applicato alle importazioni nell’Unione da paesi in cui l’industria non ha l’obbligo di applicare norme sulla riduzione delle emissioni equivalenti a quelle europee, è stata oggetto di un precedente accordo provvisorio tra le tre istituzioni Ue raggiunto il 13 dicembre. Il meccanismo sarà introdotto per fasi in un periodo di nove anni, compensando la perdita graduale del beneficio delle quote gratuite (a un ritmo più lento all’inizio e accelerato alla fine) nei comparti industriali che potevano usufruirne. Entro il 2025 la Commissione esaminerà l’impatto del Cbam sui rischi di delocalizzazione dell’industria orientata alle esportazioni, valutando se siano necessarie misure correttive. L’accordo inserisce nell’Ets anche il trasporto marittimo, con la fissazione di un prezzo del carbonio per le emissioni. L’obbligo per le società di navigazione di restituire le quote di emissioni sarà applicato al 40% nel 2024, al 70% nel 2025 e al 100% nel 2026. Le prime a essere incluse nell’Ets saranno le navi di grandi dimensioni.

ETS 2

Per l’edilizia e il trasporto su strada verrà istituito dal 2027 un nuovo sistema distinto (Ets 2) di scambio di quote di CO2,  relativo ai carburanti per i veicoli e ai combustibili da riscaldamento, due settori che finora hanno contribuito poco o per niente alla riduzione delle emissioni. Gli introiti delle quote di emissione saranno messi a disposizione degli Stati membri e destinate a sostenere l’operato del Fondo sociale per il clima. L’intenzione dei co-legislatori è di far pesare l’onere della decarbonizzazione sui fornitori di carburanti e di combustibili, e non sulle famiglie, i conducenti e i trasportatori. Nell’Ets 2 è previsto un meccanismo per calmierare il prezzo delle emissioni: qualora superi i 45 euro a tonnellata saranno immessi sul mercato 20 milioni di quote di CO2 supplementari.

L’accordo contiene una clausola di salvaguardia per i consumatori: l’entrata in funzione dell’Ets 2 verrebbe posticipata al 2028 nel caso in cui i prezzi dell’energia fossero “eccezionalmente elevati”. La clausola scatta se il prezzo medio del gas o quello del petrolio superano rispettivamente la media dei prezzi di febbraio/marzo 2022, o la media dei prezzi del greggio Brent nei cinque anni precedenti.

Fondi a supporto

Aumentano inoltre le risorse del Fondo per la modernizzazione (in origine destinato a sostenere la transizione in 10 paesi dell’Europa centro orientale e che sarà allargato ora a Grecia, Portogallo e Slovenia) e quelle del Fondo per l’innovazione, per lo sviluppo delle tecnologie a basso contenuto di carbonio. I due fondi sono finanziati dall’Ets, e in particolare nel secondo caso saranno aggiunti i proventi delle quote del settore marittimo.

Con la creazione del nuovo Fondo sociale per il clima, verrà fornito dal 2026 al 2032 un sostegno finanziario specifico agli Stati membri per aiutare i cittadini e le microimprese a investire in misure di efficienza energetica quali l’isolamento e rinnovo degli edifici, le pompe di calore, i pannelli solari e la mobilità elettrica. Gli Stati membri dovranno presentare dei Piani sociali nazionali per il clima, che potranno finanziare anche un sostegno diretto al reddito dei soggetti più vulnerabili, utilizzando fino al 37,5% del bilancio totale previsto.

Il Fondo comincerà a funzionare un anno prima dell’entrata in vigore del nuovo sistema Ets 2 e sarà finanziato con 65 miliardi di euro dal bilancio dell’Ue, a cui si aggiungerà un cofinanziamento del 25% da parte degli Stati membri, per un totale stimato a 86,7 miliardi.