Nel Mondo delle Pmi

Ramponi e piccozze hi-tech per i re degli ottomila

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di Gianfilippo Cunaccia

«Risalendo la Val d’Aosta, quasi al confine con la Francia in una verde conca tra il Mont Chetif e La Saxe, giace Courmayeur, ridente paese custode di valorose tradizioni dagli albori dell’alpinismo… È infatti qui a Courmayeur, in una modesta officina artigiana dietro a vetrate nere di fumo, che si fabbricano i ramponi e le piccozze più celebrati nel mondo intero».

Così comincia il documentario diretto da Mario Fantin nel 1956 e intitolato “Punte d’acciaio – Nella fucina di Grivel”. Un filmato conservato nella Cineteca Storica del Museo Nazionale della Montagna, a Torino, che racconta nel dettaglio come avveniva 67 anni fa la produzione degli attrezzi da alpinismo con l’impiego «dell’acqua che muove maglio e forge, dando vita a questo semplice complesso che data da più di un secolo», recita la voce narrante.

Nel 1956, all’epoca del film, Grivel aveva già sulle spalle uno zaino carico di 138 anni. Oggi, con 205 anni alle spalle, l’azienda valdostana prosegue la sua avventura legata in corda doppia con l’alpinismo. La proprietà fa ancora capo alla stessa famiglia che nel 1818 decise di passare dalla produzione di utensili per l’agricoltura al materiale destinato al nascente mercato dell’alpinismo. Dallo stabilimento valdostano continuano a uscire – tra i numerosi prodotti – anche ramponi e piccozze, ma si tratta di strumenti sempre più sofisticati e tecnologicamente avanzati, solo lontani parenti di quelli realizzati con le antiche forge ad acqua.

Grivel ha archiviato il suo anno migliore della storia bicentenaria, come sottolinea l’amministratore delegato Oliviero Gobbi (subentrato sei anni fa al padre Gioacchino), «con un fatturato di 8,5 milioni di euro e una quota di export nell’ordine del 90% e una presenza in oltre 50 Paesi». Il legame con il territorio è rimasto saldissimo e l’attenzione per l’ambiente è elevata. Non potrebbe essere diversamente per un’azienda che si rivolge a un pubblico di appassionati e di professionisti della montagna.

Nel 2009 Grivel ha inaugurato il nuovo stabilimento e un anno più tardi è entrato in funzione l’impianto fotovoltaico da oltre 500 Kw, che permette all’azienda di essere praticamente autosufficiente o comunque di limitare l’acquisto di energia solo in determinati periodi e scegliendo di approvvigionarsi esclusivamente da fonti rinnovabili, come l’idroelettrico certificato. L’energia elettrica autoprodotta, mette in evidenza l’azienda, ha portato a un risparmio di 86 tonnellate di petrolio all’anno ed evita l’emissione di 806 kg di di CO2 al giorno. Una mano importante all’ambiente la stanno dando, però, anche la decisione di introdurre un moderno impianto di riscaldamento, un impianto per la depurazione delle acque, l’impiego di vernici ad acqua e di oli vegetali nel ciclo di produzione, così come gli imballaggi in carta prodotta al 50% dall’erba che cresce intorno allo stabilimento dell’azienda tedesca Storopack, il nastro adesivo in carta riciclata, il recupero degli scarti di plastica per avviarli al riciclo e alla reimmissione in commercio.

C’è un altro legame indissolubile per Grivel, quello con chi fa dell’arrampicata e dell’alpinismo d’alta quota una professione. Già nel secolo scorso la realizzazione di un nuovo tipo di ramponi superleggeri (in collaborazione con Cogne Acciai Speciali) aveva contribuito alla conquista di alcuni tra i principali 8mila: Everest, K2 e Kangchenjunga. Ora l’azienda di Courmayeur ha siglato un rapporto di partnership con il nepalese Nimsdai “Nims” Purja, forse l’alpinista più famoso al mondo, dopo l’impresa che lo ha portato a salire tutte le 14 vette sopra gli 8mila metri di altezza in poco più di sei mesi.

Nei mesi scorsi, poi, sulla scia di un’attenzione al marketing crescente e di una posizione di primo piano tra i produttori di materiale di alto livello per la montagna, Grivel ha avviato una collaborazione con Moncler, marchio dell’abbigliamento made in Italy per il quale ha creato una linea di prodotti cobrandizzati: moschettone, rinvio, ramponcino e bastoncino.

Il moschettone a doppia chiusura figlio di due secoli di innovazione

Correva l’anno 1818, mentre l’Europa delle monarchie è impegnata nella restaurazione dopo lo tsunami di Napoleone Bonaparte, si sta diffondendo una nuova forma di turismo d’alto bordo, riservato ai ricchi: l’ascesa delle montagne. A conferma che spesso le storie di successo nascono da un’intuizione, i Grivel, una famiglia di fabbri, decide di cambiare produzione, passando dagli attrezzi agricoli a quelli destinati, appunto, all’alpinismo e alle camminate in montagna.

Poco meno di un secolo dopo, nel 1909, Henry Grivel che allora guida l’azienda, realizza su commissione il primo paio di ramponi moderni. Passano altri 20 anni e Laurent Grivel introduce un’altra innovazione: i due punti di attacco dei ramponi agli scarponi. Un’invenzione che renderà possibili nuove sfide alpinistiche. Così, come, del resto, le innovazioni successive, tra le quali la piccozza denominata “The machine”, uno strumento che ha dettato la linea nel settore non solo per il design ma soprattutto per le funzionalità tecniche. L’ultimo, per ora, frutto della ricerca interna all’azienda è il moschettone con doppia chiusura, che oltre ad aggiudicarsi il premio Compasso d’oro dell’Adi (Associazione design italiana) offre anche una sicurezza ulteriore durante le escursioni e le scalate con l’impiego di corde.