Scenari

L’inflazione dell’Eurozona scende a febbraio, ma meno del previsto: più lontani i tagli al costo del denaro?

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Di Giuseppe Marcata

L’ultimo dato sull’inflazione nell’Eurozona rianima il mai sopito dibattito sulle prossime mosse della Bce in materia di politica monetaria e sui tanto invocati tagli ai tassi di interesse, proprio alla vigilia della riunione del board della Banca centrale europea in programma il 7 marzo. L’inflazione, secondo la stima flash dell’Eurostat, è scesa al 2,6% su base annua a febbraio, in calo rispetto al 2,8% di gennaio, ma su livelli ancora elevati rispetto alle attese degli analisti. Secondo le stime, i maggiori responsabili dell’inflazione nell’Eurozona sono stati gli alimentari, l’alcol e il tabacco (+4% su base annua), seguiti dai servizi (+3,9%), dai beni industriali non energetici (+1,6%). Anche se meno pronunciato rispetto al recente passato, il calo dei prezzi dell’energia (-3,7% annuo) è la causa principale di questa tendenza al ribasso.

Dunque un altro passo del carovita verso il 2%, la linea del Piave fissata dall’Eurotower. Ma la velocità con cui scende non è quella auspicata.

«È importante notare che l’inflazione CPI core, il miglior indicatore di inflazione a medio termine, è scesa solo al 3,1% a febbraio dal 3,3% di gennaio – sottolinea Tomasz Wieladek, chief european economist della T. Rowe Price – Si tratta di una lettura significativamente più forte rispetto al 2,9% atteso dagli analisti. Mentre l’inflazione di base dei beni continua a essere debole, è preoccupante la dinamica dell’inflazione dei servizi destagionalizzata che è salita allo 0,51% (ipotizzando una stagionalità simile a quella dell’anno scorso). Indipendentemente dalla prospettiva, si tratta chiaramente di un dato molto forte sull’inflazione dei servizi»

Un dato che potrebbe quindi rafforzare la posizione dei falchi in seno alla Bce. Che continua a professare prudenza nella lotta all’inflazione, non ancora stata vinta, e che ripete come un mantra che i tassi resteranno sui livelli attuali finché servirà. L’istituto guidato da Christine Lagarde ribadisce che non si lascia guidare dalle attese dei mercati ma fa affidamento sulle proprie prospettive e analisi economiche.

L’inflazione dei servizi nell’area euro è il miglior indicatore dell’inflazione generata internamente, insiste Wieladek:

«Gli indicatori prospettici suggeriscono che potrebbe rimanere a lungo su livelli così elevati. Nell’ambito delle indagini congiunturali, siano esse del PMI o della Commissione europea, gli indici dei prezzi dei servizi sono aumentati per il quarto mese consecutivo e sono chiaramente a livelli significativamente superiori a quelli necessari per raggiungere l’obiettivo di inflazione. Le pressioni salariali, un fattore chiave dell’inflazione dei servizi, rimangono troppo forti. L’indicatore dei salari negoziati dalla Bce è salito al 4,5% e l’indicatore dei salari misurato da Indeed, molto seguito per tracciare il percorso della futura crescita dei salari, è salito ancora»

In questo quadro, «l’unica speranza di ridurre il passaggio di questi costi più elevati all’inflazione dei prezzi dei servizi – continua l’economista di T. Rowe Price – era quella di ridurre il margine di profitto. Ma questo richiede una domanda di servizi debole. L’ultimo PMI dei servizi suggerisce che l’attività dei servizi dell’eurozona non si sta più contraendo, il che significa che questo canale di aggiustamento sarà probabilmente più debole del previsto».

Questi dati insomma «legano le mani alla Bce, che dovrà mantenere una politica monetaria restrittiva più a lungo per ridurre la persistenza dell’inflazione dei servizi dall’economia». Nessuno si aspettava novità dalla riunione della prossima settimana, né da quella di aprile; quasi tutti gli addetti ai lavori prevedevano l’inizio dei tagli di interesse da giungo.

Ma ora i dati – se confermati – rischiano di far spostare il primo taglio oltre tale data. E quando la Banca centrale europea taglierà, conclude Wieladek, «probabilmente lo farà in modo graduale, forse una volta al trimestre piuttosto che a ogni riunione». Non solo:

«Non si può più escludere che la Bce debba eventualmente procedere a un nuovo rialzo se i dati continueranno a indicare un’inflazione dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato dei servizi in aumento e persistente»

Meno pessimisti altri analisti.

«Anche l’inflazione di fondo è scesa, proseguendo il trend in calo cominciato a luglio 2023, a conferma del fatto che i tassi d’interesse record stanno effettivamente avendo un impatto percepibile»

afferma Michael Field, european market strategist di Morningstar. «L’insieme di questi dati rafforza la richiesta di un taglio dei tassi da parte della Bce, possibilmente in tempi brevi».