La Settimana Politica

Ecco i nuovi presidenti delle Camere tra gaffe, vaffa e pizzini

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di Claudio Brachino

Due giorni al cardiopalmo tra vaffa, pizzini e Var, ma alla fine habemus i Presidenti di Camera e Senato. Alla fine, perché sono stati giorni intensi e ricchi di suspence quelli che hanno aperto la XIX legislatura. Personaggi non proprio neutri, divisivi come si dice, dalla nostalgia del fascismo alle dichiarazioni contro i gay e a favore di Putin. Mentre Fontana (Lega) se l’è cavata abbastanza liscia alla Camera, mancano dei voti ininfluenti rispetto a quelli previsti, ma lasciamo l’analisi ai detective delle urne, al Senato La Russa ha vissuto con il cuore in gola, più della sua Inter al Camp Nou di Barcellona.

Il co-fondatore di Fratelli d’Italia è stato eletto senza i voti di Forza Italia ma con quelli dell’opposizione, si è preso un vaffa dal Cav (smentito dal destinatario) e ha fatto un bel discorso con lapsus freudiano compreso. Infatti volendo istituire anche la festa per la nascita del Regno d’Italia più che nostalgico del fascismo è sembrato un nostalgico della monarchia. Però i fiori alla Segre, memoria vivente del dramma dell’Olocausto, sono stati un bel momento simbolico, l’ingresso forse in un’epoca dove i diritti dell’Altro non saranno mai più annientati. 

Sul piano politico la Meloni porta a casa una vittoria e può concentrarsi ora sulla formazione del suo governo dei competenti. Proprio perché lo shock è stato forte, forse ora le cose andranno velocemente, il sistema immunitario del centro destra è già corso ai ripari per curare i danni di una ferita pubblica, di un quasi incomprensibile autolesionismo. Questo almeno fino alla sera di venerdì, quando un altro documento che doveva rimanere riservato è finito a favore dell’occhio giornalistico sempre più implacabile (non si saprà mai quanto questo scoop sia stato diciamo così agevolato). In un taccuino del Cav la Meloni viene definita “supponente, prepotente, arrogante e offensiva”. A stretto giro di posta, come si dice, la leader di FdI decide di rispondere salendo in macchina, ma non con un pizzino, piuttosto con una breve, durissima replica: in sostanza “Io non sono ricattabile”. 

La partita insomma si riapre, tutti i pontieri sono già al lavoro per evitare che la vittoria netta nelle urne non diventi una clamorosa frustrazione storica. Prevale un sostanziale ottimismo che alla fine il Cav e i falchi di Forza Italia rinuncino ad andare da soli alle consultazioni, ma tutto può ancora succedere, ad esempio che Giorgia molli tutto e si torni alle urne. Staremo a vedere.