Nel Mondo delle Pmi

Pasell dà peso alle lavatrici di tutto il mondo

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di Paola Guidi

Come accade spesso nella moda, nella meccanica e nella meccatronica, a vincere molte gare per forniture di parti e componenti fondamentali indette da colossi multinazionali sono le PMI italiane. Questo accade, e da decenni, anche per gli elettrodomestici tanto che i produttori turchi, tedeschi e americani e addirittura quelli cinesi, si servono da sempre da alcuni fornitori italiani di componentistica, considerati il massimo dell’affidabilità. È una regola ferrea soprattutto quando si tratta di un apparecchio considerato – sotto tutte le latitudini – fondamentale per la qualità della vita e dell’igiene della famiglia: la lavatrice. E c’è un componente della lavabiancheria, il contrappeso di cemento (o di ghisa) che è la base – molto solida ovviamente – sulla quale la avellinese Pasell ha costruito un successo di portata internazionale.

Senza il contrappeso – in realtà un sistema complesso di contrappesi – la macchina durante la centrifuga andrebbe in giro per il bagno. Le prime lavabiancheria, che ne erano prive, dovevano essere imbullonate al pavimento. La Pasell costituisce un caso clamoroso perché vanta tre primati, a partire dal suo posizionamento: pur con un fatturato di 36 milioni di euro è oggi la numero 1 europea (e una delle pochissime al mondo) dei contrappesi per decine di milioni di lavatrici di tutti i brand, dopo aver scalzato di recente un’azienda slovena e dopo aver battuto i competitor asiatici.

Secondo primato: la tecnologia, anche se riesce difficile considerare il lato hi-tech del cemento e della plastica. Ma che, prima di tutto, è dotata di una flessibilità unica per rispondere con immediatezza ai cambiamenti della domanda.

«Abbiamo sempre dovuto fare innovazione, e in particolare innovazione digitale, anche se costretti a non brevettare i risultati per non renderli noti e quindi copiabili – sottolinea Francesco Amitrano, il direttore commerciale e contitolare con i due fratelli Salvatore e Roberto – ed è con la tecnologia che abbiamo reso altamente affidabili e speciali i nostri contrappesi. Anche perchè i costi di produzione, per chi come noi lavora al Sud, sono appesantiti da un 25% in più dovuto alla distanza dai nostri clienti. Noi da sempre siamo in grado di trarre dai materiali di scarto, come l’ossido di carbonio che è un prodotto di lavorazione delle acciaierie, un insieme di contrappesi molto calibrato».

In parole semplici, il materiale di scarto non ha un peso costante e questo rende particolarmente complesso progettare e fabbricare contrappesi poiché la loro affidabilità, e quella di tutta la macchina e del suo funzionamento, è basata in gran parte su una loro estrema precisione. Per rendere ancor più chiaro il grado di R&S di questa PMI globalizzata, ecco come commenta Salvatore Amitrano (uscito dall’azienda per impegnarsi in ambiziosi programmi di eco-sostenibilità) questo percorso di digitalizzazione di Pasell:

Il contrappeso viene descritto come una semplice pesante pietra. Noi la stiamo facendo diventare una pietra parlante che dialoga con IoT (l’Internet delle Cose, ndr).

È così che la società condivide con il secondo competitor il 70% del mercato europeo.

In più noi vantiamo un brevetto che ci distingue: riusciamo a fare del cemento a matrice plastica –aggiunge Francesco Amitrano – partendo da plastiche inquinate che sappiamo trattare trasformandole in un componente privo di tossicità.

Il terzo primato è quello di aver attuato sin dal lontano 1994 un costante programma di eco-sostenibilità aziendale, avendo anche contribuito in modo determinante alla fondazione del Global Compact Campania. Dal 2005 la Pasell è membro del Global Compact delle Nazioni Unite, iniziativa nata per incoraggiare le aziende di tutto il mondo ad adottare politiche sostenibili e conformi ai principi responsabilità. E periodicamente pubblica un rapporto COP (Communication on progress) per mostrare e aggiornare sulle attività realizzate in 4 aree: diritti umani, lavoro, ambiente e antitrust.

ll gruppo Pasell mantiene la sua base in Italia anche nei periodi più difficili. Quando nel 2021 la Whirlpool, il principale cliente, ha chiuso la sua grande fabbrica di Napoli, si temeva che l’azienda trasferisse la produzione in uno degli stabilimenti in Polonia, in Slovenia o in Turchia. «Non l’avremmo mai fatto – sottolinea Francesco Amitrano – la nostra azienda ha acquisito una credibilità internazionale proprio perché le competenze, i progetti, l’innovazione sono tutti italiani. Il nostro Dna rimane ad Avellino, siamo fortemente legati al territorio. Non solo: è anche aumentata l’occupazione dei giovani e del personale qualificato. E, pur avendo la Whirlpool cancellato di recente a causa della crisi della domanda internazionale, ordini per 1 milione di lavabiancheria e la turca Arcelik ordini per 700mila, abbiamo resistito».

Da azienda di manufatti a multinazionale tascabile

Sono gli anni ruggenti del boom italiano, gli anni ’60, quando i fratelli Amitrano, Giuseppe ed Angelo, avviano a Napoli una attività nel settore dei manufatti di cemento con la “Amitrano Andrea”, che ben presto diventa un’impresa di successo. Li contraddistingue un grande dinamismo in linea con un Paese che vuole ripartire con slancio per ricostruire il suo futuro. È così che il rampante Giovanni Borghi, deciso a espandere nel Sud del Paese la sua giovane azienda produttrice di elettrodomestici, la IRE -Industrie Riunite Elettrodomestici-Ignis (oggi Whirlpool), propone agli Amitrano di produrre per la sua nuova fabbrica aperta proprio a Napoli, i contrappesi in calcestruzzo per le lavatrici.

L’azienda cresce man mano che l’industria italiana del bianco diventa protagonista dei cambiamenti della famiglia italiana ed europea, sfornando frigoriferi e lavabiancheria di tecnologia e design moderni. A partire dagli anni 80 i fratelli Amitrano aprono manifatture di componenti nella provincia di Avellino e di Salerno e, infine, nel 1994 a Forino fondano l‘attuale  Pasell e installano anche fabbriche in Europa. Soprannominata sin da allora, la multinazionale tascabile del Sud, è una atipica azienda familiare: atipica perché, pur mantenendo ben salda in famiglia la proprietà (33% a ciascuno dei tre fratelli Amitrano) esce ben presto dai confini non solo locali ma anche nazionali. Con un dinamismo che i fondatori hanno saputo trasmettere ai figli Francesco, Salvatore e Roberto, attuali contitolari della società. E infatti già alla fine degli anni 90 gli Amitrano sapevano destreggiarsi con abilità nel difficilissimo mercato mondiale della componentistica, pur insidiati dai competitor asiatici ma soprattutto alle prese e alla pari con i loro clienti, europei, cinesi, turchi, americani, tutti giganti del settore.

Laureati, in continuo movimento tra le diverse sedi e fabbriche in tutta Europa, hanno fatto qualcosa che altri piccoli imprenditori italiani non sempre riescono a fare: tessere una rete internazionale di conoscenze e di rapporti molto stretti con i vertici di multinazionali molto più grandi e potenti e con illustri esponenti di centri di ricerca e cultura internazionali. Così, con lo stesso  dinamismo dei genitori, i fratelli Amitrano hano fatto ripartire, durante e dopo il Covid, rapidamente e con grandi innovazioni l’internazionalizzazione del gruppo, tanto che anche il “Financial Times” li ha consacrati quale simbolo della straordinaria ripartenza economica dell’Italia.