La Settimana Politica

Violenza e minori, dopo il decreto a Caivano i clan sfidano subito lo Stato

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di Gabriele Politi

«Il governo ci ha messo la faccia» aveva detto il presidente del Consiglio Giorgia Meloni illustrando le misure del cosiddetto Decreto Caivano, varato dal consiglio dei ministri pochi giorni dopo la visita al Parco Verde nel paese napoletano teatro dello stupro di gruppo di due cuginette di 10 e 12 anni.

Lo Stato ha risposto e subito i clan hanno replicato a colpi di arma da fuoco.

Don Maurizio Patriciello, parroco anticamorra di Caivano, ha denunciato il raid nella notte tra domenica e lunedì scorsi, una cosiddetta “stesa” che solo per caso non ha fatto vittime o feriti:

«È la terza volta che succede da quando il 31 agosto la premier è venuta in visita al Parco Verde. Qui si vive ormai nel terrore» ha detto il prete.

Un’altra sparatoria si è verificata a Ponticelli, periferia est di Napoli, praticamente nelle stesse ore in cui le raffiche di kalashnikov tuonavano a Caivano. Una sorta di botta e risposta tra nuove leve delle bande che per il controllo del territorio si sfidano sui social di giorno ed entrano in azione la notte.

Ha scritto su X (l’ex social Twitter) la presidente della Commissione parlamentare Antimafia Chiara Colosimo: «Auspico la risposta corale della nostra gente migliore, certamente c’è e ci sarà quella della mia Commissione».

È un guanto di sfida che le cosche sembrano aver simbolicamente lanciato contro il provvedimento dell’esecutivo che inasprisce diverse misure per il contrasto alla criminalità minorile e allo spaccio di droga e che, in tema di sicurezza, il governo di centrodestra pare aver costruito espressamente attorno alle periferie urbane degradate.

Si comincia dall’applicabilità del cosiddetto “daspo urbano” (il divieto di accesso a determinate zone della città) ai minorenni con più di 14 anni.

Per contrastare lo smercio di stupefacenti, il divieto di accesso e di avvicinamento ai locali pubblici e ai pubblici esercizi è stato esteso anche a chi detiene sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Il divieto riguarda scuole, università ed aree limitrofe. Si allargano i casi nei quali il questore può disporre ulteriori misure accessorie, come l’obbligo di presentarsi all’ufficio di polizia almeno due volte a settimana.

Il cosiddetto “daspo Willy” contro la movida violenta può essere applicato anche per il reato di porto di arma impropria, di violenza o minaccia e resistenza a un pubblico ufficiale.

Sono stati rafforzati i meccanismi di controllo e verifica dell’adempimento dell’obbligo scolastico e introdotto il reato di elusione: due anni di carcere in caso di dispersione assoluta (il minore mai iscritto a scuola nonostante l’ammonimento); nel caso di abbandono scolastico la pena prevista è fino ad un anno di reclusione.

Inoltre, i soggetti che violano l’obbligo perdono il diritto di percepire l’Assegno di Inclusione.

È stata implementata la possibilità di ricorrere alla custodia cautelare per il minore con il criterio della possibilità di fuga, fino ad ora escluso.

Allo stesso tempo, però, sono state inserite anche nuove disposizioni sui percorsi rieducativi: nel caso di reati per i quali è previsto il carcere non superiore a cinque anni, il Pm notifica al minore e a chi esercita la responsabilità genitoriale l’istanza di definizione anticipata del procedimento, subordinata alla condizione che il minore acceda a un percorso di reinserimento e rieducazione civica e sociale che deve prevedere lavori socialmente utili o collaborazione a titolo gratuito con enti non profìt piuttosto che altre attività a favore della comunità.

Infine, la tecnologia: il decreto prevede l’obbligo, per i fornitori dei servizi di comunicazione elettronica, di assicurare la disponibilità delle applicazioni di controllo parentale (il c.d. parental control) nei contratti di fornitura.

A regime è poi previsto l’obbligo per i produttori di cellulari di installare a sistema queste applicazioni nei nuovi dispositivi immessi sul mercato e di informare della loro esistenza.

Sono state inserite norme per favorire l’alfabetizzazione digitale e mediatica a tutela dei minori, anche con campagne informative.

Un mix di misure repressive, preventive e (ri)educative su cui il mondo politico e giuridico sta ancora discutendo, diviso tra chi plaude alla prova muscolare e chi denuncia invece l’assenza di un vero progetto di riscossa culturale e sostegno educativo.

Forse “la paura delle pene non smonta il mito della pistola” (la pensa così Isaia Sales, docente universitario che alle baby gang napoletane ha dedicato il libro “Teneri assassini”) ma cominciare da qualche parte sembra comunque meglio che non cominciare affatto. Per il futuro dei ragazzi e di interi territori.