La Settimana Politica

Il Pil crolla al 2,8%: la Cina non è più la locomotiva dell’Asia

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di Attilio Geroni

Si moltiplicano i segnali di rallentamento dell’economia cinese, dopo che nelle scorse settimane più di un istituto di ricerca aveva messo in dubbio l’annunciato sorpasso del Pil di Pechino su quello americano.

Secondo l’ultimo rapporto della Banca mondiale quest’anno la Cina, per la prima volta dopo 30 anni, crescerà meno dell’intera area Pacifico Sud-Est asiatico. Le cause, sempre le stesse: la strategia di “zero Covid” e la bolla del mercato immobiliare che hanno costretto le autorità a esercitare un controllo rafforzato sull’attività economica.

Pil Cina: stime in ribasso

La World Bank ha rivisto al ribasso dal 5 al 3,2 le stime del prodotto interno lordo per l’intera area essenzialmente per il “freno” causato dalla Cina, che da sola rappresenta l’86% del Pil dell’area. In dettaglio, Pechino crescerà nel 2022 solo del 2,8% mentre il resto delle economie asiatiche dovrebbe registrare un incremento in media del 5,3%, doppio rispetto a quello registrato nel 2021.

Le revisioni al ribasso – di recente anche l’Ocse ha cambiato le stime sulla Cina prevedendo un +3,2% – giungono a ridosso di un momento cruciale per la vita politica del Paese, il Congresso del partito, dove ci si attende la nomina di Xi Jinping alla leadership per la terza volta.

20° Congresso del partito

Il 20° Congresso si terrà a partire dal 16 ottobre e finora non ci sono segnali di allentamento da parte delle autorità nei confronti della strategia “zero Covid” che ha portato al rallentamento o alla chiusura di aree chiave per la produzione industriale a livello globale.

Di forte impatto anche la crisi del real estate, dove si assiste a un forte calo degli immobili e dove ormai un terzo dei prestiti erogati per finanziare nuove costruzioni viene considerato inesigibile.