La Settimana Internazionale

Svolta europeista della Polonia, ma ricostruire i diritti sarà lungo

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di Attilio Geroni

A riassumere meglio di tutti il senso del recente voto in Polonia è stato un cittadino bielorusso che vive lì come esiliato. Il suo post in inglese su X (ex Twitter) merita di essere riportato e tradotto:

Per la prima volta nella mia vita ho assistito a una transizione pacifica di potere. A favore dell’opposizione. Dopo elezioni democratiche. Con un’affluenza del 74%. Il mio messaggio è: apprezzate e proteggete la vostra democrazia. Non potete nemmeno immaginare il miracolo di cui disponete.

A scrivere è Pavel Slunkin, 34 anni, analista politico e research fellow per lo European Council on Foreign Relations, esule in Polonia in seguito alla brutale repressione del regime di Lukashenko nei confronti delle proteste seguite alle “elezioni truffa” dell’estate 2020.

In Polonia ha vinto l’opposizione, un gruppo di tre partiti che aggregano forze di centro, centro-destra e centro-sinistra, guidato dalla Coalizione Civica dell’ex premier nonché ex presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. Gli altri sono Terza Via e Sinistra. Assieme questi partiti hanno conquistato 248 seggi su 460 al Sejm, la Camera bassa della Polonia, dando così al Paese una nuova possibilità di futuro.

Pur restando il primo partito del Paese con il 35% delle preferenze, Legge & Giustizia (PiS), il partito ultraconservatore e nazionalista al potere da due legislature consecutive, è stato sconfitto. Guidato nell’ombra da Jaroslaw Kaczynski, è una forza politica che dopo aver eroso negli anni lo Stato di diritto riducendo drasticamente l’indipendenza dei media, della magistratura e i diritti delle donne e della comunità Lgbtq, preparava il completamento della svolta autoritaria e forse l’uscita della Polonia stessa dall’Unione Europea.

Proprio con la Ue ha ormai da anni un rapporto apertamente conflittuale, essendo stata sanzionata per la violazione dello Stato di diritto. Una sanzione che ha comportato il pagamento di multe e il congelamento di fondi europei per un valore di 35 miliardi. Altrettanto conflittuale è stato il rapporto con il partner economico e politico più importante, la Germania, al quale ha continuato a chiedere, soprattutto a fini elettorali, un risarcimento da mille miliardi per i danni della seconda guerra mondiale.

Il filone anti-europeo e anti-tedesco è stato sfruttato dal PiS con virulenza per tutta la campagna elettorale. Tusk è stato dipinto come un agente a volte della Germania e a volte della Russia. Ecco che la svolta elettorale dei giorni scorsi assume un’importanza rilevante non soltanto per la Polonia, ma per l’Europa intera.

Qualche analista in Italia si è affrettato a sottolineare che Tusk è un politico di centro-destra e che le sue azioni non potranno di conseguenza essere rivoluzionarie rispetto a quanto fatto da Legge & Giustizia. Quasi a suggerire che tra lui e Kaczynski non vi sia poi questa grande differenze e che soprattutto non verrà meno un vigoroso nazionalismo.

In realtà tra Tusk e Kaczynski vi è un abisso. Lo stesso che storicamente divideva le due anime di Solidarnosc, la madre politico-sindacale della quale entrambi sono figli: una laica e liberale, alla quale appartiene il primo; l’altra ultraconservatrice e intimamente legata a un cattolicesimo integralista della quale ha sempre fatto parte il secondo.

In teoria il cambiamento è epocale. In teoria poiché la strada verso il nuovo governo sarà lunga e disseminata di trappole. Il PiS con il 35% dei voti resta il primo partito del Paese e anche se non ha alleati potenziali che possano dargli la maggioranza (l’estrema destra omofoba, antisemita e monarchica di Konfederacja ha registrato un risultato deludente e non potrà essere il temuto ago della bilancia) è probabile che il presidente Andrzej Duda, dello stesso partito, affiderà a Kaczynski & Co il primo mandato.

Lo stesso Duda dispone inoltre del potere di veto nei confronti delle leggi, un potere che può essere superato solo con una maggioranza di tre quinti in presenza di almeno metà (230) dei rappresentanti della Sejm. Infine, c’è sempre la possibilità per il capo dello Stato di chiamare in causa la Corte Costituzionale, nella quale tre giudici sono stati nominati da Legge & Giustizia. Il ripristino dello Stato di diritto sarà una battaglia ardua e si combatterà soprattutto attorno alla Sezione disciplinare dei giudici, istituita presso la Corte Suprema, che limita fortemente l’autonomia dei magistrati.

Anche il capitolo media è scottante poiché quelli pubblici sono stati completamente asserviti alla narrazione ultraconservatrice del Governo, anti-europea, anti-tedesca, anti-immigrazione e, ultimamente, sempre per scopi elettorali, anti-Ucraina. Il lavoro di bonifica dovrà essere compiuto anche su media privati, come la più importante rete di giornali e tv locali del Paese, acquisita negli anni scorsi dal colosso energetico Orlen, ovviamente nella sfera d’influenza del PiS, lo stesso colosso che poche settimane prima ha abbassato artificiosamente il prezzo alle pompe di benzina nonostante sui mercati il petrolio fosse in rialzo.

La ricostruzione, perché di quello si tratta – nei rapporti internazionali, nei rapporti di fiducia con i cittadini, con le istituzioni – sarà un lavoro difficile per Tusk e i suoi alleati. Dovranno rispondere alla Polonia che ha detto basta alla continua riscrittura della storia da parte dell’ossessionato Kaczynski e non ha voluto perdere le conquiste del 1989, oggi messe in pericolo in Europa dall’invasione russa dell’Ucraina; ma dovranno rispondere con astuzia anche a quella parte del Paese che vive nelle zone rurali, alla quale Legge & Giustizia ha dato voce e in parte risposte.

La Polonia ha dimostrato che le democrazie illiberali, per usare l’ossimoro creato dal premier ungherese Viktor Orban, non sono irreversibili, e che una mobilitazione fatta di coscienza civile e lunghissime code davanti ai seggi fino a notte fonda possa fare la differenza. Varsavia ha scelto nuovamente l’integrazione europea e la difesa dei valori conquistati qualche mese prima che cadesse il Muro di Berlino.