Nel Mondo delle Pmi

Internazionalizzazione, consigli per le PMI

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di Fredrik Meloni

Internazionalizzazione: se ne legge e se ne sente parlare sempre più spesso nei trattati economici, negli articoli di settore e in quelli generalisti, nei bandi, nelle tribune politiche, un po’ sulla bocca di flebili imprenditori. Già nel nome è insito l’anelito verso i mercati esteri, mercati che sono in molti casi indispensabili per la crescita e in alcuni casi la sopravvivenza delle aziende nostrane.

Cosa serve per conquistare i mercati esteri? Come si approcciano? Partiamo da queste due domande, ve ne sono molte altre ma con una materia così delicata è meglio procedere con ordine partendo dalle basi.

Serve prima di tutto avere le idee chiare sul budget a disposizione; da questa riflessione dipende la strategia, fermo restando che al di sotto di certe cifre alcuni mercati e alcuni approcci sono preclusi. Una volta deciso il quanto, si deve commissionare una ricerca/analisi di mercato.

Questa ricerca dovrebbe includere l’analisi delle dimensioni del mercato, della concorrenza, dei trend di acquisto dei consumatori, della regolamentazione e delle normative locali, della legislazione, della tassazione e delle eventuali barriere all’entrata. Senza un barlume di conoscenza, non ha sento avventurarsi in giro per il mondo. Si rischia di perdere soldi e tempo nei migliori dei casi e cause legali, furto di proprietà intellettuale, screditamento del marchio nei casi peggiori.

Già il fatto di commissionare una ricerca di mercato a un professionista che lavora nel mercato di interesse denota una qualità la cui mancanza frena ancor di più della mancanza di fondi la maggior parte degli imprenditori italiani: la fiducia verso i consulenti. In anni passati al fianco di aziende, nel loro percorso di internazionalizzazione, i ragionamenti che mi hanno in molte occasioni fatto cadere le braccia erano fondamentalmente basati su questo concetto: che bisogno ho di spendere in una ricerca di mercato quando posso trovare online le informazioni che mi servono e soprattutto sono già entrato con successo in altri mercati esteri…

Ragionamento che viene da lontano, quando i nostri prodotti gli stranieri venivano a chiederceli fin sulla soglia di casa e non vi era bisogno di troppa strategia e delle lingue straniere. Poi è arrivata la globalizzazione, è iniziata la concorrenza, si sono aperti mercati di sbocco nuovi e in alcune parti del mondo hanno cominciato a produrre con costi irrisori rispetto ai nostri. I clienti sono diminuiti e si è dovuto cominciare a pensare su come andare a procacciarseli.

Che alla fine internazionalizzazione, in termini pratici, vuol dire proprio questo: procacciarsi clienti e in alcuni casi fornitori che non vengono più a bussare alla nostra porta poiché di fronte alla visione del buyer perdiamo appeal rispetto ai nostri cugini francesi o teutonici. Ma loro offrono un prodotto e un servizio non qualitativamente superiore al nostro, ma con un packaging più evoluto.

Internazionalizzare vuole dire far crescere l’idea del prodotto/progetto italiano nella testa di chi non sa o non conosce il nostro vero valore.