Nel Mondo delle Pmi

I fabbri 4.0 che forgiano i tetti apribili delle supercar

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di Dino Bondavalli

Da piccola azienda artigiana con 8 dipendenti e contratti di subfornitura, ad attore protagonista nel settore dello stampaggio a caldo e delle lavorazioni meccaniche, con clienti del calibro di Ferrari, Maserati, Porsche, Bmw, Audi e Aston Martin nell’automotive, di Alstom nel ferroviario e di Framatome nel nucleare. Se non è un piccolo miracolo, quello realizzato da Cisla (Costruzioni industriali stampaggio lavorazione acciai) – azienda del Canavese leader nello stampaggio a caldo di acciaio, lavorazioni meccaniche e assemblaggi – è comunque un salto di qualità e dimensione che ben rappresenta le straordinarie possibilità del genio imprenditoriale italiano.

Operativa in quel lembo della provincia di Torino che rappresenta storicamente una sorta di piccola Ruhr, capace nel corso dei decenni di imporsi come area strategica non solo a livello nazionale, ma anche internazionale, al punto da concentrare il 60% della produzione nazionale di stampaggio a caldo e il 30% di quella europea, Cisla ha infatti saputo cambiar pelle per mettere a frutto un know-how e una qualità in grado di far la differenza sui mercati di mezzo mondo.

Fondata nel 1962, questa realtà con sede a Busano (Torino) è specializzata nella produzione e nel forging di precisione di supporti, leve, impianti frenanti, forcelle e bracci meccanici. Componenti la cui presenza su un’auto, su un treno o in un impianto per la produzione di energia nucleare passa pressoché inosservata, ma la cui precisione e affidabilità sono fondamentali non solo per il buon funzionamento degli apparecchi, ma anche per la sicurezza di chi li utilizza.

È il caso, ad esempio, di uno dei prodotti di spicco di Cisla, l’ossatura delle capote delle auto convertibili più desiderate dagli appassionati. In questo caso i sistemi Made in Piemonte equipaggiano l’Aston Martin DB11 Volante, la Ferrari Portofino, la Porsche Boxster, la Bmw Z5, l’Audi R8 Spyder e molte altre auto da sogno.

Non solo. «A partire dagli anni Novanta, quando abbiamo cominciato ad espanderci all’estero dotandoci anche di tutte certificazioni e omologazioni necessarie per operare su mercati diversi, abbiamo cercato di differenziare anche i settori in cui operavamo», spiega Giancarlo Buffo, amministratore delegato e rappresentante della seconda generazione nell’azienda fondata dal padre oltre 60 anni fa.

Oggi lavoriamo per l’automotive, il ferroviario, l’energetico, l’edile, ma anche per il wellness, per i marchi leader nelle attrezzature per palestre. E lo facciamo destinando il 60% della produzione ai mercati internazionali, cosa che, assieme alla differenziazione, ci consente di assorbire le evoluzioni dei diversi mercati e settori.

La capacità di arrivare dove altri non arrivano e di trovare soluzioni ingegnose e su misura per le esigenze dei clienti non è però l’unico segreto del successo di Cisla. Se l’azienda è riuscita a consolidare la propria posizione a livello internazionale, dove i mercati principali sono Francia, Spagna, Belgio, Svezia, Brasile e Stati Uniti, e superare quota 10 milioni di euro di fatturato pur mantenendo dimensioni contenute (una settantina di dipendenti), è anche grazie a una visione di comparto che in Italia rappresenta – purtroppo – un’eccezione anziché la regola.

«Il Canavese occidentale ospita circa 200 operatori tra catena produttiva, stampaggio e lavorazioni meccaniche, che ogni anno generano oltre 3 miliardi di euro di valore», spiega Buffo. «Sono tutte aziende medie o piccole, in linea con le caratteristiche del sistema italiano, attorno alle quali abbiamo cercato di creare massa critica per sollecitare le istituzioni agli investimenti strutturali di cui il territorio ha bisogno, come quelli sulla viabilità, la banda larga e l’energia».

Una visione strategica di cui Buffo si è ora fatto portatore su scala più ampia. Tanto da pubblicare il saggio intitolato “Localismo strategico. Un nuovo modello di sviluppo” (edito da Hever). Una proposta che promuove la centralità delle comunità e degli Enti locali in risposta alla crisi della globalizzazione e agli effetti dell’inflazione, della crisi energetica e della svendita all’estero di grandi aziende e gruppi italiani. Perché anche partendo dal piccolo si può dare il via a una grande rivoluzione.

La piccola Ruhr del Canavese si candida a Forging Valley” italiana

Dare vita a una Forging Valley, un distretto della forgiatura, riunendo tutta la filiera della piccola Ruhr italiana. E valorizzare la cultura e il know how sviluppati in oltre un secolo di storia nel Canavese, mettendo a sistema l’esperienza positiva che ha consentito a una piccola azienda artigiana di diventare punto di riferimento per i più importanti brand mondiali dell’auto, del settore ferroviario e dell’energia.

È un progetto ambizioso, ma che potrebbe rappresentare la svolta per un comparto che negli ultimi 12 mesi ha dovuto fare i conti con la carenza di materie prime e con l’esplosione dei costi dell’energia, quello che Giancarlo Buffo vorrebbe realizzare sul suo territorio. Il modello potrebbe essere quello della Motor Valley e della Food Valley dell’Emilia Romagna, nelle quali sono stati messi a sistema una cultura industriale e una capacità di sviluppo e produzione straordinarie.

«Stiamo lavorando a un modello che per il momento ha portato alla nascita di una banca di credito cooperativo, ma che sicuramente può offrire grandi occasioni per sfruttare e valorizzare il cluster che si è sviluppato nel nostro territorio», conferma Buffo.