Sostenibilità

Dagli scarti del cibo gli oggetti di design che si riciclano

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di  Dino Bondavalli

Produrre lampade, oggetti di design e sgabelli partendo dal riutilizzo di bucce di arancia, fondi di caffè o altri scarti alimentari. E dar vita a una serie di prodotti che, al termine del loro ciclo, si possono smaltire con l’umido o compostare anziché finire in discarica.

È questa la rivoluzione avviata da tre giovani che hanno tradotto in un progetto concreto una delle tante proposte innovative nate sull’onda di Expo Milano 2015.

A realizzarla il team di Krill Design, startup milanese avviata nel 2018 che ha declinato il concetto di sostenibilità in un modo che nessun altro prima era riuscito a fare e che ha messo a frutto nel migliore dei modi lo straordinario stimolo dell’Esposizione universale milanese.

«Io avevo lavorato come manager per l’Expo di Milano», racconta Ivan Calimani, amministratore delegato della società fondata con Yack Di Maio e Martina Lamperti, che oggi ha una dozzina di dipendenti. «Lì ho avuto la possibilità di toccare con mano tante innovazioni fatte da istituti di ricerca e università, ma anche di vedere che spesso queste idee non venivano tradotte in prodotti reali da proporre al mercato. L’idea di Krill Design nasce così, partendo da uno dei grandi problemi che è quello della gestione degli scarti, in particolare di quelli organici, che ogni anno vengono prodotti in milioni di tonnellate».

La soluzione? «La nostra idea è stata quella di approfondire il tema delle plastiche di origine organica», prosegue Calimani. «Facendo molta ricerca e molti test siamo riusciti ad arrivare al Rekrill, un biopolimero completamente naturale e compostabile, che si può utilizzare per stampare in 3D e che si può produrre a partire da molti tipi di scarti alimentari».

Se i primi articoli realizzati sono stati dei contenitori per le bustine di zucchero e dei portatovaglioli per Autogrill, nati dal riutilizzo delle bucce di arancia raccolte nei punti vendita del gruppo, le possibilità esplorate successivamente sono molte di più. Dalla collezione di oggetti di design realizzati in collaborazione con Stefano Seletti per Sanpellegrino utilizzando gli scarti delle arance usate dal gruppo, agli svuotatasche e portaincensi fatti partendo da fondi di caffè.

Questo grazie a un processo che consente di adattarsi ai singoli ingredienti partendo da una stessa impalcatura, per cui il solo limite sembra essere quello della fantasia. Negli ultimi anni l’azienda ha, infatti, proposto collezioni realizzate partendo dagli scarti dei limoni e, appunto, dai fondi di caffè. Presto arriverà quella realizzata partendo dagli scarti dell’uva utilizzata per la produzione di vino.

«Siamo specializzati nella trasformazione in biomateriale di quella che rappresenta la parte di scarto, dalla quale partiamo per realizzare un biopolimero che ha caratteristiche simili alla plastica, ma è completamente biodegradabile e compostabile», sottolinea il co-fondatore. «Abbiamo un doppio fronte: da un lato realizziamo progetti con aziende che producono questo tipo di scarto, che trasformiamo in prodotti di ecodesign, dall’altro lavoriamo a progetti di economia circolare con realtà che vogliono trasformare quello che è uno scarto in una risorsa».

Il tutto con un contatto privilegiato con l’industria alimentare e i settori collegati. Tra le aziende partner di Krill Design, che lo scorso anno ha raddoppiato il proprio fatturato rispetto al 2021 e che nel 2023 conta di chiudere con un +50%, raggiungendo quota 1 milione di euro, ci sono infatti Nestlé, Cimbali, Lurpak e Veuve Clicquot, giusto per citarne qualcuna. Decisamente non male per una startup sostenibile.

Auto, nautica, cosmetica: dall’industria boom di richieste per usare il Rekrill

Un’impronta carbonica tanto bassa da garantire il 90% di emissioni in meno rispetto a un analogo prodotto in plastica. E una flessibilità di utilizzo tanto alta che dai prodotti di design si potrebbe presto ampliare a molti ambiti industriali in cui la riduzione della carbon footprint rappresenta una priorità.

Sono queste le caratteristiche che fanno del Rekrill un prodotto destinato a essere sempre più richiesto. «Grazie alla visibilità che stiamo avendo per i progetti di economia circolare, ci stanno contattando una serie di aziende dell’industria che vorrebbero utilizzare il nostro materiale in Rekrill per le confezioni dei cosmetici, per gli interni delle auto, per quelli delle imbarcazioni e tanto altro», conferma Ivan Calimani, amministratore delegato di Krill Design.

Se i prodotti di design sono richiesti soprattutto all’estero, a partire dai Paesi del Nord Europa, dagli Stati Uniti e dal Giappone, che concorrono a un export che assorbe circa il 90% della produzione, le partnership con le aziende sono soprattutto in Italia. L’interesse del comparto industriale rappresenta pertanto uno sviluppo che farà aumentare ancora più velocemente il volume e la quantità di prodotti realizzati con i biomateriali ricavati dagli scarti dell’industria alimentare, e non solo.

Oltre a scarti come bucce, semi, gusci e fondi di caffè, Krill Design lavora infatti utilizzando scampoli di lana, cotone e pelle. E la lista di materiali che possono trovare nuova vita grazie a questa formula magica, si arricchisce ogni giorno di più.