La Settimana Politica

Intesa Pd-5Stelle: lunga la strada, stretta la via

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di Silvio Magnozzi

Il cammino d’alleanza delle opposizioni, a pochi mesi dalle elezioni politiche vinte dal centrodestra, non è ancora incominciato. Ci sono prove di convergenza su alcuni temi sociali, sul lavoro, sulle tasse, ma ancora poco per parlare di un centrosinistra unito che tenga assieme i due partiti principali: il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico, che pure insieme fino all’anno scorso hanno sostenuto la maggioranza (con altri partiti non di sinistra) del governo Draghi.

Al recente congresso della Cgil, con il segretario Maurizio Landini, sia il leader dei 5 Stelle Giuseppe Conte sia la segretaria del Pd Elly Schlein hanno illustrato le loro proposte sociali.

La convergenza più evidente sinora pare essere quella dello “star contro” – sempre più facile del “lavorare per”, anche in politica – la riforma fiscale confezionata dal centrodestra e dal governo Meloni. Poco per un inizio di asse a due 5S-Pd? Sì, poco. Anche perché in questi giorni su un tema dirimente come l’invio delle armi all’Ucraina per sostenere Kiev nella sua lotta contro l’invasione russa, fra i 5S e il Partito democratico si cominciano a vedere differenze sostanziali.

Elly Schlein e il Pd, che pure hanno sottolineato la necessità di un piano di pace europeo (ma l’Unione europea su questo, ad essere realisti e vista la durezza della guerra ancora in corso, non pare ancora attrezzata), sono favorevoli all’invio di armi.

Al contrario, Giuseppe Conte non perde occasione per metter in evidenza come – secondo lui – continuare a inviare armi a oltranza rischi di portare il mondo verso un conflitto globale. Una posizione a cui il leader 5 Stelle aggiunge pure la necessità di  mettere in campo, adesso, una strategia per la pace.

Se consideriamo che tra un anno, nel 2024, si terranno le elezioni per il Parlamento europeo che rappresentano il primo vero test nazionale per i partiti italiani dopo le politiche dello scorso anno, ebbene non si sbaglia a immaginare che su un tema come la necessità della pace e in quale modo raggiungerla, che in Italia riscontra interesse e condivisione in una parte importante dell’opinione pubblica (compreso anche il mondo cattolico), Partito democratico e 5 Stelle potrebbero trovarsi in concorrenza e non in convergenza.

Una concorrenza che in passato, riguardo alla politica estera, le sinistre italiane hanno già vissuto (basti pensare alle sostanziali differenze tra il Partito comunista e il Partito socialista andate in scena per anni su temi fondamentali di politica internazionale) ma che non rappresenta certo il viatico migliore per metter su un’alleanza che tenti di battere il centrodestra.

Questa divisione a sinistra, vista invece dal governo Meloni e dall’alleanza dei partiti che la sostiene – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia – rappresenta un punto di forza perché permette alla maggioranza di giocare in contropiede con le divisioni dell’opposizione, ribaltando quello che è un gioco di schemi abbastanza prevedibile in Italia dov’è (quasi) sempre chi sta all’opposizione a tambureggiare sulla non unitarietà di chi governa.

Un rovesciarsi di prospettive che non è un dettaglio per un governo come quello della Meloni che ha iniziato da pochi mesi la legislatura. E non lo è perché le permette di governare con le proprie proposte (vedi ad esempio la riforma fiscale cui accennavamo poc’anzi), di rivendicare il ruolo atlantista del nostro Paese e in difesa dell’Ucraina e – quando le contingenze politiche lo richiederanno – di contrattaccare le critiche delle opposizioni usando un tema facile ed efficace: in politica estera sono divisi. Mica poco.