Nel Mondo delle Pmi

Milano crocevia della moda tra big, piccoli brand e ritorno della Cina

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di Pascale Mattei 

«Il 2023 si presenta come un  anno  caratterizzato da una serie di complessità che  la nostra industria con un lavoro di sistema potrà trasformare in opportunità di crescita e cambiamento. Credo che la Fashion Week di Milano sia stata in grado di amplificare al meglio l’energia positiva dei nostri grandi brand».

Carlo Capasa, presidente di Camera della Moda, è ottimista. L’ultima edizione a fine febbraio per la presentazione delle collezioni dell’autunno inverno 2023/2024, gli dà in parte ragione. Nonostante l’assenza di pesi massimi della moda femminile come Moncler, che questa stagione ha scelto Londra, o Versace, che ha organizzato una sfilata mista a Los Angeles, e un numero di eventi in forte riduzione (165 contro i 210 dello scorso settembre) Milano ha fatto il pieno di visitatori. Secondo l’ufficio studi di Concommercio Milano, Lodi, Monza, l’indotto per questa stagione si aggira sui 70 milioni di euro, in crescita del 15%. Rispetto ad un anno fa, l’afflusso di visitatori è aumentato del 15% per gli stranieri e dell’11% per gli Italiani, con un totale di circa 103mila arrivi (45mila dall’estero). Particolarmente gradito il ritorno in massa della clientela cinese, già percepibile lo scorso gennaio durante la settimana della moda maschile, dopo una lunga astinenza durata oltre due anni.

Secondo i professionisti del settore, c’è tanta voglia di venire a Milano. Dopo New York e Londra e prima di Parigi, che chiude il ballo delle fashion week internazionali, l’attrattività della città si basa in gran parte sulla tabella di marcia della manifestazione, stabilita ben prima della crisi di Covid. Che da un lato mantiene i grandi nomi come Armani, Prada e Dolce & Gabbana, che fanno parte della storia della moda italiana e dettano le tendenze. Vero e proprio barometro sociologico, la moda che riflette incertezze e speranze mette in scena questa volta un guardaroba elegante, sofisticato e rassicurante. Nessuna fashionista rinuncerà al buon vecchio montgomery riportato in passerella da Prada, o ai potenti e sexy stivaloni messi in scena da Dolce & Gabbana o Blumarine. Senza dimenticare il ritorno di un modello cult degli anni 2000 da Gucci, una borsa disegnata da l’ex direttore artistico Tom Ford, facilmente identificabile con il suo maxi morsetto da equitazione.

Dall’altro lato, Milano si apre sempre di più ai giovani creatori internazionali e alla sostenibilità, due filoni che portano in passerella un’energia e talvolta un tocco di insolenza. Dopo tre anni di assenza, l’esuberante cinese Shuting Qiu ha portato una fusione di texture, colori, sovrapposizioni, con un filo rosso, collant stampati e ornati da motivi preziosi; si possono anche citare i giaponesi Atsushi Nakashima e Tomo Koizumi (quest’ultimo sponsorizzato da Dolce & Gabbana). Ex collaboratore di Jean-Paul Gaultier, il primo ha una visione molto concettuale della moda, che alterna tradizione e innovazione, come l’eleganza del trench e i cappotti oversize dai colori elettrici, mentre con Tomo Koizumi, il pubblico milanese ha scoperto un’esplosione di colori e organza, abiti in cui forme e volumi acquistano una dimensione scenografica che ha già sedotto molte star, come Lady Gaga.

Bisogna anche ricordare i numerosi progetti che illustrano l’apertura al mondo e alle minoranze culturali. Esempio con la prima serata dedicata agli Oscar della diversità e dell’inclusione, “the Black Carpet Awards”, promossa dall’Afro Fashion Association, associazione no-profit guidata dall’italo-camerunense Michelle Francine Ngomno.

Possiamo anche citare l’evento Mad Mood Milano, ideato dall’imprenditrice salentina Marianna Miceli, che ha portato alla ribalta le famose tre “effe” (fashion, food e furniture) e tre continenti (Europa, America, Asia): un momento di cultura su due giorni che ha mischiato sapori e abiti, con 16 sfilate, 26 stilisti provenienti dal Sud Italia, dalla Repubblica Dominicana e del Kazakistan e numerose degustazioni. La diversità è anche un tema della fiera di moda di ricerca White Milano, che dal 24 al 27 febbraio ha ospitato sette stilisti delle popolazioni indigene d’America selezionati dall’associazione Indigenous Fashion Arts di Toronto.

Il calendario di questa edizione di Milano Moda Donna comprendeva 59 sfilate, quasi 80 presentazioni e una trentina di eventi paralleli tra cui qualche sfilata: quella di Benetton, guidata dal direttore creativo Andrea Incontri, o ancora il giovane marchio cinese Raxxy, fondato dallo stilista genio delle matematica William Shen e dalla modella Fang Jiaping, che propone una nuova visione di abbigliamento di lusso attraverso giochi di decostruzione che mischiano la cultura tradizionale cinese con moderne tecniche di design.