Nel Mondo delle Pmi

L’assist delle banche per le Zes del Mezzogiorno

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di Mariarosaria Marchesano

Qualche settimana fa il gruppo UniCredit ha riunito a Milano una sessantina di imprese, più altre 100 collegate in videoconferenza, per spiegare i vantaggi di investire nelle Zes, le Zone economiche speciali del Mezzogiorno. E in primavera Intesa Sanpaolo ha finanziato il salvataggio della Whirlpool di Napoli – vertenza diventata un caso politico durante il governo Conte uno – grazie a un bando di gara emesso dalla Zes Campania. Le due più grandi banche del Paese hanno così acceso i riflettori su una nuova prospettiva di rilancio del Mezzogiorno che di fatto rappresenta un’opportunità di investimento anche per le imprese del nord. A maggior ragione dopo che pochi giorni fa il ministro degli Affari europei Fitto ha incassato l’apertura della Commissione Ue sulla proposta italiana di istituire un’unica Zes per l’intero Sud Italia.

Nate con il governo Gentiloni nel 2017, le Zes – otto in tutto distribuite in tutto il centro-sud, dall’Abruzzo alla Sicilia – sono rimaste lettera morta fino al 2021 quando il governo Draghi le ha ripescate inserendole nel PNRR che ha stanziato 630 milioni per dotare queste aree delle infrastrutture necessarie per attrarre nuovi capitali, sull’esempio di quanto avviene in paesi come Polonia, Francia e Stati Uniti, anche se il caso più virtuoso di Zes è considerato quello di Shenzhen in Cina. È noto come lo “Shenzhen Miracle” in quanto il 40 per cento del Pil dell’area è prodotto da imprese estere. Il successo (attrattività, export e occupazione) è dipeso dalla buona dotazione infrastrutturale, dagli strumenti attivi di politica industriale (sussidi) e incentivi fiscali e finanziari, dai massicci investimenti pubblici in ricerca e sviluppo (specialmente nel settore Ict) e dalla strategica posizione dell’area (punto di snodo per le rotte commerciali tra Hong Kong, Macao e Taiwan).

Si vedrà se il Mezzogiorno d’Italia riuscirà a replicare il successo di Shenzhen. Intanto, però, grazie ai fondi già stanziati e grazie al fatto di essere rientrate nel PNRR, le Zes sono diventate uno strumento operativo di politica industriale. I vantaggi di investire in queste aree sono essenzialmente due. Il primo è di carattere fiscale poiché è possibile ottenere un credito d’imposta variabile fino a 100 milioni per ciascun investimento con l’estensione del beneficio all’acquisto di terreni e di immobili strumentali, compreso il loro ampliamento. È prevista, inoltre, la riduzione del 50 per cento dell’imposta sul reddito d’impresa per sette anni.

Il secondo vantaggio è di tipo burocratico: nelle Zes la semplificazione amministrativa è già una realtà perché i commissari agiscono in autonomia e in deroga al codice degli appalti, anticipando di fatto la riforma. I commissari sono, infatti, dotati di “poteri speciali” che li mette nelle condizioni di operare con modalità senza precedenti in Italia: le classiche 37 autorizzazioni che servono per avviare un’attività produttiva sono state raggruppate in un unico permesso che può rilasciare la struttura commissariale nel giro di quindici giorni. È grazie, infatti, ai poteri speciali esercitati dal presidente della Zes Campania, Giuseppe Romano, che l’operazione Whirlpool è stata possibile e «adesso – come lui stesso spiega al Settimanale – sono una quarantina le richieste di autorizzazione a investire nell’area campana per un totale di 1,3 miliardi di nuove iniziative imprenditoriali che possono contare su una burocrazia ridotta all’osso e su vantaggi fiscali».

Nella pratica, esiste uno sportello unico digitale a cui si può avanzare la richiesta d’investimento potendo contare su una risposta in tempi molto rapidi. «Stiamo ricevendo istanze da tutt’Italia e anche dall’estero – prosegue Romano – Il caso Whirlpool non è unico perché altre aziende che rischiavano di essere dismesse sono state rilevate da imprenditori che adesso le stanno rilanciando grazie a procedure accelerate. Ma le opportunità di investimento sono tante e in diversi settori».

Le Zes sono diventate operative quando il governo Draghi ha nominato i commissari, tra fine 2021 e inizio 2022. Adesso sono tutte partite con la differenza che non fanno più capo al dicastero per il Sud (che intanto è stato abolito) ma a quello di Fitto, che ne ha acquisito la delega.

Il credito d’imposta previsto per le imprese che investono nelle Zes ha copertura finanziaria fino alla fine di quest’anno – sottolinea Francesco Tavassi, fondatore e presidente del gruppo logistico Terni e già vice presidente dell’Unione industriali di Napoli – e sarebbe importante avere un segnale positivo in questo senso. Del resto, i risultati delle Zes sono oggettivi, sarebbe un peccato farne una questione ideologica.

È possibile che, sul piano politico, un compromesso si raggiunga estendendo i benefici delle Zone economiche speciali alle Zls, vale a dire le Zone logistiche speciali che si trovano nel nord Italia e che sono state volute dalla Lega proprio per controbilanciare l’istituzione delle Zes nel Sud. Bisognerà, però, verificare quanto sarà possibile equiparare benefici che ricadono su territori con diversi livelli di sviluppo economico. Le Zes sono nate proprio per colmare questo divario.

Le zone speciali e le agevolazioni  In Italia

Le Zes sono concepite come «aree di vantaggio» per localizzare nuove imprese, attrarre investimenti esteri, sostenere l’internazionalizzazione delle imprese, gli investimenti, la crescita economica e l’occupazione. In Italia, le Zone Economiche Speciali (ZES) sono state introdotte nel 2017 per le regioni convergenza. Ad oggi, si contano 8 ZES (6 regionali, 2 interregionali). Al loro interno le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.