Scenari

Intercettazioni: utili nelle indagini, dannose sui giornali

Scritto il

di Elisabetta Aldrovandi

Noi italiani vantiamo tanti primati. Quello di essere tra i popoli più longevi al mondo, per esempio. E quello di essere la nazione più intercettata d’Europa. I numeri parlano chiaro: nel 2021 sono state intercettate 95.379 utenze telefoniche, per un costo di 203 milioni di euro. Assai più di quanto avviene nel resto del Vecchio continente. In Germania, per esempio, sempre nel 2021 sono state 5.222 le utenze oggetto di intercettazioni, in Francia 22.958. Dove sta il motivo di questa differenza abissale?

Innanzitutto, in una normativa più stringente che ne rende difficoltoso l’accesso. In Germania, per esempio, la durata massima degli ascolti è di tre mesi prorogabili di altri tre mesi, e solo se vi sono ragioni precise che giustificano il prolungamento delle intercettazioni. In Francia, invece, la durata non deve superare i quattro mesi, allungabili di altri quattro. In entrambi i Paesi le intercettazioni sono autorizzate solo per determinati delitti e gli operatori che controllano le utenze non possono rivelarne il contenuto e sono tenuti al segreto istruttorio.

In Italia, la disciplina è applicabile a qualsiasi tipo di reato purché il mezzo di indagine risulti indispensabile ai fini investigativi, e questa caratteristica di necessità deve essere motivata dal Pubblico ministero che ne fa richiesta.

La normativa sulle intercettazioni, oggettivamente utilizzate con notevole frequenza, è stata cambiata più volte negli ultimi cinque anni. Le modifiche più importanti riguardano il divieto di trascrivere le conversazioni tra l’avvocato difensore e l’indagato, allo scopo di preservare il diritto di difesa, così come è stato introdotto il divieto di trascrizione, anche sommaria, delle frasi ritenute irrilevanti per le indagini, sempre che il Pubblico ministero non le ritenga importanti a tal fine. Si può ben dedurre la notevole discrezionalità di cui egli può godere nel momento in cui è sufficiente che motivi la necessità di trascrivere parti altrimenti considerate irrilevanti, perché queste siano riportate negli atti di indagine col rischio che siano poi pubblicate sulla stampa.

L’uso oggettivamente abnorme di questo strumento rispetto al resto d’Europa ha spinto molti politici, tra cui l’attuale ministro della Giustizia Nordio, a parlare di abuso, al punto da ritenere prioritaria e urgente la necessità di porvi rimedio con una modifica di legge che renda più difficoltosa la fuoriuscita delle trascrizioni di conversazioni captate che, spesso, nulla hanno a che vedere con l’oggetto del reato per cui si procede, ma che rischiano di diffamare pubblicamente l’indagato, creando uno stigma sociale e mediatico difficile da eliminare.

Peraltro, è necessario non limitarne eccessivamente l’accesso, poiché le intercettazioni rappresentano uno strumento di indagine fondamentale, soprattutto nei reati legati alla criminalità organizzata, dove frequenti sono le richieste da parte dei pubblici ministeri di mettere sotto controllo determinate utenze telefoniche, e altrettanto frequenti le autorizzazioni concesse dai giudici per le indagini preliminari.

La riforma immaginata dal ministro della Giustizia, stando ai suoi ripetuti interventi in Parlamento e sui mezzi di informazione, punta a limitare il ricorso alle intercettazioni a quei reati, come quelli di mafia e ai cosiddetti reati spia, in cui controllare le conversazioni e captare i messaggi tra gli indagati rappresenta un elemento indispensabile ai fini dell’accertamento della verità. Si punta a evitare, invece, che dichiarazioni che nulla hanno a che vedere col reato finiscano, nei vari passaggi giudiziari, nelle mani di chi, per mestiere, diffonde le notizie, il quale è ovviamente autorizzato a far circolare le informazioni di cui viene in possesso.

Una modifica è certamente auspicabile. Ciò che importa è proteggere quelle indagini in cui le intercettazioni sono uno strumento insostituibile per accertare responsabilità penali, specie quando si tratta di delitti che creano grave allarme sociale, come omicidi e violenze sessuali, non per forza collegati alla criminalità organizzata.