La Settimana Politica

Elly Schlein e il Pd passato (che non passa)

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di Silvio Magnozzi

Che Elly Schlein sia una novità, una donna alla guida del Partito democratico, è un dato di fatto. Ma non basta. Perché adesso, dopo la svolta femminile (seguendo quanto già accaduto a destra, dove Giorgia Meloni è leader da tempo e con successo), si tratterà di capire in quale direzione la Schlein deciderà di condurre il partito per contenuti di politica interna, di politica estera e di alleanze in vista delle prossime elezioni politiche. La manifestazione antifascista di sabato scorso a Firenze, come primo atto politico, appare per la verità assai vecchia, rivolta più al passato che al futuro. Anzitutto per contenuti, dato che in Italia oggi un pericolo fascista non esiste. E in secondo luogo per i protagonisti, perché nel 2023 convergere sui temi della Cgil di Maurizio Landini per quanto riguarda il lavoro o su alcuni programmi dei 5 Stelle (peraltro contrari all’invio di armi all’Ucraina, questione non certo di dettaglio ma di sostanza internazionale e di geopolitica) non suona affatto come una novità.

Ecco allora che, guardando a cosa potrà diventare il nuovo Partito democratico di Elly Schlein, diventa interessante provare a sbirciare in quello che potremmo definire il suo Pantheon, insomma le figure di riferimento o che dispensano consigli alla nuova segretaria democratica. Tra queste vi è Achille Occhetto, l’ultimo segretario del Partito comunista italiano che alle primarie del Partito democratico nel 2023 ha votato Elly Schlein e che della nuova leader del Pd dice: «Su di lei ho un giudizio positivo da tempo, dopo aver scoperto la sintonia su intreccio tra questione ambientale e sociale. Elly ha avvicinato il partito ai giovani, incarna il ricambio generazionale e di genere».

Siamo schietti: Occhetto non è certo una gran novità per la sinistra. Il suo campo allargato dei Progressisti, nel 1994, si rivelò un’armata Brancaleone sconfitta alla elezioni politiche da Silvio Berlusconi. Così come non è una gran novità, per la sinistra italiana, Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd, che guarda – pure lui – con un certo interesse politico al nuovo corso dei democratici, al punto da aver già suggerito alla Schlein – in un’intervista rilasciata al “Corriere della Sera” – la tattica per battere le destre. Come? Puntando come prima cosa all’allargamento del campo politico. Un vasto programma, verrebbe da commentare, visto che in politica prima di estendere le alleanze bisogna sapere bene a chi, senza dimenticare che allargare stanca dato che più alleati significano più mediazioni sul  programma, sulle candidature, eccetera, eccetera.

Dopo Occhetto e Bersani, quasi a seguire il vecchio proverbio del “non c’è due senza tre”, vi è un altro leader del centrosinistra, Romano Prodi, l’uomo dell’Ulivo e l’unico in grado di battere per due volte Silvio Berlusconi nelle urne, che oggi dispensa alla Schlein i suoi consigli. E cosa dice il cattolico Prodi? Spiega alla segretaria del Pd di essere convinto che lei ora deve definire il programma del Partito democratico perché «solo quando c’è un programma ben preciso, allora una forza politica è traente dell’alleanza, ma se parte dalle alleanze quando ancora non ha un programma, allora diventa debole».

Prima i contenuti e poi le alleanze. O prima le alleanze e poi i contenuti? Più che amletico il dilemma suona come mal posto, visto che il nuovo corso della Schlein e della sinistra italiana dovrà passare da entrambi, contenuti e alleanze, facendo attenzione a guardare al futuro e non ai Pd e ai tanti centrosinistra del passato.