La Settimana Internazionale

La nuova fase della guerra in Ucraina tra escalation militare e mediatica

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di Attilio Geroni

In attesa della controffensiva ucraina e di nuove sanzioni da parte dell’Unione europea, la comunicazione della Russia sul conflitto diventa via via più approssimativa, paradossale e grottesca: un liberi tutti dove spadroneggiano i signori della guerra e le loro crudeltà, come se il ministero della Difesa fosse stato esautorato dall’operazione speciale.

L’escalation mediatica è cominciata con i droni sul Cremlino e il mistero sugli autori dell’attentato al cuore del potere russo, con Mosca che prima accusa gli ucraini e poi gli americani. A questo episodio, di cui probabilmente non conosceremo mai i veri responsabili al pari del sabotaggio a Nord Stream 2, si è aggiunto il video delirante del capo di Wagner, Evghenij Prigozhin, che insultava, urlando, il ministero della Difesa Sergei Shoigu e il capo di Stato maggiore Valery Gerasimov perché a Bakhmut i suoi uomini erano rimasti senza munizioni e per questo se ne sarebbero andati dalla città assediata entro il 10 maggio.

Poi no, le munizioni sono state promesse e allora ci ha ripensato, si resta a Bakhmut per darle il colpo di grazia. In parallelo venivano mostrate le immagini degli attacchi russi alla città con munizioni incendiarie. Filmati in soggettiva, come al cinema o in un videogioco, glorificazione hi-tech della morte e della distruzione che le truppe irregolari al soldo del Cremlino portano nella città martire.

Come se non bastasse si fa avanti l’altro signore della guerra, il ceceno Razman Kadyrov, sempre con un video. Wagner vuole abbandonare Bakhmut? Che problema c’è? Ci pensiamo noi, e se non sapete cosa fare arruolatevi con i miei e vi pagheremo di più. Un gioco al rialzo su un massacro rispetto al quale Mosca appare lontana e silenziosa.

Significa che Vladimir Putin sta perdendo terreno, sostengono alcuni, a favore di personaggi più oltranzisti di lui? Oppure che è il gioco delle parti ed è sempre lui a tirare le fila mettendo in questo modo sotto tensione i suoi collaboratori più stretti dell’operazione speciale.

Intanto quello che si vede e viene comunicato è agghiacciante, un racconto sfilacciato e sempre più truculento che di sicuro non sembra avere alle proprie spalle nemmeno una parvenza di Stato.

Siamo a livello dei talk show russi, che dall’inizio dell’invasione promettono e minacciano olocausti nucleari all’Occidente mentre nei giorni scorsi il celebratissimo (da loro) missile ipersonico Kinzhal è stato intercettato e abbattuto dai Patriot in dotazione all’Ucraina, nonostante sulla carta fosse invisibile ai radar.

Mancanza di senso del ridicolo e grottesco si alternano in questa comunicazione e l’editor della Russia di BBC, il giornalista Steve Rosenberg ha sintetizzato in maniera splendida la situazione in un video postato su twitter. Rosenberg descrive una capitale all’apparenza tranquilla, i parchi in fiore, la gente a passeggio, la temperatura più mite.

Ma oltre la superficie della vita quotidiana continuano ad accadere cose terribili, e strane: la repressione si intensifica con la condanna dell’oppositore Vladimir Kara-Murza a 25 anni per tradimento e l’arresto del giornalista del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, accusato di spionaggio; una piazza Rossa sigillata e chiusa al pubblico da fine aprile per la parata del 9 maggio, annullata in molte regioni della Russia per paura di attacchi da parte degli ucraini.

Lo stesso video, di quattro minuti, descrive una capitale tappezzata di manifesti che incitano al reclutamento per la guerra contro l’Ucraina, una propaganda che arriva fino alle vetrine dei barbieri. E che conosce il suo culmine al Museo della Vittoria di Mosca, dove come al solito la Russia di Putin piega il passato alle sue necessità di giustificare il presente. Ma la cosa più surreale è che nel museo corre, parallela, una mostra: sull’operazione militare speciale che viene paragonata al sacrificio delle truppe sovietiche durante la seconda guerra mondiale per sconfiggere il nazismo.