Nel Mondo delle Pmi

D’Amico (ConfimpreseItalia): imprese a rischio default

Scritto il

di Beppe Ceccato

«Lo scriva chiaro: non è un condono che favorisce l’evasione come mi hanno accusato di proporre in questi giorni. Semmai il contrario. L’abbiamo chiamato Giubileo, ma se le piace di più possiamo definirlo un reset, oppure una pace».

Guido D’Amico, 62 anni, presidente nazionale di ConfimpreseItalia, sindacato datoriale attivo da 27 anni, difende con forza la sua proposta:

Azzerare il debito che le micro, piccole e medie imprese hanno con lo Stato. È un grido d’allarme che non si può ignorare – sostiene.

Presidente, un po’ di cronaca: come siete arrivati al Giubileo?

«Tutto è nato da uno studio prodotto dal nostro Centro Studi nazionale: su un campione di 1.200 aziende distribuite in 109 comuni italiani, il 64,4 per cento di queste micro, piccole e medie imprese è risultato avere problematiche vere o presunte di debiti con lo Stato».

Quante imprese rappresentate come ConfimpreseItalia?

«Ottantamila per un totale di oltre 700mila dipendenti. Mille e 200 imprese sono un campione sufficientemente esaustivo. È una situazione devastante che viene suffragata da un’altra lettura, i dati del Mef che dicono che i contenziosi tributari di primo e secondo grado ammontano, al 31 dicembre 2022, a oltre venti miliardi di euro. Le aziende che devono soldi allo Stato si vedono chiudere le linee di credito con le banche e sono costrette a morire».

Quindi, sta sostenendo che il rischio default per molte imprese è più che concreto…

«La situazione non è delle migliori: se aggiungiamo i continui aumenti dei tassi bancari da parte della Bce e l’inasprimento delle informazioni provenienti dalla Centrale Rischi della Banca d’Italia che ormai è piena di segnalazioni d’allarme sui debiti di imprese nei confronti del sistema bancario e finanziario possiamo affermare che le Pmi si trovano in una situazione di pre-default assolutamente importante».

Mi sta dicendo che il pericolo default non è solo delle aziende?

«Senta, le micro, piccole e medie imprese costituiscono il 96,6 per cento di tutte le imprese iscritte in Camera di Commercio. Capirà che se la situazione è questa, a rischio è l’intero sistema Italia».

Però ci sono anche i crediti che le aziende vantano dalla Pubblica Amministrazione che, secondo l’ufficio studi della Cgia di Mestre, ammontano a 49,6 miliardi di euro per il 2022…

«Si potrebbe pensare a delle compensazioni, anche perché – ritorno ai possibili debiti delle imprese – si stanno aggiungendo anche le restituzioni dei prestiti Covid. Finita l’emergenza bisogna iniziare a pagare le rate. Un problema che si aggiunge a un altro problema. Una bomba che, se esplode, rischia non solo di mettere le imprese in ginocchio ma addirittura di cancellarle».

Quindi la soluzione sarebbe un colpo di spugna?

«No, affatto. Non si tratta di un colpo di spugna bensì di un Giubileo. Dobbiamo azzerare questi debiti con un versamento da parte delle aziende allo Stato di almeno il 20 per cento di quanto dovuto. Attenzione, “almeno”, quindi quella percentuale sarebbe la percentuale minima. Poi dipende dall’entità del debito, chi ne ha di elevati non potrà certo sperare in questo 20 per cento, ma sarà proporzionale a quanto deve. È un’operazione fatta per salvare le imprese, quelle che sono in crisi irreversibile devono chiudere. Non voglio sentir parlare di colpo di spugna o condono perché la nostra proposta è un’una tantum. Poi non se ne potranno fare più, ne riparleremo tra cento anni! Dobbiamo fare in modo di prevedere la ripartenza da un “anno zero”, senza colpi di spugna».

La sua proposta è stata criticata perché aiuterebbe gli evasori fiscali.

«Assolutamente no! Semmai è il contrario, sarebbe l’occasione per lo Stato di mettere un punto fermo anche sull’evasione fiscale. Se, in base ai controlli, tu evasore hai omesso di pagare il dovuto non puoi usufruire di nessuno sconto ma dovrai pagare quanto non hai pagato negli anni. Nel Giubileo, mi corregga se sbaglio, i peccati gravi non si perdonano. Se tu hai evaso, o paghi le tasse o ti chiudo. Potremmo definirla, un’operazione verità».

Cosa ne pensano le vostre imprese su questa proposta?

«Sta piacendo, sono disponibili a questa soluzione. Anche in parlamento abbiamo più posizioni favorevoli e pure nel Governo. Hanno capito che bisogna dare una chance alle micro, piccole e medie imprese di vivere e fare Pil».

Un’associazione con 80mila iscritti

ConfimpreseItalia nasce nel 1996 come Confederazione italiana delle micro, piccole e medie imprese. Un sindacato datoriale originato da alcuni imprenditori della già esistente Imprenditalia. Nell’organigramma, presidente onorario è il professor Emmanuele Emanuele, mentre il presidente nazionale dal 2020 è Guido D’Amico. «La Confederazione conta circa 80mila associati per un totale di 700mila dipendenti. Arriviamo a 100mila aziende per un milione di dipendenti se uniamo i pensionati, aziende agricole di cui non abbiamo la rappresentanza sindacale e duemila aziende più grosse delle Pmi», spiega D’Amico. «Abbiamo sottoscritto 17 contratti collettivi nazionali e siamo particolarmente rappresentativi nelle aziende del Terzo settore, tra i balneari, nella Sanità privata e gli ambulanti».