La Settimana Internazionale

L’idrogeno pulito del Marocco fa gola anche all’Italia: spunta un “corridoio verde”

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L’Italia guarda con crescente attenzione al business dell’idrogeno verde (prodotto tramite un processo di elettrolisi dell’acqua alimentato da elettricità rinnovabile), che ha acquisito centralità nelle strategie di transizione energetica. Con un occhio di riguardo all’altra riva del Mediterraneo: nei giorni scorsi è arrivato il via libera del governo allo stanziamento di risorse per finanziare uno studio di fattibilità del Green Corridor, una pipeline destinata al trasporto dell’idrogeno verde prodotto in Marocco e in transito per il porto di Trieste, piattaforma logistica di primo piano per le materie prime energetiche distribuite verso l’Europa centro-orientale attraverso l’Oleodotto Transalpino. Una volta giunto a Trieste il corridoio verde si innesterebbe con la North Adriatic Hydrogen Valley, la prima valle dell’idrogeno transnazionale dell’Ue che unisce Friuli Venezia Giulia, Slovenia e Croazia, che mira alla creazione di un ecosistema economico, sociale e industriale basato sull’idrogeno e gestito dalle interazioni tra università, industria, governi e società.

«Diamo corpo all’accordo di cooperazione recentemente sottoscritto tra l’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale e Tanger Med, l’Autorità portuale di Tangeri», ha spiegato la deputata Pd Debora Serracchiani dopo l’accoglimento di un suo ordine del giorno al Decreto legge Piano Mattei, inteso ad analizzare e dare impulso alla filiera logistica dell’idrogeno verde tra il Marocco e Trieste: Serracchiani ha annunciato di averlo trasformato in un emendamento al Dl Energia, dichiarato ammissibile.

«Grazie all’idrogeno verde, il Regno del Marocco sta divenendo una delle destinazioni più importanti di tutto il Mediterraneo per la ricerca e la sostenibilità dei processi energetici, su cui hanno deciso di investire Paesi come la Germania e i Paesi Bassi. Per l’Italia è anche un’occasione per rafforzare la cooperazione commerciale con il Marocco».

Grazie anche alla sua posizione geografica, l’Italia dunque potrebbe diventare la porta di ingresso in Europa per la produzione energetica nordafricana: il governo Meloni vede gli sforzi per rafforzare le infrastrutture energetiche come parte del suo “Piano Mattei” (si veda il servizio accanto). Ma c’è da battere la concorrenza di Spagna e Francia, attirate dall’importanza crescente di Rabat, oggi il principale fornitore d’idrogeno verde verso il continente europeo. Secondo numerosi studi, il Paese ha uno dei potenziali più promettenti al mondo per lo sviluppo di una filiera economica e industriale basata sull’idrogeno verde. Come ha dichiarato il primo ministro, Aziz Akhannouch, il Paese maghreino punta a produrre il 4% del mercato globale dell’idrogeno verde (calcolato sui 280 miliardi di dollari di entrate nel 2050).

Il Paese è un precursore delle politiche energetiche sostenibili, e persegue obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni di CO2: a fine 2020 ha raggiunto una capacità installata di poco superiore al 40% di energie rinnovabili, cifra che dovrebbe crescere fino al 52% nel 2030. Punta di diamante è la centrale solare termica di Noor a Ouarzazate, la più grande del genere al mondo. La nuova frontiera è l’idrogeno, con previsioni e intenzioni cui già diversi Paesi credono, a giudicare dagli accordi e dagli investimenti. Nel maggio scorso la francese TotalEnergies ha annunciato un investimento di 9,4 miliardi in un progetto sull’idrogeno e l’ammoniaca con l’obiettivo di esportarlo in Europa. Un mese dopo la società pubblica marocchina Ocp ha comunicato un’iniziativa simile per 7 miliardi di euro. Ancora, a novembre è stato annunciato un primo passo per la realizzazione di un impianto di produzione di idrogeno verde a Dakhla, frutto del partenariato tra Falcon Capital Dakhla e Hdf (Hydrogene de France) Energy: il progetto richiederà un investimento di due miliardi di dollari nella prima fase.

Anche la Germania è interessata all’idrogeno verde made in Africa, ad alto valore aggiunto e basso costo: è allo studio un impianto da 300 milioni di euro sviluppato in collaborazione con il Marocco che secondo le previsioni, dovrebbe avviare la produzione di idrogeno a partire dal 2025. L’idea dei partners è di usare acqua di mare desalinizzata per produrre idrogeno, motivo per cui è stata avviata la costruzione di numerosi impianti di desalinizzazione con il supporto della Società Tedesca per la Cooperazione Internazionale (GIZ) e KfW: l’investimento tedesco nel settore idrico marocchino ammonta a circa 700 milioni di euro.

Il piano marocchino scommette anche sulle infrastrutture per il trasporto, di cui il Green Corridor sarebbe un tassello: è in corso lo studio di fattibilità per un nuovo idrogenodotto che, con una lunghezza di 5.600 chilometri, passerà attraverso la Nigeria e altri 11 paesi dell’Africa Occidentale per incrementare l’esportazione di idrogeno in Europa (la fine dei lavori non prima del 2046).