Le opinioni

Torniamo all’economia delle cose

Scritto il

di Alessandro Paciello
(Formatore e Opinionista – Presidente Aida Partners e Innovazione Circolare)

L’Umanità sta vivendo un cambiamento epocale. Un passaggio forse mai visto prima nella storia del mondo: la pervasività del Grande Fratello tecnologico sta infatti portando, in tutti i campi – da quello bellico, a quello sanitario, a quello ecologico, fino a quello sociale – a cambiamenti stridenti nel nostro stile di vita.

La tecnologia, quella dell’onnipresente Intelligenza Artificiale, ha portato le informazioni a prendere il posto delle cose materiali. Come sostiene anche il filosofo Byung-Chul Han, si giunge così a “un’economia dell’esperienza” che sostituisce “l’economia delle cose”. Cosa si intende per “economia dell’esperienza”? È la conoscenza diretta che avviene attraverso la comunicazione e lo “storytelling”, piuttosto che mediante l’uso di un oggetto materiale.

Dobbiamo invece riappropriarci dell’economia delle cose, perché è attraverso il manufatto, mediante la tridimensionalità dell’oggetto, per mezzo della sua tangibilità che ci evolviamo. L’oggetto “si racconta”: questa storia è dietro un semplice piatto, in un libro, in un soprammobile che narra il vissuto di persone e famiglie. Si tratta di un patrimonio imperdibile che purtroppo, con l’eccesso invasivo e inarrestabile delle informazioni digitali, non tangibili, stiamo smarrendo.

L’oggetto conserva una sua etica materiale, mentre la sovrabbondanza di informazioni digitali e la sostituzione del “virtuale” al tangibile concorre alla perdita morale, alla sostituzione dell’emozione manipolata del virtuale all’emozione del reale. L’economia dell’esperienza, infatti, si basa sempre su una “falsa esperienza”, perché “indotta” e indiretta, non basata sugli organi di senso, quanto piuttosto sull’immaginario e sull’intangibilità che ci arriva attraverso un vissuto che non sempre è nostro, spesso imposto da terzi, magari mediante l’uso improprio e pervasivo dell’Intelligenza Artificiale.

Viene così messo in discussione il concetto stesso di Verità che perdiamo di vista, dato che non si basa più sulla tridimensionalità dell’esperienza, quanto sulla promessa di una qualità che facciamo sempre più fatica a percepire, abbagliati dai pre-giudizi che affollano il nostro vissuto “non ancora concretamente vissuto”. Ma se l’esperienza si perde nell’iperspazio del metaverso comunicativo, che fine fa la natura dell’essere umano che, per definizione, è parte di un ecosistema naturale e non artificiale?

È possibile parlare di sostenibilità se la natura dell’essere umano viene persa nell’enfasi cibernetica, anticamera di una folle disumanizzazione della Vita? È sostenibile tutto ciò? Non credo. Se la tecnologia diventa sovrastante e soverchiante rispetto all’essere umano il pericolo planetario che corriamo è quello del transumanesimo, un passaggio che va oltre l’umano che rischia così di perdere non solo la sua libertà governata da una tecnocrazia manipolante e totalitaria, ma anche e soprattutto il suo scopo di vita, dato dall’evoluzione spirituale della specie.

La libertà, e di conseguenza il cammino evolutivo, infatti, deriva dalla “possibilità di scelta”, quella che dovremmo poter vivere tutti i giorni e in tutte le occasioni. Se questa possibilità di scegliere viene meno, perché siamo manipolati dalla comunicazione, e quindi indirizzati come gregge verso scelte solo apparentemente libere, perdiamo lo scopo evolutivo vero della Vita dell’essere umano in questa dimensione.

Cito testualmente dalla “La Città dell’Uomo”, di Adriano Olivetti:

Noi tutti crediamo nel potere illimitato delle forze spirituali e crediamo che la sola soluzione alla presente crisi politica e sociale del mondo occidentale consista nel dare alle forze spirituali la possibilità di sviluppare il loro genio creativo. Parlando di forze spirituali, cerco di essere chiaro con me stesso e di riassumere con una semplice formula le quattro forze essenziali dello spirito: Verità, Giustizia, Bellezza e, soprattutto, Amore.

Sarebbe ora di rifarci a questi Valori perché fondanti di una visione umanistica della vita. Le aziende, le istituzioni, chi lavora, tutti devono contribuire al rispetto dell’Uomo e dell’Ambiente in cui è inserito. Perché non è sostenibile ciò che discrimina, esclude e rende la vita di tutti i giorni basata su una prevaricazione delle libertà. E tantomeno lo è ciò che omologa per decreto passando dalle peculiari individualità dell’anima, al magma indifferenziato del “genitore 1 “ e “genitore 2”.

In questa visione, il concetto di “sostenibilità” è perciò ampio e onnicomprensivo. Preferisco parlare di “conversione ecologica” piuttosto che di “transizione”. La soluzione ai problemi ambientali non può risiedere solo nella tecnologia ma, appunto, in un cambiamento culturale e spirituale della razza umana.

Dobbiamo ritornare a un’economia delle cose che possa anche essere economia dell’esperienza, ma solo grazie al contatto diretto con esse vissuto attraverso il rispetto dei quattro “valori spirituali” suddetti, ringraziando la grande visione di Adriano Olivetti alla quale ispirarsi.