La Settimana Politica

Dopo Ischia, il Governo accelera sul nuovo Codice Appalti

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di Pasquale Napolitano

I morti nella frana di Ischia e Casamicciola spingono il governo ad accelerare l’approvazione del nuovo codice per gli appalti pubblici.

Le responsabilità della tragedia (l’ennesima) sono da attribuire, per una parte, allo sfregio edilizio cui è stata sottoposta nell’ultima metà del secolo quella perla del golfo di Napoli. Dall’altra parte, le vittime sono state inghiottite da una burocrazia che negli ultimi 12 anni ha paralizzato ogni intervento di messa in sicurezza di un territorio dilaniato dal dissesto idrogeologico. Pareri, vincoli, ricorsi, passaggi di competenze: il labirinto di carte ed enti ha imprigionato Ischia e Casamicciola più di melma e fango. Alcuni dati: nel 2009 si verifica a Casamicciola l’ultimo drammatico smottamento.

Nel 2010, l’allora governo guidato da Silvio Berlusconi finanzia due progetti per la messa in sicurezza di Casamicciola e Ischia. Le cifre: il primo progetto è uno stanziamento di 180 mila euro. Il secondo, più, sostanzioso, è pari a 2 milioni e 100mila euro. I progetti avrebbero impedito, in parte, nuove frane.

Entrambi sono ancora fermi negli uffici pubblici. Una giostra di competenze ne ha impedito la realizzazione. Eccone l’esempio plastico: nel 2010 la competenza era in capo al commissario di governo per il dissesto idrogeologico. Nel 2011 la competenza passò alla Regione Campania. Ed infine nel 2015 al Comune di Casamicciola. Risultato: ad ogni passaggio nuovi controlli, nuove procedure. Di risultati manco l’ombra.

Il terzo progetto è del 2018: 1 milione e 100mila euro stanziati dalla Città Metropolitana di Napoli per la sistemazione degli alvei e la messa in sicurezza del costone. Tutto bloccato tra pec e contenziosi. Una follia burocratica che fa più vittime della mano devastatrice dell’uomo. Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, a caldo con i cadaveri ricoperti dal fango, annuncia: «Ho lavorato anche questa mattina con i tecnici per portare entro il ponte dell’Immacolata il codice degli appalti al consiglio dei ministri. Se non si parte da questo non si va da nessuna parte. Un codice degli appalti moderno, snello e veloce».

Nel febbraio del 2022 il governo Draghi ha approvato la legge delega per la riforma del Codice degli Appalti. La norma va varata entro marzo 2023. Altrimenti è tempo perso. Il testo ha già superato l’esame del Consiglio di Stato. Ora bisogna passare ai fatti. La disomogeneità strutturale dell’attuale codice degli Appalti ha generato un diffuso disorientamento da parte di pubblici funzionari e operatori economici. Oggi il tempo medio di realizzazione di una gara varia tra i 3 e i 6 mesi.

Ma poi c’è tutta la parte dell’esecuzione dell’opera. Si proverà a intervenire con due misure: la riduzione delle stazioni appaltanti e la revisione delle competenze dell’Autorità nazionale anticorruzione in materia di contratti pubblici. Nella bozza del nuovo codice c’è un capitolo che riguarderà le Pmi.

Ecco alcuni passaggi: “Suddivisione degli appalti in lotti sulla base di criteri qualitativi o quantitativi, divieto di accorpamento artificioso dei lotti, in coerenza con i princìpi dello Small Business Act europeo con obbligo di motivare l’eventuale mancata suddivisione e la possibilità per le stazione appaltanti di inserire nei bandi di gara criteri premiali per l’aggregazione di impresa, purché nel rispetto dei principi unionali di parità di trattamento e non discriminazione tra gli operatori economici”. Una sforbiciata che potrebbe evitare nuove tragedia in futuro.