La Settimana Politica

Un triumvirato ma un solo Ottaviano

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di Francesco Alberoni

Le ultime elezioni hanno mandato al potere un triumvirato formato da Meloni, Berlusconi e Salvini. Ho indicato i nomi dei tre leader anche se il risultato ultimo è legato alle forze politiche che essi rappresentano. Teniamo presente che negli ultimi decenni si è diffusa una teoria politica secondo cui i partiti politici non avrebbero più l’importanza di un tempo. Più che dei costrutti organici con una chiara leadership essi sembrano degli aggregati che possono dissolversi come è accaduto al governo Prodi.

Il percorso verso il triumvirato

Berlusconi credeva al carisma personale e, quando ha suscitato il movimento di Forza Italia, per molto tempo non ha voluto che avesse una organizzazione territoriale, contando solo sullo strapotere dei suoi mezzi. Un partito forte avrebbe potuto crearlo.

Se Renzi dopo le primarie avesse avuto il coraggio e la lungimiranza di spezzare il Pd lanciando un suo movimento – non lo ha fatto perché affascinato dal mito della sinistra unita e perché ha affrontato il referendum impreparato senza un esercito – non avrebbe lasciato il campo alla nascita di un movimento di protesta, il Movimento 5 Stelle di Casaleggio e Grillo con un’ideologia e un programma utopico originale che in poco tempo ha preso il potere, senza però poi saper governare. Curiosamente la scienza politica italiana non lo ha capito per tempo, non lo ha studiato e lo ha sempre sottovalutato.

È in questo vuoto teorico che si è mossa la Meloni, una giovane donna che anni fa, con La Russa e Crosetto, ha fondato un partito piccolo, compatto, disciplinato di cui è diventata la leader assoluta.

Torniamo ora al triumvirato da cui siamo partiti. Vi troviamo Salvini con la sua affannosa e disordinata volontà di emergere, ma con una Lega che ha smarrito la sua identità e la sua forza elettorale. Vi troviamo Berlusconi con il suo elettorato tradizionale moderato, timoroso dei cambiamenti e lui co n la sua inesausta necessità di possesso che lo porta a trattare ogni cosa come proprietà personale.

Giorgia Meloni: che premier sarà?

Della Meloni sappiamo poco. Sappiamo che è idealista ma anche che è una personalità forte, ottima organizzatrice e capace di decisioni inappellabili. L’ho visto quando mi ha chiesto di aiutarla nelle elezioni europee del 2019, poi quando si è rifiutata nel modo più assoluto di appoggiare il governo Draghi e quando ha deciso di costituire da sola l’opposizione. Fino all’ultimo ordine di non festeggiare la vittoria elettorale, prova non solo di moderazione e di rispetto per le istituzioni ma dimostrazione della capacità di farsi ubbidire da un vero partito quando dà una linea direttiva univoca e sicura.

Per quanto possiamo capirne adesso, la Meloni si avvia a essere una presidente del Consiglio poco appariscente ma autorevole, un pilastro attorno a cui tutti dovranno gravitare talvolta anche in modo ostile, esattamente com’è avvenuto durante la campagna elettorale. E probabilmente nel Paese si costituirà un punto dove le sinistre scateneranno le forze del malcontento a cui spero saprà resistere coraggiosamente e con pazienza. In compenso diffonderà uno stile di governo sobrio. In Europa porterà buonsenso diventando il perno di una confederazione delle patrie.