Nel Mondo delle Pmi

E anche la filiera industriale si scopre sempre più verde

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di Pascale Mattei

Sarà difficile per la moda italiana ripetere gli ottimi risultati registrati nel 2022. Secondo uno studio sulle più importanti aziende del settore (152 imprese con un fatturato superiore a 100 milioni di euro) pubblicato da Mediobanca, il comparto ha raggiunto il suo “apice” con una crescita di oltre il 20% per un fatturato aggregato di 82 miliardi di euro (+21% rispetto al 2019, anno pre-pandemia). Le esportazioni, in crescita del 24%, spiegano questa impennata. Un altro segnale positivo è che gli investimenti sono aumentati del 35%.

Per l’esercizio in corso si parla di «consolidamento», con un aumento a una cifra, intorno all’8%, che porterà il fatturato aggregato di queste cosiddette «maggiori aziende moda Italia» a sfiorare i 90 miliardi di euro, «all’interno di uno scenario in rallentamento macroeconomico, in un contesto di tassi di interesse che vanno normalizzandosi verso l’alto e con le tensioni inflazionistiche in decelerazione», precisa l’analisi.

Aziende della moda quotate in Borsa

Mediobanca guarda anche alle società quotate in Borsa, solo 11 aziende che insieme rappresentano il 17,5% dell’aggregato. Dopo un rimbalzo nel dicembre 2021 (+29,4% sul 2020), a fine 2022 la loro capitalizzazione era in calo (-14,4%) a 37,6 miliardi, pari al 5,3% del valore dell’industria quotata sulle Borse italiane (esclusa Prada quotata a Hong Kong). Secondo questa analisi, Moncler e Brunello Cucinelli, con una capitalizzazione di mercato rispettivamente di 15,7 e 5,5 miliardi di euro, sono i primi della classe.

Ferragamo (3 miliardi) e Tod’s (1,2 miliardi) si collocano invece tra gli ultimi. La capitalizzazione della moda a Piazza Affari dovrebbe aumentare nei prossimi mesi: diversi gruppi stanno studiando una possibile quotazione. È il caso di OTB, proprietario dei marchi Diesel, Jil Sander e Marni; e di Prada, per il quale la doppia quotazione a Hong Kong e a Milano sarebbe «in linea con l’orientamento del marchio» secondo l’amministratore delegato Patrizio Bertelli; e ancora di Eccellenze Italiane, la holding fondata da Marco Marchi, che possiede Liu Jo e Blumarine.

L’analisi di Mediobanca prende anche in esame la proprietà di queste grandi aziende: 58 su 152 appartengono a stranieri che controllano il 43,6% del fatturato aggregato, con una prevalenza francese (24,2%).

Moda e sostenibilità: un connubio che cresce

L’ultimo punto dello studio riguarda la sostenibilità. In media, si è registrata una riduzione delle emissioni di CO2 e della produzione di rifiuti (-17,2%), mentre è aumentato l’utilizzo di energie rinnovabili e il riciclo dei rifiuti.

Questo risultato deriva da un migliore controllo della filiera, la cui mappa è leggermente cambiata tra il 2018 e il 2019. Il peso dell’Italia è così passato dal 54% al 56% (80% per le aziende di fascia alta e lusso), contro il 30% dell’Asia, l’11% del resto d’Europa, il 2% dell’Africa e l’1% dell’America.