La Settimana Internazionale

La partita di Macron per i conti pubblici ma contro la storia

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di Attilio Geroni

La madre di tutte le riforme contro la madre di tutte le battaglie sociali. Questo il campo da gioco del nuovo progetto di legge del Governo francese sulla revisione del sistema previdenziale. Sugli spalti, i posizionamenti e le strategie delle diverse forze politiche che puntano a capitalizzare sulla più impopolare delle riforme, sulla più intoccabile misura di welfare: secondo vari sondaggi, una solida maggioranza dei francesi non vuole che si cambi l’attuale regime.

Il presidente Emmanuel Macron aveva già messo in programma nel suo primo mandato presidenziale l’innalzamento dell’età pensionabile – ora in Francia è fissata a 62 anni – ma un’ondata di proteste e soprattutto lo scoppio della pandemia avevano consigliato all’Eliseo di rimandare tutto a tempi migliori. In realtà, questo tempi migliori non si sono materializzati poiché nonostante la riconferma alle presidenziali dell’aprile 2022, Macron ha perso successivamente alle legislative la sua maggioranza presidenziale.

I sindacati si presentano uniti a questo appuntamento assieme all’alleanza dei partiti di sinistra Nupes (Nouvelle Union Populaire écologique et sociale) ma anche dalla destra radicale di Marine Le Pen (Rassemblement National) giocano contro la riforma. La costruzione del consenso attorno alle proteste, cominciate con la giornata di mobilitazione del 19 gennaio, è una prova generale in vista della fine dell’era Macron e della futura configurazione politica del Paese, deflagrata dopo le presidenziali del 2017.

La nuova legge, che dovrebbe essere formalmente proposta al Consiglio dei ministri in calendario il 23 gennaio, prevede l’innalzamento dell’età pensionabile a 64 anni. Nei progetti dell’Eliseo ci si arriverà gradualmente, entro il 2030, con un aumento di tre mesi a partire dal settembre di quest’anno mentre dal 2027 sarà necessario aver lavorato 43 anni per ottenere la pensione piena (un’accelerazione, questa, rispetto alla riforma del 2014 sotto la presidenza di François Hollande).

Per indorare la pillola il governo prevede poi di aumentare la pensione minima a 1.200 euro netti, ma sembra che nemmeno il sindacato più moderato, la Cfdt, sia disposto a concessioni, almeno in questa fase.

Macron, l’ha già detto, andrà avanti per la sua strada poiché non ha molto da perdere essendo al suo secondo e ultimo mandato presidenziale e perché ritiene la riforma indispensabile per la tenuta dei conti pubblici, già messi a dura prova per le misure di nazionali di sostegno messe in atto durante la pandemia.

La Francia, assieme all’Italia e alla Grecia, è il Paese europeo che spende di più in pensioni rispetto al prodotto interno lordo, il 13% nel 2020 secondo dati Eurostat elaborati da Allianz Trade. Il sistema previdenziale, anzi per essere corretti le decine di diversi schemi previdenziali, rappresentano la spina dorsale del welfare del Paese. Un sistema molto protettivo e generoso che nei momenti di crisi, da quella pandemica a quella energetica e poi inflazionistica, ha giocato un ruolo fondamentale nel proteggere l’economia e la società francesi dai contraccolpi degli shock esogeni. La maggioranza dell’opinione pubblica non vuole perciò rinunciarvi.

Come potrà Macron, allora, raggiungere il suo impopolare obiettivo? Appoggiandosi ai neogollisti dei Republicains, che nel principio approvano la riforma ma chiedono alcuni correttivi. In questo modo l’Eliseo non sarà costretto a ricorrere all’articolo 49-3 della Costituzione che permette in alcuni casi (finanziaria e modifiche al sistema previdenziale) di ricorrere ai decreti bypassando l’Assemblea Nazionale.

Sarà una battaglia difficile, con il sindacato più agguerrito, la Cgt, che promette una mobilitazione sociale superiore a quella che nel 1995 paralizzò per un mese l’intera Francia. Allora il presidente era Jacques Chirac, il premier Alain Juppé, costretti dalle proteste a ritirare la riforma delle pensioni. Fu la retromarcia politica più clamorosa della V Repubblica, a fronte delle più importanti proteste sociale dal 1968.

Macron dovrà combattere una delle sue ultime battaglie politiche anche contro la storia.