La Settimana Politica

De Magistris: nessuna strategia comune tra anarchici e mafia

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di Gabriele Politi

Luigi De Magistris è il leader di Unione Popolare, ex eurodeputato, ex sindaco di Napoli e soprattutto ex magistrato protagonista di inchieste su corruzione e criminalità organizzata presso le procure di Napoli e Catanzaro. Anche dalle colonne del nostro Settimanale è intervenuto più volte nel dibattito sull’ipotesi di riforma del regime carcerario 41 bis, tema tornato prepotentemente di attualità con il caso Alfredo Cospito.

La Procura di Roma ha indagato i parlamentari Donzelli e Delmastro per rivelazione di segreto dufficio. Da un punto di vista giuridico, da ex magistrato che idea si è fatto di questa vicenda?

Proprio essendo stato pubblico ministero per 15 anni faccio una premessa: solo la magistratura conosce e conoscerà fatti e vicende, nella sua autonomia e indipendenza potrà valutare se ci sono state o meno condotte criminose. Da quello che leggo, so e posso intuire, la violazione di atti riservati – io credo anche coperti da segreto – c’è stata: sono stati divulgati pubblicamente contenuti di intercettazioni ambientali, riportate in relazioni di servizio di personale della polizia penitenziaria, tra Cospito e alcuni esponenti di organizzazioni mafiose. Ciò non è consentito perché sono atti segreti riservati utili alle attività investigative, metterli a disposizione dell’opinione pubblica può creare anche problemi di sicurezza nazionale. Però, da quella parte, alcuni dicono: vi state concentrando sul dito e perdete di riferimento la luna. Ma è come il discorso sull’abuso delle intercettazioni telefoniche, argomento molto utilizzato da questo governo e da questa maggioranza: proprio loro stanno abusando di notizie acquisite tramite le intercettazioni. Queste sono fondamentali ma gli abusi non li deve commettere nessuno, soprattutto chi ricopre incarichi istituzionali.

Politicamente, invece, come interpreta la posizione dei quattro parlamentari PD che hanno incontrato sia lanarchico sia tre carcerati per mafia?

I parlamentari hanno il diritto e forse anche il dovere di andare a vedere come si vive nelle carceri. Vorrei avere più parlamentari attenti alle condizioni di tutti i detenuti, magari di quelli più poveri, che non hanno nemmeno il difensore di fiducia e che restano in carcere più del dovuto perché non hanno un legale che presenta l’istanza al magistrato per farli liberare. Quindi è un bene che si vada a vedere le condizioni del 41 bis, perché uno Stato democratico e di diritto deve garantire un trattamento umano, dignitoso a tutti i detenuti. Ricordiamoci che, a proposito di Costituzione di cui in questo mese ricorrono i 75 anni dall’entrata in vigore, c’è la funzione rieducativa della pena, l’articolo 27, però bisogna stare attenti ai messaggi che si danno. In tempi non sospetti, prima che Cospito diventasse l’uomo più famoso d’Italia, ho ritenuto sproporzionata l’applicazione del 41 bis per lui. Si rischiava di mettere in discussione una misura molto utile che serve a impedire che i capi delle organizzazioni mafiose o terroristiche possano continuare dal carcere a dare ordini. Non di rado lì dentro i boss hanno continuato a fare i boss, hanno avuto cellulari, impartito direttive, addirittura ordinato omicidi. Eliminiamo la parte che può assomigliare a un trattamento disumano: meno luce, nessun accesso ai libri… cose che non c’entrano con l’obiettivo del 41 bis. Ma in questo momento, pur rispettando il dibattito che c’è nel Paese, sarei molto contrario a toccarlo: significa andare ad attuare il primo punto che i mafiosi misero in quella che viene definita la trattativa tra pezzi di Stato e mafia.

A proposito di trattative: secondo lei ne esiste una di qualche tipo tra il mondo anarchico e la mafia? O è solo una convergenza sul medesimo obiettivo?

Innanzitutto, farei un distinguo all’interno del movimento anarchico, che non è un movimento violento. Cospito e altri rappresentano invece quella posizione che ritiene la lotta armata un’opzione: lui è stato condannato a oltre dieci anni per aver gambizzato un dirigente industriale e a vent’anni per aver messo una bomba davanti a una caserma dei carabinieri di notte, senza morti o feriti. Rischia l’ergastolo perché si configura il reato di strage che mette in pericolo la sicurezza nazionale. Faccio fatica a pensare a una convergenza, chiamiamola politica, di strategia di attacco allo Stato tra Cospito, o quel tipo di movimento anarchico, e organizzazioni mafiose. C’è oggettivamente una convergenza di obiettivi che Cospito fa alla luce del sole, con lo sciopero della fame e con i proclami di alcuni suoi compagni. Le mafie lo fanno in un altro modo, fanno la trattativa con altre modalità ma l’obiettivo è comune, ed è un peccato perché si rischia di inquinare un dibattito serio che c’è nel Paese sul 41 bis e sull’ergastolo ostativo. Stiamo attenti, però, perché il clima che vedo è un clima torbido e in Italia il clima torbido non porta mai buone novelle. Siamo il Paese della strategia della tensione, delle infiltrazioni, delle strane convergenze. Dobbiamo tutti quanti avere professionalità, competenza e grande spirito democratico e non trasformare quelli che esprimono il dissenso in pericolosi personaggi che attentano alla democrazia del nostro Paese e alla Repubblica.

Da cittadino e da ex magistrato cosa ha provato quando ha ascoltato le intercettazioni di Matteo Messina Denaro con gli insulti per la commemorazione della strage di Capaci?

Sono in linea col personaggio barbaro e sanguinario. Ricordiamo che Messina Denaro è l’ultimo componente dell’ala stragista che è stato 30 anni latitante. Adesso è stato arrestato ma ha goduto di una serie di complicità e coperture, anche della cosiddetta borghesia mafiosa. Ora molti si preoccupano delle sue condizioni ed è giusto perché il trattamento umano va riservato a tutti, anche ai più barbari, altrimenti non saremmo uno Stato autorevole, uno Stato di diritto forte. Questo essere umano però ha tenuto sequestrato per circa 1000 giorni un bambino di dieci anni, lo ha strangolato e l’ha sciolto nell’acido. È ritenuto responsabile delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Non dobbiamo dimenticare che cosa è stata quella stagione. Non dobbiamo dimenticare la storia, la memoria, le vittime.