La Settimana Politica

Pnrr, giustizia e riforme istituzionali: tre sfide per il governo

Scritto il

di Silvio Magnozzi

È dal 1992, quando è esplosa l’inchiesta Mani Pulite e Tangentopoli ha finito con il travolgere la Prima Repubblica (per la verità già in crisi dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine – con il crollo del comunismo – del mondo diviso in blocchi) che in Italia si sente parlare di riforma della giustizia praticamente ogni giorno che Dio mette in terra.

È dalla metà degli anni Ottanta poi che, sempre nel nostro Belpaese, il dibattito sulle riforme istituzionali affronta gli aspetti di un cambiamento dell’ordinamento, con dibattiti sul presidenzialismo (e in seguito sul premierato) che sono all’ordine del giorno.

Se dalla giustizia e dalla questione delle riforme istituzionali passiamo infine al tema del portafogli e della necessità di tornare a far crescere con forza questa nostra Italia, ebbene anche su questi argomenti – dopo il boom degli anni Cinquanta e Sessanta – si sono susseguiti dibattiti, libri, paginate di giornali e talk in televisione.

Non abbiamo nostalgia delle teche di ciò che l’Italia è stata o di quel che non ha fatto e poteva fare. Più semplicemente riteniamo che oggi, nel 2023, la maggioranza di centrodestra che guida il Paese e il governo Meloni abbiano davanti a sé una grande occasione: ricominciare da tre e riformare sul serio l’Italia.

Quel tre non è un numero magico ma la numerazione di tre argomenti dirimenti e necessari a metter il volano al Paese: la riforma della giustizia, le riforme istituzionali, un buon uso del Pnrr (il Piano nazionale di ripresa e resilienza), per far crescere l’economia in maniera strutturale e potente.

Cominciamo dal primo tema, la riforma della giustizia. Su questo il governo deve fare una cosa, e farla con la massima convinzione: smettere di inseguire dibattiti e polemiche sull’argomento e parlare coi fatti. Niente in questi trentuno anni, dal 1992 a oggi, ha logorato l’argomento della riforma della giustizia come le troppe parole spese in tv e sui giornali. Trattandosi di materia sensibile infatti, parlarne non aiuta a riformarla ma piuttosto allontana ancor di più le posizioni fra politica e magistratura e all’interno della stessa politica. Ragion per cui sarebbe saggio – da parte del governo – finirla con gli annunci e procedere con la riforma.

Il secondo punto, dicevamo, riguarda le riforme istituzionali. Anche su questo terreno, dall’autonomia differenziata al presidenzialismo (o premierato, che sembra oggi l’opzione più probabile), le opposizioni non perdono occasione per alzare il tono delle polemiche. Ebbene, come per la questione della riforma della giustizia, inseguire le chiacchiere sull’argomento è un errore. La maggioranza moduli la sua idea di modernizzazione del Paese, dall’autonomia al premierato, e proceda con la sua proposta.

Dulcis in fundo, il Pnrr e la nostra economia. Legittimo, da parte del governo, cambiare alcuni obbiettivi del Piano presentato dall’Esecutivo precedente. Una volta fatto questo però lo scopo deve essere prendere i soldi che spettano all’Italia, nell’interesse del Paese e degli italiani. Anche qui, i soliti talk su cosa va bene e cosa no, lasciano il tempo che trovano e, alla fine della fiera, annoiano pure.

Il governo e Giorgia Meloni non si perdano dunque dietro alle chiacchiere ma si concentrino sugli obbiettivi. Tre. Riforma della giustizia, riforme istituzionali e Pnrr.

Tre mete che per esser conseguite richiedono anzitutto una cosa: fatti. E non parole.