La Settimana Internazionale

Diffidare dei Re Magi in politica: l’Europa non è un presepe

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di Silvio Magnozzi 

«Te piace, ‘o presepe?». «No». Partiamo dalla ferocia dissacrante e dalla libertà di Eduardo De Filippo, stavolta per parlare di Unione europea. La battuta iniziale e la metafora sono a guisa di ironia perché il presepe e il Natale, in quest’occasione, non c’entrano. Non è questione di Re Magi, ognuno con i suoi bei doni, ma di politica. Di rapporti di forza e di potere. Un mondo dove non servono la fede o la liturgia (che la fede si porta appresso) bensì son necessari i conti con la vita. Anzi, di più: con il mondo. Ecco allora che la battuta iniziale sul presepe, in una metafora schietta e per nulla religiosa, diventa la domanda su quello che è oggi l’Unione europea.

A chi piace la Ue così come è fatta? La risposta non è semplice e appunto questa complessità incarna l’argomento di un dibattito crescente sul futuro delle Istituzioni europee e della loro prassi (condivisa) di prender decisioni, in tempi cupi come i nostri, con varie guerre sparse per il mondo. Oggi sono in parecchi a sostenere che l’Unione europea in futuro dovrà andare verso decisioni con il voto a maggioranza e non all’unanimità, il metodo odierno. Ovviamente nessuno ha la panacea per risolvere le titubanze europee. No. Ma il tema di cambiare il modo di decidere può rappresentare – se approvato – una novità.

Da qui a confonderlo con un balsamo che supera ogni difficoltà ce ne corre. Non per esser pessimisti ma perché la bacchetta magica in politica non esiste. Neppure in Europa. Quali sono i rischi o i limiti di una opzione del genere? Di un cambiamento delle modalità decisionali? È presto detto. I rapporti di forza e gli equilibri son  argomenti assai complessi, che non possono essere superati senza tener conto delle diversità (e degli interessi) in gioco. Ergo, nell’Unione europea attuale queste differenze non sarà facile superarle, per il semplice fatto che esistono e incarnano – a modo loro – la dinamica con cui l’Ue si è venuta costruendo.

In che modo? In vari modi, ad esempio allargandosi a est, un allargamento che era il risultato di un compromesso politico. Appartiene a questo est anche l’Ungheria di Viktor Orbán, entrata nella Unione Europea nel 2004 (anno in cui si è consumato l’ingresso in Europa di numerosi Paesi dell’est). Cosa vogliono dire oggi Parigi, Roma, Berlino a questi Paesi dell’est, entrati quando il voto era, in Ue, all’unanimità? Che il presepe non piace più così come si è andato formando?

Ebbene, ci sta ed avrebbe le sue buone ragioni. Ma non prive di eventuali contraccolpi. Perché dai Paesi dell’est la risposta che potrebbe arrivare – una volta fatti i conti fra gli interessi economici e le convenienze politiche – non sarebbe scontata. Se a loro non piacesse il nuovo presepe, ad esempio, la crisi della Ue per come l’abbiamo conosciuta sinora diventerebbe realtà. E senza Re Magi a portar doni.