La Settimana Internazionale

India, punto di svolta dell’Europa e del mondo

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di Paolo Della Sala

Ecco un’iperbole concreta: se l’India andasse a nozze con la Triplice Russia-Cina-Iran, allora l’Occidente vivrebbe il suo crepuscolo. Se invece l’India dimostrerà che l’equazione di Cristoforo Colombo era esatta (cioè che le Indie occidentali e l’India orientale sono la stessa cosa), allora la penisola più grande del mondo renderà impossibile ogni sogno di gloria ingloriosa a Putin & company.

L’India sarà la quarta economia del mondo entro il 2030. Nel 2022 la sua popolazione ha superato per numero quella cinese.

Il ranking delle economie globali va considerato bene: dopo gli irraggiungibili Stati Uniti (25mila miliardi di Pil annuo, contro i 19mila della Cina –che quindi non sta per superare gli Usa, come ci raccontano dai tempi di Marco Polo), oggi la terza economia è il Giappone. Seguono Germania e la stessa India, che ha appena superato il Regno Unito e che entro il 2030 supererà la stessa Germania e forse anche il Sol Levante. Le previsioni economiche vanno più in là, portando l’economia indiana a contendere il secondo posto alla Cina. L’Italia resta comunque l’ottava economia mondiale. Se tutto si può contestare al governo di Giorgia Meloni, alla stessa va dato il merito di aver riaperto all’Italia il decisivo strumento della geopolitica, da noi cancellato dagli anni ’90 in poi. Il viaggio in India quindi è stato importante, quanto quello negli Emirati arabi e i precedenti in Africa del nord.

Perché l’India cresce più della Cina? Oltre ad avere una popolazione giovane e un costo del lavoro basso, ha altre componenti positive. Il leader cinese Xi Jinping si è ingegnato a costruire una Cina dal sapore imperiale, a partire dalla prova di forza contro la popolazione di Hong Kong cui era stata promessa autonomia. Xi ha prodotto un riflusso di aziende che pure erano passate sopra scelleratezze come l’invasione del Tibet, nazione che poco ha in comune con gli han. Poi Xi parla di prendersi Taiwan, leader mondiale dei semiconduttori. Per non parlare dei lager dove sono detenuti e lavorano come schiavi almeno 6 milioni di persone inclusi gli uighuri islamici “rieducati” nei laogai. Non a caso oggi molte produzioni di semiconduttori emigrano in India, mentre imprese rientrano da Pechino o Shenzhen in Europa (dell’est) o si spostano in Vietnam. Speriamo che il nostro governo renda finalmente possibile e concorrenziale produrre in Italia.

Anche le malefatte di Putin hanno fatto riconsiderare il ruolo della Cina nella manifattura globale. Detto di passaggio: in Italia tutti dovremmo ricordare che l’economia basata sulla produzione e il commercio non è il Grande Satana di cui predicano gli ayatollah iraniani o l’ipercapitalista Putin, accompagnati improvvidamente persino dal Vaticano, oltre che dalla sinistra integralista e dalla destra ultranazionalista. Le idee dilettantesche in economia possono portare alla fame miliardi di persone.

Ecco perché è necessario guardare verso Mumbai e Nuova Dehli, ripensando la Via della Seta. Innanzitutto per la vicinanza, decisiva dati i costi delle portacontainer. Come scrivevo su Il Settimanale (novembre 2022): «Mundra, il maggior porto commerciale indiano, è più vicino a Genova di 2.800 miglia nautiche rispetto a Shanghai, e 10.371 chilometri risparmiati tra andata e ritorno, sono un atout notevole». Last but not least, il sistema indiano è solido. La popolazione hindi è compatta nella cultura, nella religione, nella struttura sociale, persino nella repressione. Il partito BJP del premier Narendra Modi compendia infatti i problemi diffusi in tutto l’Oriente: oppressione delle donne e una legge sulle conversioni religiose inaccettabile, con un “socialismo” gerarchico. Il sistema hindu-induista esprime tuttavia un collante più forte del comunismo cinese o dell’ortodossia putiniana o del komeinismo incistato in Iran, ed è anche meno suicida dello pseudo ateismo religioso che in Occidente ha creato una cultura dadaista e priva di contenuti.

Perché delocalizzare, commerciare o esportare in India? Riepiloghiamo: maggiore vicinanza, compattezza e tenuta del sistema-Paese, minori costi, un buon livello di istruzione soprattutto scientifica, un collocamento più vicino all’Occidente dopo l’ingresso nel “Quartetto” e in Aukus (il patto di sicurezza trilaterale tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, annunciato il 15 settembre 2021). L’India ha una cultura autonoma: ha creato un suo sistema cinematografico (Bollywood), ha una tradizione musicale forte. Tutti parlano inglese e masticano equazioni e integrali quanto fanno col pollo alle mandorle. La tradizione yoga e ayurvedica ha invaso il pianeta. Questo anche se nei presenti mesi Dehli ha importato petrolio russo per rivenderlo a prezzo maggiorato in Europa, o siglato accordi commerciali con la Russia (dalla quale però comprerà poche armi, dopo la débacle ucraina).

Con l’intesa siglata dai premier Meloni e Modi vi sono notevoli possibilità di crescita per le Pmi. In India non ci sono difficoltà burocratiche particolari, e il momento è ottimo, dopo l’ingresso imminente di molti big player italiani.

Meloni ha annunciato l’adesione italiana alla Indo-Pacific Oceans Initiative, covata da Modi per rafforzare i confini marittimi (anche con nostre navi, come già fanno Francia e Germania) e creare una comunità economica “paritaria”, temi sui quali la Cina ha sempre fatto il diavolo a quattro. Meloni appoggia la presidenza indiana del prossimo G20. Quanto alle aziende italiane, oltre al tessile crescerà la presenza di nostro hi-tech e del settore militare (200 miliardi investiti nella Difesa da Modi): business per la Piaggio i cui Ape sono l’icona delle strade indiane; ora entreranno Snam e Leonardo con Fincantieri (navi militari); previsto l’addestramento di truppe indiane da parte italiana; Enel ha stretto accordi con Tata Power.

L’Italia fa parte della Alleanza Internazionale Solare indiana, che porterà la produzione di pannelli fotovoltaici dalla Cina in India. Lo sbarco in una nazione dove già operano circa 700 nostre aziende sarà sicuramente fruttuoso, e molte saranno le piccole e medie imprese coinvolte.