La Settimana Internazionale

Stallo infinito sul caro energia: manovre OPEC contro USA e UE

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di Attilio Geroni

Tutti d’accordo e tutti in disaccordo. Ci vuole una risposta europea contro l’impennata dei prezzi energetici, ma questo accordo tarda ad arrivare.

Il Consiglio europeo informale che si è tenuto in occasione del summit di Praga ha prodotto l’ennesimo rinvio e una delega “tecnica” alla Commissione UE per elaborare un piano che attenui i contraccolpi del caro energia per famiglie e imprese. Il contesto, drammatico, rende ancora più stridente i tentennamenti dell’Unione europea.

L’inverno è alle porte e sarà – ormai un consensus tra analisti e previsori economici – un inverno di recessione.

Per la prima volta dopo molto tempo le politiche fiscali (espansive) e quelle monetarie (restrittive) sono asincrone. Inoltre, le ultime risposte dei grandi fornitori di energia sono poco rassicuranti.

La decisione dell’OPEC di ridurre la produzione di greggio di 2 milioni di barili al giorno – iniziativa proposta dalla Russia e appoggiata dall’Arabia Saudita – è uno schiaffo all’amministrazione Biden che rischia di ripercuotersi sull’Europa. Non è infatti escluso che la Casa Bianca introduca limiti all’export di carburanti per non intaccare ancora pesantemente le riserve strategiche.

Il tutto, ovviamente, va inquadrato in uno scenario di guerra sempre più drammatico che dovrebbe acuire il senso di urgenza e tragedia nella leadership europea. I fronti sono molteplici, ma l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie è rapidissima così come è in immediato pericolo la sopravvivenza di molte imprese.

Il Consiglio europeo non ha trovato un accordo sul price cap, un tetto europeo al prezzo del gas. Proposto dall’Italia, molti Paesi, Germania compresa, temono che una misura del genere possa indurre un crollo dell’offerta da parte dei fornitori. Il premier polacco Mateusz Morawiecki ha criticato, ad esempio, il piano tedesco da 200 miliardi per proteggere famiglie e imprese dal caro energia: “Minaccia l’esistenza del mercato unico”, ha detto.

Ma a minacciare l’esistenza del mercato unico, con un’iniziativa così importante come quella tedesca, non saranno gli aiuti alle famiglie: sostenere la domanda della prima economia europea può avere implicazioni positive per molti Paesi membri dell’Unione. Ciò che potrebbe davvero minare la stabilità del mercato unico sono gli aiuti nazionali alle imprese, con pesanti effetti distorsivi sulla concorrenza.

Il prossimo Consiglio UE sarà il 20 ottobre e c’è già chi pensa che in quell’occasione si potrà arrivare al massimo a un piano che è la somma dei piani nazionali. Insomma un NextGenerationEU non sarebbe (ancora) dietro l’angolo. È anche vero però che l’esistenza di un precedente – emissione di debito comune, in parte finanziato da risorse proprie – è uno schema pronto e più o meno rodato per essere utilizzato in caso di eventi drammatici e indipendenti dalla volontà e dal comportamento dei singoli Stati.

Secondo Bloomberg, lo stesso cancelliere tedesco Olaf Scholz sarebbe favorevole a una nuova emissione di debito comune con il meccanismo già attivato in pandemia per contenere i contraccolpi sul mercato del lavoro (SURE). Se confermato, sarebbe un passo avanti importante: lo schema prevede crediti a tasso agevolato e non prestiti a fondo perduto.

Le asimmetrie potenziali che tanto avevano spaventato i leader europei durante l’emergenza pandemica sono pronte a ripetersi oggi, con un’intensità decisamente maggiore. Ci troviamo davanti a un’accelerazione della storia e a una sequenza di fatti dirompenti e imprevedibili, paragonabili a quelli vissuti nello spazio di alcuni mesi nel 1989.

Affinché, come in quel caso, si possa sperare in un lieto fine, la risposta corale dell’Europa è indispensabile. A cominciare da un piano credibile ed efficace per affrontare l’emergenza energetica e nel contempo accelerare la transizione verso le rinnovabili.

Una scelta, quest’ultima, che rappresenta la grande sfida geopolitica dei prossimi decenni e della quale i nostri fornitori (Russia, Medio Oriente e Nordafrica) sono talmente consapevoli da voler ora massimizzare profitti destinati a scendere drammaticamente nei prossimi anni.