Scenari

Segnali di cedimento per i prezzi, ma la bestia inflazione non è sconfitta

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di Giorgio Costa

I salari (e le pensioni) non aumentano in maniera proporzionale all’inflazione (del resto, se lo facessero la spirale inflazionistica non avrebbe mai fine) e allora non resta che contare sulla frenata generalizzata dei prezzi (sull’energia qualcosa si è visto, nonostante i rialzi delle ultime settimane) magari aiutata da altre iniziative (come il carrello tricolore) che qualche effetto lo stanno dando.

Tenendo però presente un fatto: per vedere i prezzi scendere passeranno anni, se mai scenderanno. «Sì perché – spiega  Tommaso Monacelli, professore ordinario di Macroeconomia alla Bocconi di Milano – quando l’inflazione diminuisce, i prezzi aumentano di meno, ma aumentano e noi ora stiamo assistendo ad una crescita meno forte». Sperando che non arrivino nuove sorprese dal quadro geopolitico internazionale sempre più incerto, con nuove possibili fiammate dell’energia, dalle condizioni meteo avverse e dall’evoluzione della crisi climatica.

Intanto a ottobre in Italia l’indice dei prezzi ha registrato per l’Istat il calo su base annua più accentuato da due anni a questa parte: +1,8% dal 5,3% di settembre (la diminuzione è dello 0,1% su base mensile). La drastica discesa del tasso di inflazione si deve in gran parte all’andamento dei prezzi dei beni energetici, in decisa decelerazione tendenziale per l’effetto statistico derivante dal confronto con ottobre 2022, quando si registrarono forti aumenti dei prezzi. Un contributo al ridimensionamento si deve inoltre alla dinamica dei prezzi dei beni alimentari (da +7,7% a +5%).

In Italia, peraltro, il fenomeno dell’inflazione  ha origine, da una parte, da  una forte domanda derivante dai trasferimenti pubblici originati dalle politiche di contrasto ai danni economici del Covid e, dall’altra, dall’incremento dei costi energetici. Del resto, nel 2022 abbiamo speso 52 miliardi a favore di famiglie e imprese. Una cifra importante, pari a 3 punti percentuali di Pil, che include anche i 17 miliardi di euro previsti dal decreto Aiuti bis. Il tutto si è tradotto in un incremento di salari e pensioni che ha fatto aumentare l’inflazione. Del resto, se consideriamo l’andamento su base annuale, l’inflazione viaggia ancora a livelli sostenuti ma, negli ultimi mesi, il trend è in discesa. In ottobre in Italia – spiega Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Cattolica di Milano – «l’inflazione è calata molto perché perché nello stesso mese di un anno fa era stato registrato un aumento dei prezzi molto consistente».

Bene così, dunque, ma senza trionfalismi: diversi centri studi segnalano che il carovita tornerà a salire nei primi mesi del 2025, per assestarsi intorno al 2% solo l’anno successivo.

L’economia italiana, in pratica, si sta già muovendo nella direzione di un raffreddamento dei prezzi aiutato anche da iniziative come il ‘carrello tricolore’, che comprende beni anche di alta qualità scontati, a lungo, del 10%. Tra esercenti, commercianti e parafarmacie, come ha precisato il ministro di Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso «siamo arrivati a ben oltre le 27mila adesioni con punti vendita distribuiti in maniera quasi uniforme su tutto il territorio in cui i cittadini possono trovare a un prezzo più contenuto beni di primaria necessità, non soltanto alimentari ma anche di largo consumo, di igiene per la casa e per la persona».

E con l’avvio del trimestre anti-inflazione le quantità acquistate presso la grande distribuzione nelle prime due settimane di ottobre sono ritornate a crescere mettendo a segno un +2%; una prima inversione di tendenza dopo dodici mesi di calo continuo delle quantità acquistate e, al contempo, la corsa dei rincari rallenta. Questo lo scenario presentato da NielsenIQ durante il Retail Forum organizzato nei giorni scorsi a  Milano da iKN Italy.

Da parte sua, l’inflazione è in una discesa rallentata, specie sul fronte energetico. «Però – spiega Lucio Poma, capo economista di Nomisma, professore di Economia applicata presso l’università di Ferrara – se mettiamo a confronto il prezzo sia della benzina sia del gas come materia prima, e poi confrontiamo con il prezzo alla pompa, vediamo come i prezzi alla pompa non scendano della stessa misura; di fatto se il petrolio è sceso del 36% la benzina è calata del 9% e se il gas è sceso del 70% il metano alla pompa solo del 20%. Questo perché c’è una specie di cartello implicito».

E, secondo Poma, la politica monetaria è assolutamente inefficace sull’inflazione che attacca il carrello della spesa: «Aumentare i tassi di interesse non fa diminuire i prezzi per i consumatori perché la componente transitoria dell’inflazione, il cosiddetto carrello della spesa, non è sotto il controllo della politica monetaria. E così Fed e Bce hanno  aumentato i tassi ma l’inflazione “core” non ha mollato più di tanto la presa».

Ora la salita dei tassi si è fermata, almeno provvisoriamente, anche se i “vecchi” aumenti ci costeranno, come calcola Carlo Cottarelli, circa 14 miliardi di maggiore spesa per finanziare il debito pubblico. Positiva la valutazione di Cottarelli allo stop agli aumenti deciso dalla Bce a fine ottobre: «Il livello di tassi di interesse resterà alto ancora per qualche mese – spiega – ma almeno abbiamo evitato un nuovo aumento dei costi degli interessi e un altro freno messo all’economia».

«Dopo 10 rialzi consecutivi non avrebbe avuto alcun senso logico proseguire con una politica monetaria così restrittiva», afferma da parte sua Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. Che aggiunge: «Sia chiaro che l’inflazione, come attestano i dati Istat sulla povertà con oltre 2 milioni di famiglie italiane che ci cascano, è una malattia più dannosa della cura della Bce, ma è evidente che la tempistica delle medicine era sbagliata. Prima la Bce ha negato che l’inflazione ci fosse, considerandola transitoria e ritardando così l’intervento, poi, per recuperare il tempo perso, ha fatto aumenti troppo ravvicinati».

Del resto che l’inflazione sia un problema lo dicono i numeri. Da gennaio 2021 a oggi, dati Nielsen, le famiglie italiane per acquistare lo stesso carrello hanno speso il 16% in più e nel corso degli ultimi dodici mesi a causa dell’inflazione hanno dovuto ridurre del 2,7% il numero delle confezioni comprate. Ma, come detto, le cose stanno lentamente cambiando.

«Ci sono i primi timidi segnali di una ripartenza dei volumi ma è prematuro stabilire una correlazione con il trimestre anti-inflazione» spiega Romolo De Camillis, retailer director di NielsenIQ. Che aggiunge: «Quel che è certo è che siamo di fronte a una effettiva discesa dell’inflazione a cui si aggiunge l’impegno delle imprese del largo consumo nel comunicare e rassicurare i consumatori sull’impegno a difendere il potere d’acquisto delle famiglie».