La Settimana Politica

Dopo il “mal di pancia” da Superbonus, una Manovra realista e prudente

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di Gabriele Politi

È stato un ritorno al lavoro pirotecnico quello della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni dopo la pausa estiva.

Nel primo CdM post vacanze tenutosi il 28 agosto le anticipazioni sulla Legge di Bilancio e la Manovra 2024 hanno messo in fibrillazione parte della maggioranza – la Lega chiede garanzie per l’Autonomia differenziata, FI per le pensioni minime, ma la realtà è che la coperta è corta – e acceso subito la contestazione delle opposizioni, in primis Conte e il M5S seguiti a ruota dai dem di Elly Schlein, con la pietra tombale sul Superbonus («La più grande truffa ai danni dello Stato» l’ha liquidato lapidaria Meloni). Proprio su uno dei provvedimenti bandiera del governo Conte è tornato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti alla chiusura del 49esimo Forum Ambrosetti di Cernobbio: «Mi fa venire il mal di pancia» ha detto con cipiglio più aggressivo del solito il normalmente pacato economista della Lega.

Sullo sfondo, la necessità di affrontare una Legge di Bilancio all’insegna di un “realismo prudente” che difficilmente lascerà molti spazi di agibilità ai vari dicasteri. I nodi restano di complicato scioglimento, alla luce anche della contrazione del Pil dello 0,4% nel secondo trimestre certificata dall’Istat assieme al calo di fiducia ad agosto di consumatori e imprese.

La linea dell’esecutivo ribadita da Giorgetti è quella ripetuta anche nel vertice di maggioranza di mercoledì scorso: interventi a favore dei redditi medio-bassi, fasce deboli e denatalità – tra cui l’aumento dell’assegno unico per le famiglie – nonché misure per tutelare e favorire la crescita e lo sviluppo delle imprese a partire dalla confermata riduzione del cuneo fiscale e incentivi su premi di produttività e benefit.

Da qui l’invito a tutti i ministeri di tirare la cinghia ove più possibile. Potrebbe esserci un nuovo taglio alla rivalutazione delle pensioni: senza alcun intervento da parte del Governo, l’aumento dovuto all’inflazione si attesterebbe all’8,1%, a cui applicare le aliquote per scaglione.

Visto l’esorbitante esborso per lo Stato, è quasi certo che si andrà verso un nuovo meccanismo “ad hoc”, poiché l’Inps starebbe già calcolando il potenziale risparmio che ne deriverebbe assieme alle altre formule di riforma pensioni applicabili in Legge di Bilancio 2024: APE Sociale rosa al posto di Opzione Donna, rinnovo Quota 103, eventuale Quota 41 con ricalcolo contributivo, aumento delle pensioni minime. Un pacchetto da circa un miliardo e mezzo.

Per trovare le coperture necessarie ai provvedimenti messi in cantiere bisognerà dunque colpire le rendite (in questo senso si deve leggere la tassa sugli extraprofitti bancari, che – dice Giorgetti – «nella sua versione definitiva sarà apprezzata da tutti») e andare a stanare i costi improduttivi tra i margini della spesa pubblica non vincolata alla tutela delle categorie fragili, nella speranza poi che la previsione di crescita dell’1% per quest’anno resti confermata e possa dunque rientrare nella Nadef.

Sulla revisione al ribasso dell’1,5% per il 2024, invece, il ministro non prende posizione su quelli che potrebbero essere gli effetti di un cambiamento radicale delle “variabili esterne”. Fin qui la partita si gioca dentro i nostri confini. Ma l’Italia, ha spiegato Giorgetti, non può fare tutto da sola, ecco quindi che tornano in gioco i sempre delicati rapporti con l’Europa.

Sulla revisione del Patto di Stabilità, il ministro dell’Economia auspica che la riforma venga approvata entro la fine dell’anno per entrare in vigore dal 1° gennaio 2024, così da alleggerire il peso delle misure da inserire nella ex Legge di Stabilità.

Ma una prima risposta ai desiderata di Giorgetti la si può già desumere dalle linee guida pubblicate da Bruxelles in concomitanza con la definizione della proposta di riforma del Patto: il vincolo del 3% di deficit in rapporto al Pil sarebbe sempre quello da tenere in riferimento per gli stati membri, il che vorrebbe dire una procedura di infrazione per l’Italia quasi inevitabile la prossima primavera nonostante l’ottimismo «per necessità» professato dal Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni.

L’Europa gioca sempre una partita fondamentale per il progetto politico a lungo termine del governo. Il ministro Raffaele Fitto è volato a Bruxelles per incassare la terza rata da 18,5 miliardi del Pnrr e per discutere nel dettaglio le richieste di modifica per la quarta (altri 16,5 miliardi entro fine anno che paiono una pura formalità poiché le modifiche sono state messe nero su bianco tra giugno e luglio assieme alla stessa Commissione).

A giugno 2024 si voterà per il rinnovo del Parlamento Europeo e tra gli alleati di governo sono iniziate le manovre per la caccia ai dividendi elettorali. La cabina di regia sulla gestione migranti accentrata nelle mani del fedelissimo sottosegretario della Premier Alfredo Mantovano ha irritato parecchio Salvini; una guerra con il suo vice potrebbe avere non poche ripercussioni per Meloni sul voto di Bruxelles, sul quale – peraltro – perdurano le pesanti differenze in tema di alleanze. La partita è aperta.