Scenari

Francesco Bertolini: ambiente

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di Francesco Bertolini (SDA Bocconi – Presidente Brands4sustainability)

Tutti sapevano che i mondiali di calcio in Qatar erano risultato di tangenti distribuite a pioggia; ma andava bene così, nonostante i dubbi e i problemi che questa scelta avrebbe generato, sul fronte dei diritti e su quello ambientale.

Se penso ai mondiali di calcio, mi viene stranamente automatico collegare questa scelta ad altre che l’Unione Europea ha fatto in questi ultimi tempi.

Cos’è che spinge un continente a suicidarsi economicamente? Alcuni esempi spiegano bene questa strategia. Il Parlamento dell’Unione e gli Stati membri hanno appena raggiunto un accordo per vietare nei Paesi Ue l’importazione di prodotti che contribuiscano, direttamente o indirettamente, alla deforestazione.

Detta così difficile essere contrari, nessuno vuole distruggere l’habitat dell’orangutan o della tigre di Sumatra per far posto a piantagioni di olio di palma.

Come sempre la realtà è molto più complessa; la commissione inizialmente aveva inserito tra i prodotti oggetto del regolamento bovini, cacao, caffè, olio di palma, soia e legno, compresi i prodotti industriali ottenuti con queste materie prime come pelle, cioccolato e mobili, per poi aggiungere gomma, carbone, carta e una serie di derivati dall’olio di palma, che viene utilizzato  per mille applicazioni fuori dal settore alimentare come ad esempio dentifrici, saponi, polveri detergenti e prodotti cosmetici in generale.

La commissione ovviamente desidera un mondo ideale, dove i bambini studiano felici, i lavoratori delle piantagioni sono pagati come un operaio della Ferrari, e dove siano egualmente distribuiti tra tutti i colori di pelle così da non comunicare l’immagine di gerarchie tra le razze, eccetera eccetera.

Probabilmente chi scrive queste normative non ha mai lasciato le stanze del Parlamento europeo e non ha mai visto una piantagione di palma, di cacao, di pulp and paper in Indonesia, nell’Amazzonia brasiliana o in Costa d’Avorio. E soprattutto non ha idea di come si modificherebbero i prezzi dei prodotti finiti che arrivano nei nostri supermercati se un approccio di questo tipo venisse implementato fino in fondo.

L’utopia di un mondo senza diseguaglianze rischia di crearne sempre di più, visto che l’illusione europea è appunto solo qualcosa che non può essere realizzato se non a prezzo di una distruzione totale di molte filiere industriali, non solo agroalimentari con conseguente disoccupazione di massa e povertà, sia nei Paesi di origine che nei paesi di trasformazione.

Le alternative sono due: o l’Europa rinuncia a tutti i prodotti che non rispettano standard ambientali e soprattutto sociali irrealizzabili (sul primo punto le grandi imprese hanno fatto enormi progressi negli ultimi anni), e non solo ai prodotti che utilizzano l’olio di palma, diventato suo malgrado il responsabile di tutte le deforestazioni del mondo – quando, in realtà, ha le stesse responsabilità di banane, ananas, caffè, cacao, avocado, per non parlare della carne, responsabile del 60/70% della deforestazione dell’Amazzonia, diventando un continente autarchico – oppure prende atto che esportare  valori in Paesi e culture che questi valori non li hanno genera gli stessi disastri ottenuti da chi ha voluto esportare la democrazia con le guerre.

La lotta alla deforestazione è solo l’ultimo atto di una politica suicida, che non tiene conto delle conseguenze “di sostenibilità nel suo reale concetto” che queste scelte generano. La messa al bando dei motori endotermici dal 2035, il divieto di compravendita e affitto di immobili con classe energetica ritenuta non idonea con i desideri di Bruxelles e altre follie sono risultato di un approccio ideologico totalmente sconnesso dalla realtà.

Una realtà dove solo l’8,2% della popolazione vive in regimi di democrazia compiuta, e dove questa minoranza, convinta della propria superiorità etica vuole trasferire il suo modello al mondo intero. Un approccio fasciocomunista tinto di verde, con spese militari in aumento permanente, un controllo sociale vieppiù spinto verso una transizione ecologica e digitale sempre più staccata dai problemi quotidiani delle persone. Se dietro a queste scelte ci siano “utili idioti” messi come figurine nei posti di governo, spregiudicati faccendieri pronti a vendere la sicurezza del proprio paese per sacchi di soldi o illusi e sinceri fautori di un mondo a impatto zero cambia poco: il risultato sarà comunque un disastro se non si cambia rotta.