La Settimana Politica

Calenda-Meloni, la strana coppia unita dalla Manovra

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di Silvio Magnozzi

È nato il Calendoni, un asse tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ed il leader di Azione (che sta all’opposizione) Carlo Calenda? È ciò che si domandano in molti dopo l’incontro dei giorni scorsi tra i due.

La risposta è no, anche se la fusione dei loro cognomi in un solo termine ha un suo appeal giornalistico. Più che cercare formule in un Paese dove chi va al governo da anni viene bersagliato e basta dalle opposizioni (sovente a prescindere dal lavoro e dal programma svolti), si tratta di capire se dall’incontro tra la Meloni e Calenda possa nascere un modo diverso di dialogare tra governo e opposizione che non sia l’eterno scontro tra guelfi e ghibellini.

Non si tratta di inciuciare – un termine bruttissimo ma caro in Italia a tutti quelli cui il dialogo in politica tra maggioranza e opposizione piace come un cazzotto in faccia – ma più semplicemente di non fare ostruzionismo laddove alcune misure che una maggioranza porta avanti piacciano anche all’opposizione. Le democrazie mature funzionano così, il che non vuol dire che davanti a cose che non vanno l’opposizione non debba essere intransigente. Anzi.

Detto della filosofia politica che potrebbe scaturire dal faccia a faccia tra Meloni e Calenda veniamo adesso alle parole spese dal leader di Azione dopo l’incontro con la premier.

Calenda ha subito detto di sentire «il fascino della storia di Giorgia Meloni. È quella che lei ha raccontato più volte: una donna che nasce in una famiglia non privilegiata, con una vita difficile e che ce la fa da sola. Questo mi predispone positivamente dal punto di vista della chimica. Dopodiché, abbiamo pensieri diametralmente opposti, ma sono in grado di fare questo apprezzamento rimanendo radicato nelle mie convinzioni».

Parole schiette, quelle di Calenda, che hanno indispettito le altre opposizioni a cominciare da Pd e sinistra ma che il leader di Azione ha poi rincarato passando dal piano dell’apprezzamento personale a quello politico: «Se noi facessimo per una volta nella vita una roba normale, se i partiti di governo, leggi Forza Italia, invece di sabotare Meloni, contribuissero a fare la manovra, e l’opposizione invece di andare in piazza presentasse provvedimenti migliorativi, forse sarebbe un Paese normale. Invece continuiamo a essere un Paese machiavellico di cui non ci capisce niente».

Salta subito agli occhi in questa dichiarazione la tirata di orecchie a Forza Italia, partito che fa parte della maggioranza politica di centrodestra e del governo Meloni.

Perché – la domanda che è subito circolata in quel chiacchierare che tanto piace ai retroscenisti della politica – Calenda l’avrà detto? Vorrà fare il terzo polo? Vorrà entrare al governo? Vorrà emarginare a sinistra l’opposizione del Pd che chiama le piazze?

Mah. E se le avesse dette, quelle parole, semplicemente per fare dell’Italia – in un momento difficile, con la guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione che corre e via discorrendo – un Paese normale, con una sana dialettica tra maggioranza e opposizione?

Sarebbe saggio, del resto con il voto sulla legge di Bilancio alle porte come ha specificato lo stesso leader di Azione, «abbiamo semplicemente detto che non faremo ostruzionismo per cercare di andare oltre i tempi previsti e mandare il Paese in esercizio provvisorio. E non lo avremmo fatto in ogni caso, anche senza un incontro». Si chiama far politica, altro che Calendoni.