La Settimana Internazionale

Mercato, futuro e business: l’Arabia ridisegna sé stessa

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di Paolo Della Sala

Tra pochi giorni, il 28 novembre il Bureau International des Exposition sceglierà la città che ospiterà l’Esposizione Universale del 2030, che vede in corsa Roma, la coreana Busan e la capitale saudita Riyad. Per l’Arabia una vittoria sarebbe la ciliegina sulla torta del grande disegno di sviluppo e modernizzazione avviato con “Saudi Vision 2030”, che punta a trasformare il Paese da attore sostanzialmente regionale a protagonista dei mercati internazionali, riducendone al tempo stesso la dipendenza dall’entrate petrolifere: già nel 2022 l’Arabia è stata l’economia più in crescita nel G20. Un piano a base di investimenti nell’ordine di mille miliardi di dollari.

Dati economici

Oggi il petrolio rappresenta il 95% delle esportazioni e il 70% delle entrate del regno. Il Pil 2022 è stato di 935 miliardi di dollari, mentre nel 2023 è previsto a 948,2. Ma sta crescendo anche l’economia non legata agli idrocarburi, soprattutto quella delle Pmi, favorite da una burocrazia e finanziamenti a livelli anglosassoni. Migliora l’indice sulla parità di genere (dal 25,6% nel 2019 al 71,3% nel 2023), anche se restano gravi limiti allo spostamento di donne non accompagnate.

Altro capitolo importante sono le privatizzazioni: toccheranno le aziende nazionalizzate (a cominciare dalla quota del 5% di Saudi Aramco), comunicazioni ed energia. A ciò va aggiunto il piano di riarmamenti, dovuto ai conflitti in Siria e Yemen da parte sciita. L’industria della difesa prevede che il 50% della produzione di armi acquistate dal governo sia localizzato in Arabia Saudita entro il 2030.

Saudi Vision 2030

Il piano Saudi Vision 2030 segna il distacco dell’economia saudita dalla monocrazia petrolifera. È nato nel 2016 su impulso del principe ereditario Mohammad bin Salman, con l’obiettivo di modernizzare il Paese grazie all’innovazione tecnologica e a un Fondo Sovrano dotato di 700 miliardi. Si punta sulle energie alternative, in chiara evangelizzazione greenwashing ma anche perché Riyad non vuole trovarsi impreparata alla fine del ciclo del petrolio. I servizi pubblici si stanno conformando al modello nord europeo e anglosassone, grazie al Programma Nazionale di Trasformazione (NTP) che gestisce la digitalizzazione. L’Event investment fund (Eif) si occupa di intrattenimento, turismo, sport e cultura, con l’obiettivo di raggiungere 100 milioni di turisti annui entro i prossimi sette anni.

L’ambizioso piano di Riyad comporta un radicale cambiamento economico e sociale, a cominciare dall’introduzione dell’economia di mercato in una società finora governata dallo Stato. Ciò comporterà l’acquisto di competenze, prodotti e componenti dall’estero, con l’apertura delle porte agli investimenti delle imprese estere: senza abbandonare greggio e gas, i principali futuri settori di sviluppo sono industrializzazione, farmaceutica e biotecnologie, chimica, servizi finanziari, eolico e fotovoltaico, minerario, trasporti e logistica.

L’hub delle Fiere mondiali

Il Paese si sta già ritagliando un posto di spicco nel settore fieristico mondiale. A Riyad dal 18 al 21 novembre si è svolta la fiera del settore Costruzioni e materiali per l’edilizia. Il World Defense Show duplica la fiera internazionale delle armi Idex-Navdex, che si svolge ad Abu Dhabi. Sempre nella capitale si tiene la Fiera internazionale del Commercio Index, mentre Cityscape si svolge a Gedda. Ma l’elenco degli appuntamenti è lunghissimo.

Tra diplomazia e business

All’interno il primo nemico della modernizzazione in stile Dubai è la casta dei giudici dei tribunali religiosi (in Arabia la magistratura si fonda sulla sharia, con episodi di decapitazione e successiva crocifissione).

Anche dopo lo scoppio della guerra a Gaza, Riyad continua a seguire il processo delineato dagli Accordi di Abramo: con le monarchie del Golfo ha sì condannato la violenta reazione di Israele dopo l’attacco di Hamas, ma non ha intenzione di interrompere il legame faticosamente costruito con lo Stato ebraico. Il regno, che vuole ridiventare il centro dell’Islam, ha bloccato il tentativo iraniano di scatenare l’“eradicazione” di Israele dal Medio Oriente.

La continuità delle relazioni diplomatiche Arabia-Usa ha registrato un cambio di rotta, dopo anni di strategie comuni basate sulla lotta ad Al-Qaeda. Riyad sembra ora perseguire l’ideale dell’Iran di creare un sistema di difesa formato solo dai Paesi del Golfo. Di recente è stato annunciato un progetto di Cooperazione marittima per la sicurezza delineato dall’Iran, che coinvolge Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman, Bahrain, Iraq, India e Pakistan.

Ma il nuovo attivismo diplomatico saudita va ben oltre la regione: alla China-Arab Business Conference di giugno, Pechino e Riyad hanno confermato la volontà di mettere in atto nuovi piani commerciali in diversi settori. I Sauditi pensano altresì all’alternativa alla via della Seta con l’India, nazione potente sul piano commerciale e finanziario. E ancora bin Salman, al Saudi-African Summit di inizio novembre, ha auspicato «un’ulteriore cooperazione e partnership» con i Paesi africani»: ben 25 miliardi di dollari saranno investiti nel continente vicino dal Fondo Pif.

Il principe ereditario promuove l’Arabia come Paese moderno e “occidentale”. Il Fondo sovrano investe non a caso nel mondo del calcio, dato che quello sport, pur olezzando, è una merce perfetta per intenerire le opinioni pubbliche.

Infrastrutture avveniristiche

Perno decisivo del piano Vision 2030 è la creazione di gigantesche Smart City. Il progetto urbanistico più fantascientifico al mondo è The Line, che con un investimento stimato in 500 miliardi costruirà una ipermetropoli larga 200 metri, alta 500 metri e lunga 170 chilometri, tra mar Rosso e deserto arabico. La città sarà ultragreen e priva di auto (Tav da 500 km/h). Si tratterà di un test della “dittatura benefica” dell’intelligenza artificiale, che gestirà The Line. Secondo il Governo saudita, verranno creati 380mila posti di lavoro. Molte aziende occidentali otterranno appalti.

Non meno impressivo il progetto di Alula, una città-museo in un sito simile all’antica Petra in Giordania. Altre città in evoluzione sono Riad e Gedda (con la sua moschea fluttuante), Mada’in Salih (vicina ad Alula), Abha (sita a 2.500 metri di altezza, in un paesaggio quasi alpino) e Ta’if, una specie di Disneyland a 100 chilometri dalla Mecca.