Le opinioni

La vanità digitale degli Ego sospesi

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Professor Morace, a febbraio avevamo anticipato in una lunga intervista il passaggio dalla “Modernità Liquida”, teorizzata da Bauman, a una “Società Gassosa” caratterizzata da regole e comportamenti completamente diversi. Adesso è uscito – come ci aveva anticipato – Modernità Gassosa, il libro che racconta questa metamorfosi verso una società volatile in cui tutto diventa aleatorio: il lavoro, le relazioni, l’informazione, la democrazia. La società si sta polverizzando o sta esplodendo?

Entrambe le cose: i gas sono invisibili, ma spesso molto esplosivi… La differenza l’hanno fatta i social network e le piattaforme digitali onnipresenti nella nostra vita in cui l’esperienza quotidiana – dal lavoro alle relazioni sentimentali, familiari, sociali – viene sminuzzata e riproposta in “pacchetti di informazione” (dati, post, immagini, storie, commenti) che rimangono in “sospensione”, proprio come la polvere: volatile, aleatoria, in preda ai quattro venti. Anche la nostra identità personale rischia di polverizzarsi perdendo i riferimenti che da sempre ci definiscono: l’appartenenza familiare, professionale, il nostro ruolo in società e nella comunità. Neanche il consumo e gli stili di vita, sempre più personalizzati e poco lineari, ci aiutano in questo esercizio di riconoscimento reciproco e la pervasività del digitale contribuisce a questa volatilità di soggetti in una realtà che rischia di “esplodere”.

Il conflitto tra reale e virtuale dunque si aggrava? Come questo incide nel mondo del consumo?

Molti soggetti considerano lo spazio digitale come la cornice della propria identità e sappiamo che un quadro senza cornice non può essere appeso alla parete e reso visibile. Per molti soggetti (non solo giovani) senza una esposizione della vita personale non si esiste. In questo modo, i “social” hanno segnato il passaggio dal consumo materiale al consumo di sé, della propria esperienza, della propria immagine, del proprio aspetto fisico. Tutto avviene nel mondo virtuale, senza alcuna prova concreta: tutto può essere inventato, manipolato, ritoccato. San Tommaso, che vuole metterci il naso e toccare con mano, viene esiliato da questo mondo.

Il libro ha un sottotitolo inaspettato, che incuriosisce: Istruzioni di volo contro la sindrome del pallone gonfiato. Qualcosa aveva già accennato nel nostro dialogo a febbraio. Ci può spiegare meglio? 

Nel libro ricordo che i social permettono a chiunque di mostrarsi al mondo: inevitabilmente il cielo si riempie così di palloni gonfiati, personaggi che pompano il proprio Ego come fossero la rana di Esopo, per poi spesso «scoppiare» precipitando miseramente al suolo. A rischio sono naturalmente i più giovani che si illudono di poter diventare influencer e guadagnarsi così da vivere, allontanandosi dalla dimensione della responsabilità e della competenza necessaria in ogni lavoro. Capita così sempre più spesso di incontrare individui con un Ego esagerato ed esagitato: ragazzi che vivono borderline lanciando challenge (sfide – ndr) allucinate mettendo a repentaglio la loro vita e quella degli altri; belle ragazze che giocano a fare le regine della seduzione limitandosi a esibire le proprie forme; bambini e gatti con milioni di followers. Nell’affrontare i 4 capitoli del libro (evaporazione, sospensione, contaminazione ed esplosività) si scopre che dietro a questa sindrome c’è molto altro: c’è l’evaporazione delle competenze, il dileguarsi degli interlocutori e del desiderio, l’insinuarsi allucinato di algoritmi che intossicano la conoscenza, la sollevazione di movimenti che provano a incalzare il potere politico «piantando le tende» e fronteggiando le istituzioni che cercano di «ancorare» le loro decisioni in una modernità liquida che ormai non esiste più. Le istruzioni di volo riguardano le creature volanti (colibrì, stormi, farfalle ma anche alianti, mongolfiere e deltaplani) che possono insegnarci come affrontare la sfida del volo, inevitabile negli anni della modernità gassosa: la leggerezza dell’aliante che sa sfruttare le correnti aree; il rischioso virtuosismo del deltaplano che con coraggio “muscolare” si lancia nel vuoto; ma anche la velocità di reazione del colibrì che sa volare in retromarcia, o il delicato battito d’ala della farfalla che dall’altro parte del mondo può provocare una tempesta. Nel fornire queste istruzioni ho cercato di seguire un filo logico, che è psico-logico e socio-logico.

Quali fenomeni ha cercato di descrivere e quali sono per lei i più critici?

Ho affrontato il difficile compito di descrivere gli intrecci della nostra intelligenza con una supposta e dichiarata intelligenza artificiale; di comprendere le nuove forme di riconoscimento, e anche di individuare le strategie più o meno felici per affrontare un mondo aleatorio e sfruttare le correnti d’aria di una modernità gassosa in cui comunque sarà necessario staccare l’ombra da terra, come spiega mirabilmente Daniele Del Giudice nel suo libro con questo titolo, troppo presto dimenticato. Che si sia alianti o deltaplani, colibrì o storni, oppure farfalle dopo la metamorfosi.

Il libro ha comunque un finale incoraggiante, in cui si indicano le responsabilità che dovremo fronteggiare nel prossimo futuro: possiamo chiudere il nostro dialogo su questo?

Incoraggiare mi sembra un dovere professionale, per il mestiere che faccio. L’umanità ha la grande responsabilità di immaginare il futuro e non solo di vivere il presente in modo istintivo: non possiamo limitarci a rimanere sospesi, magari gonfiando il nostro Ego, ma dobbiamo affrontare il mondo guardandolo dall’alto della nostra immaginazione, con voli creativi; dobbiamo progettare il futuro sulla base della nostra volatilità, vivendo il presente e rileggendo il passato. Dobbiamo tessere un compromesso con il reale per poterlo sopportare: dobbiamo rappresentarlo, attraverso il respiro delle nostre idee, dei nostri desideri, delle nostre speranze, come ha fatto Meg Pagani con le illustrazioni che impreziosiscono il volume e che qui ringrazio. Ciò significa immaginare dei percorsi, dei processi, delle vere e proprie rotte di volo con le nostre mappe mentali.

Le mappe – e in particolare quelle delle menti creative – non servono a raggiungere una destinazione, ma a rappresentare il mondo con un respiro diverso, come qualcosa di bello e avventuroso. Se la bussola è sostituita dagli algoritmi, si finisce per perdere il senso dell’orientamento, ma anche il gusto della rappresentazione e del progetto. Non è colpa della Rete, ma della nostra pigrizia mentale, della mancanza di tempo, di energie, di coraggio. Rinunciare alla progettazione del pensiero significa rinunciare al costrutto più umano del nostro esistere per abitare il mondo, e questo non possiamo proprio permettercelo!