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Durigon: nel 2024 addio alla legge Fornero

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Cominciamo quando tutto è cominciato, primo governo Conte, quando tra polemiche e dubbi lei diventa per conto della Lega il papà della cosiddetta Quota 100, il primo passo per scardinare la legge Fornero. Il bilancio oggi qual è?

“Ricordo bene sia le polemiche sia i dubbi che sollevarono le nostre contestazioni alla legge Fornero. Polemiche e dubbi che ritenevo allora e ritengo oggi abbastanza strumentali. La legge Fornero è fatta male, toglie certezze e penalizza chi esce dal mondo del lavoro. Cambiarla era possibile e lo abbiamo fatto nonostante chi era all’opposizione, in particolare modo il Pd e la sinistra, riteneva che non fosse possibile. Invece il governo, grazie alla Lega, ha introdotto Quota 100, una riforma che ha funzionato, ha permesso a migliaia di persone di andare in pensione con regole certe senza mettere in crisi i conti pubblici e dell’Inps. Ma, come giustamente ha ricordato lei, si tratta solo del primo passo per superare definitivamente la legge Fornero”.

Veniamo alla legge di bilancio di questi giorni. Siamo arrivati a Quota 103. Vogliamo spiegare bene?

“Dal primo gennaio, se non si interviene, ritorneremo alla legge Fornero. Dobbiamo evitarlo, ma il contesto economico in cui ci muoviamo ci impone prudenza. Dobbiamo agire per gradi. Il primo passo è sostituire Quota 102, che dal primo gennaio non sarà più in vigore: dal prossimo anno non si potrà più andare in pensione con 64 anni di età e 38 di contributi. La nuova Quota 103 farà scendere l’età anagrafica a 62 anni, ma alzerà il tetto minimo di contributi, 41 anni. Si tratta comunque di una misura provvisoria, l’obiettivo è superare definitivamente la legge Fornero a partire dal 2024, quando faremo una riforma organica. Questo provvedimento temporaneo consentirà a 40-50mila lavoratori di uscire dal mondo del lavoro e avrà un costo di circa un miliardo – che verrà coperto da risparmi che effettueremo nelle pieghe del bilancio dello Stato – con un piccolo trascinamento nel 2024, quando ci sarà la riforma”.

C’è chi dice che senza una riforma complessiva del complicato sistema pensioni non si va da nessuna parte, come dire che quelle che state facendo sono palliativi. Cosa risponde?

“Rispondo che sono perfettamente d’accordo. Serve una riforma complessiva e organica del sistema pensionistico italiano. L’ho spiegato poco fa: l’obiettivo del governo è arrivare a una nuova disciplina e al superamento definitivo della legge Fornero il prossimo anno. Ma non definirei Quota 103 un palliativo. Si tratta di una misura ponte, certo, ma anche con Quota 102 del governo Draghi è stato così. Con la differenza che Quota 102 è stata pensata per 16mila persone ed è stata scelta da circa la metà dei potenziali interessati. Quota 103 invece, per come l’abbiamo concepita, riguarderà il quadruplo delle persone. Definire questo un palliativo mi sembra francamente ingeneroso.

Per fare una riforma complessiva delle pensioni ci vogliono denaro e tempo, bisogna discutere giustamente con i sindacati. E questo governo, quando si è insediato, tutto aveva meno che il tempo, purtroppo. Questa è una legislatura anomala, si è votato a fine settembre, di fatto è cominciata a fine novembre. Il governo ha subito dovuto affrontare le questioni più urgenti, su tutte naturalmente il caro-bollette che assorbirà pressoché la totalità delle risorse disponibili. In campagna elettorale avevamo promesso Quota 41, voluta anche dai sindacati, e così sarà. Avevamo promesso il superamento definitivo della legge Fornero, e anche questo avverrà. Ma una legislatura dura cinque anni, non quattro mesi”.

Con i pochi soldi di adesso si poteva fare poco, ma in futuro?

“Auspichiamo di arrivare a una riforma organica e complessiva a partire dal 2024. L’obiettivo sarà intanto separare la spesa per assistenza da quella per la previdenza, per dare un segnale di sostenibilità delle pensioni italiane all’Europa e ai mercati. Credo inoltre sia necessario introdurre una flessibilità in uscita per tutti, a partire da una certa età e tenendo conto che il metodo contributivo sta diventando prevalente tra i lavoratori. Rivedremo tutte le uscite anticipate, con un occhio di riguardo a giovani, donne e mestieri usuranti. Nella riforma verranno anche inserite e ristrutturate Opzione Donna e Ape Sociale”

Al di là delle questioni tecniche o della sostenibilità economica, il problema è sempre lo stesso, ovvero che visione si ha, complessiva, della terza età nella nostra epoca e nelle nostra democrazia.

“La terza età oggi è molto diversa da come veniva concepita all’inizio del Novecento o anche nella seconda metà del secolo scorso. Oggi si vive di più e si vive meglio, grazie ai progressi della scienza e della medicina, a una maggiore consapevolezza sull’educazione alimentare, al maggiore benessere economico delle famiglie. E tutto ciò rappresenta naturalmente una bellissima notizia. Ma ha dei costi elevati. Perché più si allunga l’aspettativa di vita più lo Stato paga per le pensioni. E il sistema si regge soltanto se chi verrà dopo di noi sarà in grado di sostenerlo.

Tradotto: se i giovani lavorano ci saranno i contributi per pagare le pensioni, altrimenti il sistema va in tilt.

La nostra democrazia ha bisogno di un nuovo contratto sociale, un patto tra generazioni, tra Stato e imprenditori, tra chi crea lavoro e chi fornisce servizi fondamentali come sanità e pensioni di cui usufruisce maggiormente la popolazione più ricca di anni. Il compito di questo governo è tagliare le tasse, incentivare le aziende ad assumere, creare le condizioni per una vera ripresa economica che realizzi le aspirazioni professionali e familiari dei giovani e crei le premesse per sostenere i costi di pensioni e sanità affinché nessun cittadino venga lasciato indietro”.

Il suo giudizio globale su questa manovra?

“È una manovra figlia del tempo che viviamo. Una manovra d’emergenza, fatta in poco tempo, in una epoca post-pandemica e con una guerra in corso che ha generato un’inflazione record e ha fatto lievitare i costi dell’energia e le bollette. Il compito del governo era intervenire per sostenere famiglie e imprese ed è stato fatto.

E’ la nostra legge di Bilancio ideale? Certo che no. Né potrebbe esserlo. Ma è una buona manovra, che dà risposte concrete ai bisogni degli italiani. E manda anche alcuni messaggi chiari su ciò che faremo: ci sono ad esempio un primo ampliamento della flat tax per lavoratori autonomi, la rivalutazione delle pensioni, la conferma del taglio del cuneo fiscale del 2%, che nei prossimi anni porteremo al 5%”.