La Settimana Internazionale

Pmi all’attacco sulle norme green: «Coinvolgere di più le imprese»

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di Lorenzo Consoli

Dopo l’attacco al Green Deal europeo da parte del mondo agricolo, è da un gruppo di associazioni di Pmi europee che è partita questa settimana una nuova critica dura al modo in cui le istituzioni dell’Ue e i governi stanno imponendo la transizione green (e anche quella digitale) all’industria del Continente.

Con una conferenza stampa a Bruxelles 27 giugno, il gruppo E7 della Confederazione europea delle associazioni delle Pmi (Cea-Pme) ha lanciato un Manifesto dal titolo “L’economia reale europea per una politica dell’industria realistica”, che individua diverse criticità nell’approccio normativo dell’Ue, pur senza nominare esplicitamente il Green Deal, con il chiaro intento di non metterne in discussione gli obiettivi, ma piuttosto i metodi e i tempi per conseguirli. Il Manifesto E7 propone dieci azioni chiave per correggere le politiche dell’Unione che, afferma in sostanza, nel nome della sostenibilità (ambientale) stanno sottoponendo a una pressione insostenibile la “spina dorsale” dell’industria europea, costituita dalle sue piccole e medie imprese.

Del gruppo E7 fanno parte le associazioni nazionali di Pmi di Italia (Confapi), Germania (BVMW), e della Repubblica ceca (Amsp), il Movimento delle medie imprese francese (Meti), l’Associazione imprenditoriale per l’innovazione in Portogallo (Cotec), l’Associazione delle imprese di Gipuzkoa in Spagna (Adegi) e la Camera di commercio e dell’industria di Katowice in Polonia (RIG).

Il manifesto denuncia tra l’altro «l’illusione dei responsabili politici europei che la soluzione della sfida più grande, il cambiamento climatico globale, possa essere affrontata solo dall’Europa, e in particolare dalla sola industria europea, in quanto principale attore responsabile ed esecutore di strategie politiche». Anche perché, secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia europea dell’Ambiente, dall’Ue viene solo il 6% delle emissioni globali a effetto serra. In secondo luogo, il fatto che la strategia per conseguire questo obiettivo «è attualmente definita dalla ‘governance’ nazionale ed europea invece di essere focalizzata sulla definizione di obiettivi e finalità negoziati, lasciando che siano le imprese e il mercato a trovare le soluzioni più adeguate». Il riferimento, implicito ma evidente, è all’auto e all’addio ai motori endotermici, che si teme avrà un impatto devastante in particolare sull’attuale componentistica dell’automotive, in cui sono molto presenti proprio le Pmi.

I rimedi proposti includono, in particolare, la richiesta di un maggiore coinvolgimento delle Pmi durante la formulazione delle strategie europee per rispondere alle crisi in corso, l’esigenza di valutare le proposte legislative rispetto al loro impatto sulle Pmi, e una riduzione della burocrazia e degli oneri di rendicontazione da parte delle aziende, che già hanno problemi per trovare le risorse. L’approccio attuale delle politiche europee «ha già avuto un impatto significativo sull’ecosistema delle Pmi, provocando un aumento della domanda di capitale per tenere il passo con le nuove esigenze e mettendo di conseguenza molte aziende in pericolo finanziario ed esistenziale», osserva il gruppo E7.

«I nostri imprenditori – ha dichiarato Maurizio Casasco, presidente dell’Associazione degli imprenditori europei Cea-Pme e presidente emerito di Confapi – hanno capito da tempo che la sostenibilità ambientale e i processi di digitalizzazione non sono solo un orizzonte imprescindibile ma anche un’opportunità di sviluppo e competitività per le loro imprese. Ma  è necessario tenere insieme sostenibilità e produttività».