Inchieste

Come governare il progresso? L’Europa apripista

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di Antonio Dini

C’è un vero e proprio nodo delle regole attorno alle intelligenze artificiali. L’ha messo a nudo per prima l’Italia, con la decisione del Garante per la privacy di bloccare temporaneamente ChatGPT di OpenAI, ma sta diventando chiaro non solo in Europa che la nuova tecnologia pone opportunità e problemi nuovi e per questo deve essere regolata in maniera differente rispetto alle tecnologie digitali tradizionali.

Negli Usa, che sono in questo momento il “motore” della crescita delle AI, in realtà non c’è un piano federale per stabilire i confini all’addestramento e all’utilizzo delle AI, ma solo delle consultazioni pubbliche, volute dall’amministrazione Biden per studiare un pacchetto di misure che rendano responsabili gli sviluppatori delle intelligenze artificiali in caso di problemi. Un’idea vaga, quindi. Per questo anche là si va a rimorchio dell’Europa, che in questa fase sta facendo da “poliziotto” mondiale. Infatti, è a causa dell’Ue che OpenAI, ad esempio, ha messo in pausa l’ultimo modello di ChatGPT: il fondatore dell’azienda Sam Altman ha deciso di tirare il freno a mano su Gpt-5 perché stanno fioccando le indagini da parte delle autorità e garanti nazionali europei.

Oltre al lavoro dei singoli garanti (in Italia e poi in Francia, Germania e Spagna) il Comitato europeo per la protezione dei dati ha istituito una task force su ChatGpt. Si tratta del primo organo al mondo di questo genere, nato esplicitamente a seguito dell’iniziativa italiana. L’obiettivo è costruire una definizione comunitaria delle regole relative al rispetto della privacy per le intelligenze artificiali. È la base per lo “AI Act”, la legge sulle intelligenze artificiali, che non ha l’obiettivo di vietarne l’uso bensì di circoscrivere e monitorare il funzionamento di questi strumenti nel Vecchio continente.

Anche Australia, Canada e Giappone hanno avviato indagini, intanto, mentre rimane una grande incognita: cosa sta facendo la Cina? Dal punto di vista geopolitico Pechino è il grande avversario degli Usa nella corsa tecnologica, incluse le Intelligenze artificiali. Ma l’agenda è tenuta parzialmente nascosta e ci sono forti investimenti da parte del settore pubblico e militare cinese dei quali non arrivano dettagli nel resto del mondo. L’idea di fondo è che Pechino stia facendo di tutto per agganciare e superare gli Usa: infatti l’autorità di regolamentazione del cyberspazio cinese ha presentato al governo e a Xi Jinping una proposta di regolamento sui sistemi di intelligenza artificiale sviluppati dallo Stato, con lo scopo di aiutare le grandi aziende cinesi a sfidare (e vincere) OpenAI e gli altri campioni americani.

In tutto questo in Europa, dove non abbiamo una produzione di tecnologie hardware significativa e quindi non siamo in grado di competere dal punto di vista tecnologico con la potenza di calcolo necessaria ad addestrare e utilizzare le AI, ci siamo ritagliati un ruolo nello sviluppo di software e soprattutto in quello della regolamentazione del settore. Cercando di trasformare lo scontro dalla pura tecnologia (dove non siamo competitivi) al tema delle regole e dei diritti.