Le opinioni

Addio dittatura del micromanager, l’orologio suona sempre due volte

Scritto il

di Antonio Dini
(Giornalista e scrittore)

Gli orologi e gli specchi hanno trasformato la società, ma sono trasformazioni così antiche che nessuno le mette più in discussione. Proviamoci. Gli orologi hanno creato la cultura dell’ansia. Gli specchi hanno creato la cultura del narcisismo. Degli specchi parleremo un’altra volta. Ma degli orologi è meglio cominciare a parlare con un certo anticipo perché ci sono così tante cose da dire, che si rischia di far tardi.

Il più grande estimatore degli orologi è stato Lewis Mumford. Lo storico e filosofo dell’economia americano ha descritto perfettamente cos’è l’orologio e qual è il suo fondamentale ruolo nella nostra società. L’orologio è la macchina della rivoluzione industriale. Non è il tornio, non è il telaio Jacquard e non è la macchina a vapore. Neanche l’elettricità. Invece, è l’orologio lo strumento che taglia il tempo in pezzetti discreti e li distribuisce per gestire i lavoratori e i loro compiti.

Quella che una volta era la campana del paese o la rumorosa sirena della fabbrica oggi è diventato l’Apple Watch che vibra silenzioso al polso, per ricordarci di alzarci perché siamo stati seduti troppo a lungo. È sempre l’orologio a guidarci. È un’ironia sublime, se ci pensate, perché è proprio grazie all’orologio che sono state inventate le scrivanie, le macchine per scrivere, addirittura le moderne ferrovie. Senza l’orologio i treni non viaggerebbero seguendo un orario e intere industrie non potrebbero esistere.

Prima di arrivare al presente e alla rivoluzione giapponese del “just in time”, che poi è il modo con il quale si azzera l’inefficienza del magazzino scorte rendendo fluida l’intera filiera produttiva, l’orologio è diventato anche il protagonista del cinema. Ricordate il Charlie Chaplin di Tempi moderni, il film del 1936 del geniale attore britannico sulle vicende di un operaio, costretto quotidianamente a ripetere gli stessi gesti meccanici all’interno di una fabbrica? È l’orologio lo strumento che scandisce il tempo fin dalla prima scena del film. La catena di montaggio e l’orologio sono inestricabilmente legate, e così l’ansia che generano.

È facile sostenere che tutta la nostra società sia gestita dall’orologio, se consideriamo ad esempio che è tuttora l’unico vero gioiello da uomo. Un tempo veniva regalato per la laurea, oggi le cose sono diventate un po’ più complesse. Perché l’orologio è diventato un micromanager, che gestisce anche gli spicchi più piccoli della nostra vita. Ne abbiamo interiorizzato il ritmo e ci arrabbiamo se un autobus arriva in ritardo di tre minuti, o se una pagina web ci fa aspettare un minuto prima di caricare, o se un Whatsapp non arriva a destinazione entro dieci secondi.

Ma questo non è naturale. Per secoli la nostra cultura, diceva il medievista francese Jacques Le Goff, è stata costruita attorno all’alternanza delle stagioni e ad altri ritmi: «L’era dominata da ritmi agrari, priva di fretta, incurante dell’esattezza, incurante della produttività».

Oggi è ancora così? Quando scaldiamo nel microonde la nostra cena surgelata i tempi sono indicati chiaramente: tre minuti alla massima potenza. Non due, sennò resta gelida, non quattro sennò brucia.

La mia proposta è questa: perché non compriamo orologi diversi, che funzionano in un altro modo? Ad esempio, cosa succederebbe se gli orologi suonassero (o vibrassero) solo due volte al giorno? La prima volta suonerebbero per svegliarci e dirci che bisogna andare al lavoro. Poi, quando suonano per la seconda volta, si smette di lavorare e ci si gode il resto della giornata, sapendo che da qui in avanti è tempo “libero”, cioè nostro.

Questo vorrebbe dire però che si spegne anche il telefonino, e con lui la mail di lavoro che ci segue sempre, il Whatsapp del capo che ci chiede una cosa in più fuori orario, l’app per scrivere la lista delle cose da fare domani alla quale già che ci siamo vorremmo dare una scorsa mentre i bambini giocano.

Chissà come potremmo fare. Chissà che economia ne verrebbe fuori. Chissà se saremmo felici.

Posso confidarvi un segreto? La mia era una domanda retorica: togliere le notifiche e spegnere tutto dopo che l’orologio ha suonato per la seconda volta secondo me ci farebbe solo bene: lavoreremmo meglio e con meno ansia. Dopotutto, se gli orologi hanno trasformato la società, perché noi non possiamo trasformare gli orologi?