Le opinioni

L’imperativo della crescita e l’arte dell’abbastanza

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Quand’è che abbastanza è abbastanza? La domanda è meno peregrina di quel che sembra. Sapersi accontentare può essere una straordinaria risorsa, se impiegata bene. Lo insegna un guru per caso (e lui odierebbe essere chiamato così), cioè il saggista e cultore del minimalismo Patrick Rhone. Negli Usa il suo piccolo libro, disponibile solo online, sta andando forte. Si intitola “enough”: “abbastanza”. E per sottolineare il minimalismo della sua idea, anche l’iniziale del titolo è minuscola.

Il libro spiega con parole semplici che la ricetta per lavorare e vivere felici è fermarsi quando si arriva a fare o avere “abbastanza”. Quanto sia questo abbastanza è soggettivo, perché si tratta di una metrica personale. Però non si può barare: non vale l’idea di “abbastanza” di Giulio Cesare o di Napoleone.

Invece, spiega Rhone, non è necessario crescere a tutti i costi, non è necessario assumere solo per far vedere che si vale di più, non è necessario sottostare al ricatto delle trimestrali, che spingono a manovre ardite e alle volte suicide solo per portare a casa il segno più davanti agli indicatori del business. Più clienti, più fatturato, più prodotti? No.

Rhone non ha avuto un’idea particolarmente originale. C’è un buon numero di libri come il suo che puntano tutti più o meno allo stesso concetto: la vita è fatta per essere vissuta, non ha senso barattarla per il lavoro finalizzato a una crescita senza fine. Gli antichi lo sapevano bene: il mito di Sisifo, condannato dagli dei a spingere per l’eternità un enorme masso fino alla vetta dove finisce per rotolare di nuovo giù a valle, parla proprio di questo. Il filosofo francese Albert Camus gli ha dedicato uno dei suoi libri più importanti: senza un significato l’esistenza è irrazionale ed estranea a noi stessi, diventa solo uno spingere vanamente una pietra fino alla vetta, ogni giorno. Il termine della fatica di Sisifo è la morte o il suicidio. Il modo per uscire da questo che gli informatici chiamerebbero un “loop”, un circolo senza fine, è, secondo Rhone, sapersi accontentare. Capire che si può stare bene anche senza crescere. Che un’azienda che fa utili va bene così, non ha bisogno di rischiare tutto per continuare a ingrossarsi. Che un professionista che ha buoni clienti ha già sconfitto la precarietà.

Non dimentichiamo un’altra cosa, dice Rhone: negli ultimi settant’anni, dalla fine della guerra per intenderci (e Putin permettendo), tutti gli indicatori economici, sociali e scientifici mostrano che in Occidente stiamo vivendo il periodo migliore della nostra storia. Il benessere di oggi è superiore alla ricchezza di un faraone o di un re medioevale: vita più lunga, sapori e piaceri più intensi, storie più interessanti, amori più delicati e consapevoli, viaggi più esotici. Se abbiamo ancora sete di crescita, forse c’è un altro problema che non è quello del semplice progresso. Infatti, fermarsi quando è “abbastanza” vuol dire, secondo Rhone, riconoscere che non ci si può dissetare bevendo l’acqua del mare. L’obiettivo non è la crescita fine a se stessa ma trovare il punto di equilibrio.

Come si fa? Spiega Rhone: non è trovando ciò che è, o sarà, sufficiente per sempre. È impossibile. Bisogna invece scoprire gli strumenti e le strategie per trovare ciò che è sufficiente oggi e avere la flessibilità necessaria per adattarsi al cambiamento delle condizioni di domani. Il metodo per riuscirci, secondo Rhone, è il minimalismo. Cioè usare strumenti semplici per fare cose complesse, non inseguire le mode, non lasciarsi abbagliare dai miti della crescita o della decrescita, non farsi distrarre da chi complica tutto. La semplicità porta alla chiarezza della mente e permette di fare bene quel che si sa fare.

La semplicità del minimalismo e la capacità di sapersi accontentare di “abbastanza” sono l’arma che permette ai singoli di non crescere oltre al livello della loro incompetenza e alle aziende di non accelerare fino alla rottura dei motori. Bisogna stabilizzarsi alla giusta velocità di crociera, dice Rhone. “Abbastanza, allora, vuol dire viaggiare anche veloce, ma godendosi sempre il panorama”.