Inchieste

Messaggi su misura per canali differenti

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di Gabriele Politi

La corsa all’innovazione che si sta sublimando ora nell’Intelligenza Artificiale coinvolge anche il settore della comunicazione, che storicamente vive di novità e intuizioni futuristiche. Una di queste prende a modello la fisica quantistica e la sua unità di informazione elementare, il quantum bit (qubit), termine attribuito al fisico teorico americano Benjamin Schumacher.

Luca Morvilli, già Ceo di Publicis e tra i primi a ottenere in Italia un Master in comunicazione Integrata, è il fondatore e Ceo di Qubit, Quantistic Brand Engineering, gruppo con tre sedi in Europa che utilizza un approccio quantistico al marketing e comunicazione.

Come si applicano alla comunicazione d’impresa le regole della fisica dei quanti?

L’approccio quantistico alla comunicazione nasce come evoluzione all’approccio olistico degli anni 2000 che lanciai in Publicis. La differenza rispetto a quello (unico messaggio e linguaggio su tutti i media e i touch point) è l’utilizzo dei dati e della tecnologia e la ricerca di messaggi coerenti ma diversi, che si adeguano, cioè, a media o canale\touch point utilizzato. L’obiettivo è creare un “entanglement” (un legame – il cosiddetto entanglement quantistico è il fenomeno che lega per sempre due o più particelle con proprietà correlate, ndr) tra la marca e il consumatore con messaggi diversi che sfruttano al meglio le opportunità della tecnologia e del media ma hanno una coerenza di fondo: la filosofia della marca.

Con l’approccio quantistico possiamo uscire in tv con uno spot lirico e onirico e usare i social con la gamification, avendo una coerenza di base ma usando i canali per le loro prerogative. Troppo spesso le agenzie di comunicazione si limitano a replicare lo stesso approccio e messaggio sui diversi canali.

Cosa significa un approccio quantistico alle strategie di comunicazione?

Vuol dire affrontare la comunicazione come un unicum e non pezzo per pezzo, proprio come il qubit elimina i compartimenti stagni (il linguaggio binario dei bit). Per le aziende questo significa maggiore potenza nella costruzione della brand reputation – per noi il vero asset aziendale – e ottimizzazione dell’investimento in comunicazione che non è più disperso in tanti rivoli ma è concentrato in azioni di comunicazione multicanale.

Se le particelle quantistiche sono la base della materia, i mattoni del cosmo, la comunicazione quantistica è la base di ogni azione di sviluppo che l’azienda può intraprendere: dalla competitività sul mercato alla sostenibilità, all’incremento delle vendite.

Quali sono i vantaggi?

Molteplici, a cominciare da un unico interlocutore strategico che guida le diverse azioni di comunicazione basate su dati e ricerche di mercato (nel gruppo Qubit c’è GPF inspiring research, la società di ricerche di mercato lanciata da Giampaolo Fabris nel 1980).

All’interno del gruppo ci sono società di riferimento nelle principali aree della comunicazione che lavorano per una progettualità multicanale per i clienti.

Carmi e Ubertis, ad esempio, cura il branding e il design, opera da più di 35 anni e nel 2020 ha vinto il Compasso d’oro per il rebranding degli Uffizi a Firenze.

Qubit è una sorta di casa delle marche per la marca: riunisce il meglio delle società specializzate in diverse aree della comunicazione e utilizza per essa le innovazioni tecnologiche, piattaforme blockchain, metaverso, realtà aumentata o virtuale, nft, iot, etc.

Con l’approccio quantistico le imprese ottimizzano l’investimento grazie alla gestione strategica e centrale dei canali di comunicazione e creano con la brand reputation un asset e un vantaggio anche per il futuro.

Le tecnologie hanno rivoluzionato il mondo del M&C e incidono sulla reputazione aziendale. Cosa vuol dire fare comunicazione nell’era del digitale e della AI?

Oggi risulta quasi difficile continuare a chiamarla comunicazione, con la tecnologia e l’approccio quantistico l’intervento della comunicazione si estende alla creazione di nuovi servizi grazie all’AI, all’impostazione di piattaforme di relazione innovative tramite la blockchain e alla diffusione di un’esperienza della marca grazie alla realtà virtuale o aumentata. Questi strumenti tecnologici non sono solo il modo di creare nuovi servizi e nuovi touch point con gli utenti, sono anche la garanzia per l’azienda di mantenere una reputazione di innovatività e di sostenibilità.

Le piattaforme prima e ora l’AI hanno operato la definitiva disintermediazione tra aziende e clienti, divenuti creatori di contenuti che si influenzano a vicenda. Come si forma oggi una corretta identità digitale?

La disintermediazione è la parola chiave. Il crollo di credibilità dei media classici ha portato le aziende a cercare canali di comunicazione proprietari per coinvolgere anche gli utenti nella logica dei contenuti end user generated e del branded content. La cosa che le aziende devono ancora pienamente interiorizzare è che questo approccio non si improvvisa: la creazione – anche condivisa – di contenuti richiede una professionalità di tipo editoriale che si che si abbina a quella dei comunicatori.

Qubit lavora anche con le amministrazioni pubbliche. Nelle strategie di comunicazione quali sono le differenze con il mondo delle imprese?

Qubit ha gestito tra le altre la comunicazione del PSRN del ministero dell’Agricoltura negli ultimi 4 anni e si è aggiudicato con Carmi e Ubertis la gara di Regione Lombardia per la comunicazione della presidenza e degli assessorati nei prossimi 4 anni.

Lavorare per la pubblica amministrazione è certo più difficile poiché vanno considerate variabili molto complesse per il contesto e per gli obiettivi ma è quindi molto più stimolante per chi ha know how e sensibilità istituzionale. Spesso si generalizza affermando che la comunicazione della pa è indietro rispetto a quella commerciale ed è difficile da acquisire a causa della burocrazia.

Per esperienza ritengo si possa lavorare molto bene anche con le prescrizioni della burocrazia, ovviamente vanno conosciute e affrontate con serietà e preparazione e non criticate, atteggiamento che ritengo superficiale e snobistico. Fare strategia per la pa è stimolante perché la complessità di cui parlavo prima va trasformata in concetti semplici e universali che veicolino la sfaccettatura degli obiettivi e della reputazione dell’istituzione. Penso che in futuro la comunicazione della pa possa diventare un punto di riferimento qualitativo della comunicazione in Italia anche grazie alla sempre maggiore preparazione del personale pubblico dedicato a essa.