Nel Mondo delle Pmi

Goppion, l’arte di proteggere l’arte

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di Dino Bondavalli

Le loro teche sono come capsule spaziali che viaggiano nel tempo anziché nel cosmo. Nonostante la loro presenza punti a passare il più possibile inosservata, dietro alle vetrine realizzate dall’azienda milanese Goppion ci sono infatti una cura, uno studio e una ricerca paragonabili solo a quelli che la Nasa dedica alle proprie missioni nello spazio.

Eppure questa incredibile realtà che rappresenta il punto di riferimento a livello mondiale per la realizzazione di allestimenti e vetrine per i musei, al punto che le sue teche proteggono la Gioconda al Louvre, i Gioielli della Corona a Londra e la Dichiarazione di indipendenza firmata da Thomas Jefferson alla New York Public Library, resta un’azienda familiare con sede a Trezzano sul Naviglio, nell’hinterland meneghino.

A guidarla oggi è Alessandro Goppion, Cavaliere del Lavoro e rappresentante della seconda generazione nell’attività fondata a Milano da papà Nino nel 1952. Mio padre è stato sicuramente un antesignano sotto vari aspetti», racconta Alessandro. «Aveva intuito molto prima di altri che esporre è intrinseco nella natura umana, nel senso che qualsiasi cosa si produca, da uno scritto a un abito, si vuole vedere. Poi, aveva capito che intorno a Milano c’era una tale ricchezza di artigiani che non c’era bisogno di replicare quello che già esisteva in altre officine: meglio mettere a sistema le officine esistenti».

Alla base del successo di Goppion c’è, infatti, un modello che, se applicato in maniera organica dal nostro Paese, potrebbe fare la fortuna di un sistema produttivo ancora fortemente basato sulle piccole e medie imprese.

Fin dall’inizio ci siamo specializzati nelle fasi di progettazione, prototyping e assemblaggio.

Il resto, cioè la fase manifatturiera, viene affidato a un network di 220 specialisti sparsi nelle officine della Lombardia. Per ogni singolo pezzo, dalle cerniere ultra resistenti alle serrature a prova di Arsenio Lupin, dai sensori iper tecnologici ai vetri in grado di resistere all’esplosione di una bomba, si chiama in causa lo specialista di riferimento.

Il risultato? Un’azienda modello, che esporta il 90% della produzione in tutto il mondo e che è stata in grado di superare anche i colossi tedeschi, tradizionalmente leader del settore, grazie alla capacità di ritagliare in maniera sartoriale un abito su misura per ogni singola opera.

Non solo:

A distinguerci dai tedeschi è anche il fatto che noi siamo mossi da motivazioni complessive, che comprendono l’interesse per la museologia e la museografia, oltre che ovviamente per l’aspetto ingegneristico – prosegue Alessandro Goppion.

Un aspetto, quest’ultimo, molto più presente di quanto si possa immaginare.

Basti pensare che per le teche che custodiscono i gioielli della Corona inglese sono state utilizzate tecnologie fino ad allora ignote, applicando meccanica di precisione e ingegneria per un sistema che comprende controllo climatico e meccanismi di altissima sicurezza, testato a suo tempo dai servizi segreti inglesi.

O che alcune delle soluzioni adottate da Goppion per garantire la conservazione di opere nei più importanti musei al mondo sono frutto di un confronto pluriennale con la Nasa. Più innovativi di così…

Non è solo una questione di ricerca e di materiali

L’ultima sfida è rappresentata dal lavoro per la Biblioteca del Congresso americano a Washington. Goppion ha, infatti, vinto la gara per la fornitura di oltre venti teche per l’esposizione permanente e per quella temporanea all’interno della biblioteca che custodisce la più grande raccolta di libri al mondo, con un catalogo che conta 170 milioni di titoli tra cui una copia della Bibbia di Gutenberg, il primo libro stampato in Europa con la tecnica dei caratteri mobili nel 1455. Un lavoro che richiederà almeno un paio d’anni di tempo, dalla progettazione all’installazione, e che rappresenta un ulteriore fiore all’occhiello per questa realtà vanto del Made in Italy.

«È la prima volta che la Biblioteca del Congresso affida un lavoro a un’azienda straniera», spiega infatti Alessandro Goppion, la cui visione va comunque ancora più lontana.

«Noi investiamo moltissimo nella ricerca e nello studio dei materiali con l’idea che il Museo ideale dovrebbe conservare bene, perché altrimenti i nostri figli e nipoti perderanno gli oggetti da studiare e da vedere, presentare bene, perché altrimenti gli oggetti diventano insignificanti, e ampliare lo spettro dei visitatori, perché ancora oggi non tutti hanno accesso ai musei».